Viva la Brexit E auguri alla Singapore di BoJo

Viva la Brexit  E auguri alla Singapore di BoJo

E` una scemenza, un errore atroce frutto di vanità e sfiducia. Ma di contrappunto avremo una spinta a un’Unione più seria e coesa e il rinnovarsi dell’eterno esperimento conservatore e liberale di là della Manica

E’ una scemenza, un atroce errore frutto di mistificazione, caparbietà, vanità, passatismo, sfiducia, rassegnazione, orgoglio malriposto ma è ora di dire viva la Brexit. Metteva ansia, ora mette allegria, ora ch`è fatta, la decisione britannica di rovesciare mezzo secolo di onorata storia europea per, udite udite, riprendere il controllo. Di che cosa? Del destino nazionale, imperiale, delle regole della monarchia costituzionale, dei diritti di pesca e caccia alla volpe? Riprendere il controllo di cose che più o meno non esistono più, in omaggio a un voto popolare un po’ truccato, e va bene, ma di contrappunto avremo una spinta a un’Unione più seria e coesa, più programmatrice e socialdemocratica, riformista, e il rinnovarsi dell’eterno esperimento conservatore e liberale di là della Manica. Forse due valgono più di una, come diceva Brantóme delle signore nelle Dame galanti.

Ma non vi piacciono i cani? Perché mettete e mantenete queste regole assurde di quarantena ora che la rabbia è scomparsa e i vaccini canini funzionano a meraviglia? Alla mia domanda risposero. Certo che ci piacciono i cani, i nostri cani. Gli inglesi sono fatti così e gli si vuole bene per questo. Senza questo spirito, niente Dunkirk o Dunkerque, niente navigatori solitari alla Francis Chichester, niente Crown, niente invenzione dell’uomo scespiriano, no paradisi perduti e ritrovati, niente carne morte e diavolo e letteratura romantica.

Sono banalità, ma in certi casi niente è più soavemente vero del banale e più banale del vero. Dobbiamo felicemente restituire ai meravigliosi inglesi il controllo che non volevano perdere, e prenderci il controllo del più fantastico esperimento della storia umana, un impero sovranazionale plurilingue costruito in difesa della pace e del commercio. E alla fine sarà il programma Alan Turing piuttosto che `Erasmus o Orgasmus, ma fa lo stesso, si paga di più, ci si attrezza meglio per le domandine, e il risultato negli studi e negli svaghi non mancherà. Né penso che si verificherà la famosa penuria di camerieri e cameriere e commessi e commesse nella Great London. Come lo scambio di cervelli, ci sono più cose tra cielo e terra di quante si possano immaginare. Basta con la lagna, la lacrimuccia, quello che è fatto è fatto.

Dubitare che Londra diventi la Singapore nuova d’Europa è indice di saggezza, se invece fosse proprio così, sarebbe magnifico. Un caso di asiatismo moderno nel cuore dell’occidente finanziario: perché no? D’altra parte la tomba di Marx è restaurata a Hampstead, e ben custodita, e sì che tanti anni fa la visitai in rovina, in piena decadenza vicino alla casa del grande Yehudi Menuhin. Si riprenderanno il controllo di Britten, ma ai Proms il Ring wagneriano non ha alternative, e ho visto con piacere che almeno per il turista musicale il visto non è richiesto, basta un passaporto. A noi ora tocca la parte più difficile. Che non è farci invidiare il quattrino condiviso, la convergenza effettiva tra economie, la mutua assistenza, che il trattato di duemila pagine per il distacco morbido estende alla fine anche a quei poveri camionisti inchiodati nel famoso Natale di Dover. Dobbiamo imparare a trainare, cosa ormai possibile visto che il mito di Putin ha preso una bella botta con quella telefonata assassina di Navalny e Trump sta per diventare un ricordo, e insomma tra Nato e Unione europea si ristabilirà una antica e gentile consuetudine di pace e guerra, così utile e così insostituibile. In fondo la cosa, la chose, das Ding, è sempre stata un affare prima di tutto tra Parigi e Berlino, con l’Italia luminoso fanalino di coda, e tutto sommato è bene che sia così. Si va per anzianità di servizio statale, reale, imperiale. Auguri e amore alla Singapore di BoJo, noi ci atterremo a quel che non siamo, a quel che non vogliamo, e a un minimo comune denominatore di politica comune. Rilasciamo ogni controllo, ché ci troveremo assai bene.

Giuliano Ferrara | Il Foglio | 27.12.2020

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