Ue, 25 firme per 1a carta costituzionale

Ue, 25 firme per 1a carta costituzionale



Necessario un dibattito per spiegare all'opinione pubblica europea.
l'importanza di ratificare il Trattato costituzionale dell'Unione


Europa, un nuovo continente”. Così ha titolato in prima pagina a tutto tondo il maggior quotidiano francese, “Le Monde”, nel suo numero speciale del 29 aprile. Sì, proprio così, è nato un nuovo continente al posto del “vecchio continente”, che la seconda guerra mondiale ha lacerato e diviso in due parti; l'Europa occidentale e quella orientale, la prima libera e democratica, e l'altra ridotta al silenzio ed asservita alla dittatura sovietica. Alla fine dell'ultima grande guerra è stata calata “la cortina di ferro” che, per decenni tristi e bui, ha fatto precipitare in un baratro democratico, culturale e religioso popoli di antica civiltà. Una grande tragedia si è consumata, milioni e milioni di persone dalla sera al mattino hanno visto cambiare la loro condizione, hanno dovuto subire un totale sovvertimento politico, culturale e religioso. Questa “parte d'occidente rapita”, per dirla con lo scrittore Milan Kundera, è essa stessa una parte dell'Europa, a cui è rimasta idealmente legata.Per questo usare il termine allargamento è improprio e molto riduttivo, perché si è trattato di “riunire”, riunificando popoli e Paesi, che prima erano “uniti”, per cui il termine più appropriato è sicuramente quello di “riunificazione”.Questi paesi hanno anche subito un profondo degrado economico, sono stati ridotti in una condizione di spaventoso sottosviluppo socio-economico con infrastrutture e servizi inesistenti, a cui l'Unione Europea ha dato sostegno, Russia compresa, nell'ultimo periodo dell'imperialismo sovietico, quando cominciò ad allentarsi la sua morsa, attraverso programmi come “Phare”, “Tacis”, e lo stesso “Jopp”.Sul piano politico, la migliore interpretazione di questo grande evento, dopo la caduta del muro di Berlino, riferendosi alla riunificazione delle due Europe, l'ha data un grande europeista francese, Francois Mitterrand, il quale dichiarò: “la Francia è la nostra patria, l'Europa il nostro avvenire”.E' così che oggi il sogno mitterandiano diventa realtà, anche se l'ambizione della costruzione dell'identità europea dotata di uno spazio politico integrato deve cedere il posto all'Europa del possibile, più larga, meno esigente ed ambiziosa, che punta “tout court” alla prosperità ed al benessere, ridimensionando le finalità dei suoi fondatori: De Gasperi, Schuman, Monnet, Adenauer.Questo obiettivo è condiviso dallo stesso Commissario all'allargamento, Gunter Verheugen, il quale ha dichiarato che “l'Unione europea entra in una nuova era. Dieci Stati membri si ricongiungeranno all'Unione, mettendo fine pacificamente alla loro separazione dall'Europa dal dopo guerra. L'allargamento pone le basi di una pace, stabilità e prosperità durevoli per le future generazioni”.È evidente che l'obiettivo politico di quell'Unione politica”, che avrebbe dovuto marciare di pari passo con “l'Unione economica e monetaria”, si allontana, anziché avvicinarsi.Una spiegazione c'è e riguarda l'originario metodo di approccio al problema della riunificazione rispetto ai paesi dell'Europa centro-orientale. Il metodo è stato economico, anziché politico. Questo errore è stato riconosciuto da uno dei massimi protagonisti della costruzione europea, Jacques Delors, che per dieci anni è stato alla guida dell'Esecutivo europeo. L'ex presidente della Commissione europea, nell'intervista a “La Repubblica” del 30 aprile, riconosce che “il rammarico principale è che avremmo dovuto fare prima un'offerta politica e poi quella economica. L'idea di confederazione proposta da Francois Mitterrand alla fine del 1989 avrebbe permesso a questi paesi di sentirsi membri dell'Europa prima ancora di aver soddisfatto le condizioni per aderire al mercato comune, cioè ad una economia di mercato aperta nel rispetto delle regole comunitarie. Credo che avremmo potuto dire a questi paesi: vi apriamo le porte dell'Unione, siete nell'Unione, vi consultiamo come membri potenziali dell'Unione. Abbiamo fatto il contrario di quello che avremmo dovuto fare: occorreva partire dalla politica per arrivare all'economia. E invece abbiamo cominciato dall'economia e la politica un giorno verrà… forse”.Dal 1° maggio questa Unione europea,il cui embrione è quello della “Comunità del carbone e dell'acciaio», nata dalle rovine della guerra, con la messa in comune di due prodotti: il carbone e l'acciaio, allora essenziali, è diventata una grande famiglia che si compone di 25 Stati membri, di 188 regioni con 450 milioni di abitanti e 20 lingue ufficiali.Una grande entità economica, con la speranza che diventi una entità politica, così come l'aveva concepita Altiero Spinelli nel suo progetto di Europa politica.All'indomani di questo storico evento ho incontrato l'ambasciatore Rocco Cangelosi, il Rappresentante Permanente dell'Italia presso l'Unione europea, il quale esprime la propria soddisfazione per questa riunificazione, che definisce “una ferita rimarginata, un ritorno alla vita di paesi e città, che non hanno mai cessato di sentirsi europei».Nella nostra conversazione sottolinea la necessità dell'approvazione della Carta Costituzionale europea per poter governare un'Unione allargata a 25 paesi. Egli spera, da convinto europeista, che il Consiglio europeo di giugno porterà a questo risultato, perché i tempi sono maturi, ed alcune posizioni sono cambiate rispetto al vertice del dicembre 2003. Piuttosto, secondo Rocco Cangelosi, “i problemi potrebbero nascere dopo, in sede di referendum nazionali per la ratifica della Carta Costituzionale, se qualcuno dei 25 paesi non ratificasse la Carta, perché la bocciatura da parte di un paese avrebbe effetti politici sugli altri Stati”. Perché ciò non accada, l'ambasciatore Cangelosi ha una proposta per dopo l'approvazione del Trattato costituzionale: “aprire in Europa un grande dibattito per spiegare all'opinione pubblica europea l'importanza di ratificare il Trattato, e le gravi conseguenze a cui l'Unione Europea sarebbe esposta se ciò non avvenisse».Sarebbe, infatti, un gravissimo errore tagliare fuori da questo dibattito le opinioni pubbliche di 25 paesi, che sono chiamate a decidere con il voto il loro destino e quello delle future generazioni, per le quali l'Europa è il loro avvenire

L'OPINIONE p, 3
11.05.2004
di Fiorenzo Grollino
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