Il poeta: «Ci si deve aprire al mondo, non chiudersi in se stessi». Ha festeggiato gli 88 anni. «Il dialetto veneto è spontaneità»
Andrea Zanzotto, considerato il massimo poeta italiano vivente (archivio)
Andrea Zanzotto, considerato il massimo poeta italiano vivente (archivio)
PIEVE DI SOLIGO (Treviso) – Ottantotto anni di poesia. Ma con uno sguardo sempre pungente verso l’attualità. Nel giorno del suo compleanno, al risveglio dal riposino pomeridiano le prime parole di Andrea Zanzotto sono state per il fatto di giornata, la scuola di Conegliano inaugurata in dialetto dal presidente della Provincia di Treviso Leonardo Muraro. E il commento del poeta di Pieve di Soligo grondava sconcerto, ma anche slancio. «Cosa si sono sognati di inaugurare una scuola in dialetto? In inglese si doveva inaugurarla, aprirsi verso il mondo non chiudersi in se stessi».
Perché?
«Perché il dialetto servirà molto, sì, quando ci saranno gli ultimi a non parlare in inglese».
Crede che i leghisti coglieranno la sua ironia?
«No».
Ma proprio lei parla così, con tutta la sua produzione lirica in vernacolo?
«Già, un quarto della mia opera è in dialetto. El bel le che mi normalmente parle sol che dialetto… Ma non capisco perché alcuni politici devono uscirsene con certe fantasie bislacche sul dialetto. Quello di ritirarsi nella propria identità, che può essere anche dialettale, è una cosa che è sempre avvenuta. Il problema sono le esagerazioni prive di fondamento storico. Quando scrivo in dialetto, non ci faccio caso, è come se scrivessi in italiano perché ho un bilinguismo perfetto. Invece quando ho sentito parlare del ‘tanko’ dei Serenissimi, mi sono venuti i brividi. Altro che carcere: andavano puniti mettendoli obbligatoriamente a studiare la filologia neolatina. Quanto poi alla ricorrente proposta di inserire il veneto fra le materie scolastiche, mi limito a far notare che i dialetti non si insegnano, ma si imparano».
Non crede così di attirarsi nuove ire dal Carroccio, dopo quelle per averlo definito «peste» al programma «L’infedele»?
«Tremo (mima un tremolio e sorride, ndr). Guardi, io non ho neanche sentito quella mia intervista. Mi ero messo a guardare la trasmissione, ma a un certo momento è prevalsa la legge della badante… per cui sono andato a dormire. In ogni caso credo abbiano preso dei singoli pezzettini e che per questo il mio pensiero sia uscito troppo sintetizzato. Forse avrei potuto usare un’altra espressione, forse ho esagerato e avevano ragione certi che mi hanno criticato. Ma sicuramente nella versione originale ho detto ‘peste se supera un certo livello’, non ‘peste’ e basta».
E allora, se dovesse dire adesso cosa pensa della Lega?
«Non ne parlerei comunque bene, perché quel partito manca di fondamenti teoretici. I leghisti non sanno nemmeno che cosa sia il dialetto. Io sono offeso veramente da quello che ha fatto la Lega in questo settore. La sua pretesa di dire il dialetto è questo, o il dialetto è quest’altro, è senza base».
Martedì prossimo uscirà per Mondadori la sua nuova raccolta di poesie: cosa sono quei «Conglomerati»?
«Delle stratificazioni non solo in senso paesaggistico, ma anche a livello mentale. Qualche cosa di fragile che è diventato duro. In questo libro il dialetto salta fuori quando vuole, come nella quarta di copertina (dov’è riprodotto un suo originale in corsivo, ndr). Ed è così che dev’essere, perché il dialetto non è imposizione, ma spontaneità».
Angela Pederiva
12 ottobre 2009
http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/politica/2009/12-ottobre-2009/zanzotto-critica-lega-le-scuole-bisogna-inaugurarle-inglese-1601867602675.shtml[addsig]