Dall’Europa brutte notizie per il settore culturale

Nonostante l’allarme dei ministeri, degli artisti e delle organizzazioni di settore la Commissione europea non coglie la gravità della crisi per gli operatori culturali e taglia i fondi di 6 miliardi

Stati generali cultura

Si è dovuto attendere l’ultima plenaria prima della pausa estiva per avere un segnale dell’Unione Europea rispetto alla grave crisi che ha colpito il settore culturale. Di certo si sperava in un esito migliore ma, si sa, di fronte a un’emergenza pandemica di tali proporzioni la ripartenza del settore culturale non è mai una priorità. A fare la conta dei danni e delle azioni messe in campo per affrontare questa crisi senza precedenti, ora è arrivato “The impact of the COVID-19 pandemic on the Cultural and Creative Sector”: lo studio redatto da KEA European Affairs per il Consiglio d’Europa, che fornisce una prima valutazione dell’impatto economico che la pandemia ha avuto sul settore culturale europeo.

A quanto ammontano le perdite?
Secondo le stime fornite dallo studio dell’agenzia belga alcuni ambiti di questo settore avrebbero perso nel secondo trimestre del 2020 fino all’80% del loro fatturato. Tra le pochissime nazioni ad aver compilato una valutazione interna sullo stato attuale delle industrie culturali e creative c’è la Germania, che in uno scenario prudenziale stima una perdita di circa 21,7 miliardi di euro, pari al 12,7% del suo fatturato annuo. Nonostante l’alta partecipazione digitale, infatti, il report sottolinea che ad essere diminuita in modo significativo è la spesa diretta per attività ricreative e prodotti culturali: -10% nel Regno Unito, -7% in Germania, -6% in Francia e -5% in Italia; consumi che si ipotizza continueranno a scendere nei prossimi mesi viste le restrizione e la mancanza di politiche culturali mirate per la ripartenza. Basti pensare quanto le limitazioni imposte dal distanziamento sociale peseranno sui bilanci delle imprese del settore: il Rijksmuseum , che normalmente accoglie 12.000 visitatori al giorno, dall’8 giugno potrà staccare solamente 2.000 biglietti, mentre il Teatro alla Scala dovrà limitare il proprio pubblico a 200 persone con una perdita fino a 50.000 euro al giorno. Anche la chiusura prolungata delle sale cinematografiche sta creando danni preoccupanti a tutta la filiera: secondo un’analisi Unesco , l’industria del cinema starebbe perdendo a livello globale circa 7 miliardi di euro.

Gli scambi
Andando oltre le conseguenze dirette del contingentamento dei visitatori nei luoghi della cultura, è importate ricordare che una fetta rilevante del fatturato del settore deriva dalla compravendita dei prodotti artistici resa pressoché impossibile dall’annullamento di tutte le aste e fiere d’arte, che nella versione digitale non hanno reso tanto quanto quelle in presenza. Come riportato dallo studio, nel secondo trimestre del 2020, per la casa d’asta Christie’s le vendite sono diminuite del 97%, Sotheby’s e Phillips da quasi 2,9 miliardi di dollari di fatturato nel maggio del 2019 sono crollati a 93 milioni nello stesso mese del 2020.

Chi che la fa
Eppure non tutte le attività afferenti all’ambito delle industrie culturali e creative hanno subito perdite a causa del Covid-19. Chiaramente, gli unici ad averne beneficiato sono i distributori di servizi e contenuti online: aziende di gaming, di telecomunicazione o di video on demand come Netflix o Amazon Prime Video hanno registrato una sostanziale crescita del proprio business. Ad esempio, il gigante dello streaming Netflix ha annunciato che, nell’aprile 2020, ha guadagnato 15,77 milioni di nuovi abbonati paganti a livello globale, ben al di sopra dei 7 milioni previsti.

