Per Giorgio Pagano la complessità dei vincoli tra presentazione e rappresentazione ha sempre assunto la conformazione di un impegno e di un “duello” infinito con il mondo. Accanto alle soluzioni più elegantemente pittoriche e destinate a movimentare il senso di un apporto di sapore decorativo, prende spazio l’ambiguità di un contrasto linguistico alimentato dalla non assuefazione agli schemi. L’impegno politico e sociale di cui si è fatto carico risponde all’esigenza di una motivazione dialettica tra privato e pubblico. Da un certo punto di vista i suoi lavori e le sue installazioni sembrano più macchine per pensare di nuovo il mondo e i suoi rapporti con la scienza e con la cultura, che frammenti combinati per ridisegnare l’idea “europea” di unità e sentire condiviso. La progettazione di utopie e di “fantasmi” sotto sembianza di architetture dell’impossibile (reale e virtuale) visualizzano il concetto del multiculturalismo. Così come la costanza di una progettazione non finalizzata ad un mero intento mentale di coesistenze e di identità sovraindividuali, galvanizza, già in tempi non sospetti, una differente contaminazione tra teoria e prassi.
In Differenze e continuità di Roberto Daolio
Siamo sempre nuovi nuovi, 2009