Pubblico e privati in aiuto del settore
Per far fronte alle numerose perdite e garantire la tenuta del settore, sono stati i governi nazionali ad essere intervenuti per primi e in maniera sostanziale, spesso con il supporto degli uffici regionali e delle città metropolitane: Barcellona, ad esempio, è stata una delle prime città ad aver adottato misure per mantenere vivo il suo tessuto culturale con un mix di sovvenzioni, sgravi fiscali, esenzioni di affitto, nonché iniziative per promuovere eventi virtuali sul web. Tra le principali capitali europee impegnate a sostegno del comparto cultuale c’è Parigi, che ha annunciato lo stanziamento di 15 milioni di euro così come la città di Amsterdam, che ha costituito un fondo d’emergenza di 17 milioni di euro e Berlino con un pacchetto di sostegno da 100 milioni di euro destinato alle Pmi del settore in emergenza.

In campo i privati
Parallelamente alle misure pubbliche, è risultata fondamentale l’azione dei privati, che hanno eroga-to contributi sui territori regionali sopperendo alla scarsa liquidità di cassa per mancati introiti. A questo proposito, proprio pochi giorni fa, Intesa Sanpaolo ha siglato un accordo con Federculture, Agis, Forum del Terzo Settore e Alleanza delle Cooperative per la costituzione di un Fondo di Solidarietà e Sviluppo da 5 milioni di euro, che consentirà di concedere finanziamenti fino a 25 milioni di euro alle realtà culturali più piccole e con particolari difficoltà di accesso al credito. Attraverso una mappa interattiva , lo studio redatto da KEA European Affairs ci consegna una prospettiva delle circa 500 azioni messe in campo a livello europeo sia dagli attori pubblici che privati, raggruppandole in otto categorie tematiche:

● Sovvenzioni strutturali a progetti
● Estensione di misure di sostegno già esistenti
● Regimi di disoccupazione
● Prestiti o garanzie di prestito
● Esenzione o rinvio degli obblighi di legge (tasse, affitto etc)
● Anticipo di pagamenti
● Risorse di informazione
● Indennità per i liberi professionisti

Dov’è l’Europa?
In questo scenario, però, manca un grande protagonista dello sviluppo della filiera culturale e creativa: l’Unione Europea, che non sembra aver colto a pieno la gravità della crisi che ha colpito il settore e che se non mobilita risorse mirate rischia di lasciarlo fermo ai blocchi di partenza. Nell’ultima plenaria parlamentare, infatti, oltre all’aumento dei fondi sul nuovo bilancio europeo (2021-2027) che arriva a 1.100 miliardi di euro, si sono resi noti i tagli ai programmi quadri per la cultura e per i giovani. Malgrado lo strumento di bilancio integrativo da 750 miliardi di euro, NextGenerationEu , sia stato pensato proprio per sostenere la nuova generazione europea, la Commissione ha deciso di diminuire i finanziamenti previsti per i programmi Erasmus +, Europa Creativa e il Corpo Europeo di Solidarietà nel prossimo bilancio Un passo indietro rispetto alla prima bozza del 2018 che prevedeva, invece, di aumentarne i fondi: il programma Erasmus+ verrà tagliato di 5,4 miliardi passando dai 30 annunciati a 24,6 miliardi; Europa Creativa subirà una perdita di 330 milioni passando dai 1,85 miliardi a 1,52 miliardi e il Corpo Europeo di Solidarietà di 365 milioni con un budget di 895 milioni rispetto a 1,26 miliardi promessi.

L’appello
Sebbene l’urgenza ora sia mettere d’accordo in tempi rapidi i 27 paesi dell’Unione sul prossimo bilancio settennale e sui fondi d’emergenza, di certo questo non è il messaggio che ci si aspettava dall’Europa. Così, in vista dell’ultima seduta del Consiglio europeo (17 e 18 luglio), 45 personalità di spicco della cultura, tra cui Björk, Daniel Buren e Marina Abramovich, si sono rivolte ai leader dell’Unione per chiedere maggiore audacia nella definizione delle voci di bilancio. L’appello recita: «la cultura europea si trova nel mezzo di una crisi e il modo in cui i politici ora decideranno di rispondere definirà la scena culturale e creativa della nostra Unione per il prossimo decennio. È giunto il momento per l’Europa di essere ambiziosa e investire nel suo futuro creativo perché la cultura è il terreno fertile dal quale la prossima generazione europea si unirà e fiorirà. Mostriamo alle prossime generazioni europee che tipo di futuro vogliamo offrire loro».

Roberta Capozucca | ilsole24ore | 17.07.2020

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