«Torniamo ad insegnare l’italiano»

(a.c.)

Clamer: l’ansia del tedesco non deve danneggiare le basi dell’educazione. La centralità della seconda lingua non deve gettare un’ombra sulle capacità espressive dell’italiano

I genitori: attività collaterali come il teatro vanno bene ma è giusto concentrare l’attenzione sulle materie fondamentali

BOLZANO. Ok all’apprendimento del tedesco, ma non dimentichiamo l’italiano. La provocazione, di più: il richiamo all’insegnamento serio della lingua di Dante arriva da Giulio Clamer, dirigente dell’Istituto Comprensivo Bolzano. Ed arriva a conclusione del nostro ideale tour tra le realtà scolastiche della città. Delle molte facce dell’educazione scoperte fin qui, quella che incontriamo alla scuola primaria Dante, che assieme alla relativa media e le primarie Chini e Rosmini rappresenta l’ossatura dell’Istituto, si richiama ad alcune nozioni basilari della scuola: valori, materie fondamentali e concretezza. Clamer richiama l’attenzione sulle basi della struttura, senza tuttavia tralasciare gli aspetti più moderni della scuola come l’integrazione degli stranieri. «Si può parlare di migliaia di progetti e iniziative – spiega il dirigente -, ma il sostrato di tutto deve essere la possibilità di veicolare valori importanti nella testa dei nostri alunni. Sembra una banalità, ma non lo è». Logico, quindi, che quando la discussione tocca il tasto dell’apprendimento linguistico si faccia una virata significativa. «Io sono anche presidente della sezione bolzanina della Società Dante Alighieri (che da poco ha svolto il congresso nazionale in città con grande successo) e mi preme considerare in prima battuta la lingua italiana. La centralità della seconda lingua non può gettare un’ombra sulle capacità espressive e lessicali dell’italiano. E’ certamente vero che imparare una lingua aiuta pure l’apprendimento delle altre, ma è altrettanto vero che viviamo in una società in cui la comunicazione è immediata e sintetica, si legge poco e la scuola rimane quasi un ultimo baluardo di un certo modo di intendere la lingua madre. Detto questo, siamo aperti a molti tipi di sperimentazione e applichiamo tutti i metodi possibili per cercare di vincere la sfida del bilinguismo».

Insomma, tedesco sì ma non a danno dell’apprendimento dell’italiano. «Si tratta anche del primo passo per aiutare la comprensione e la passione per quelle materie “classiche” come la matematica, la geografia o le scienze». Un’impostazione condivisa dai genitori come rivela Roland Döcker, presidente del Consiglio d’Istituto. «Mio figlio frequenta la Dante e mi piace quando si presta attenzione alla preparazione basilare. Vanno benissimo il teatro, la musica e le varie attività collaterali, a patto che tutto questo non diventi uno spreco di tempo necessario ad approfondire le materie fondamentali». Di lingue, però, alle Dante se ne sentono parecchie, frutto dell’alto numero di stranieri. «E’ – riprende Clamer – l’effetto di un fenomeno sociale: sono tanti gli stranieri che trovano in centro degli alloggi che pagano bene, ma dividono in tanti. Logico, dunque, che la questione insista particolarmente sulla scuola del quartiere, con punte anche del 50% in alcune classi. Alle Rosmini di via Fago, per esempio, la presenza è pressoché ininfluente». Come fare, dunque, a non vivere questa situazione come un freno? «I metodi sono quelli del potenziamento dell’intercultura e della reciproca conoscenza. L’obiettivo deve essere trasformare questa situazione in una ricchezza e ricordo quando una nostra classe della primaria andò a tenere una lezione alla facoltà di Scienze: furono i bambini a spiegare i vantaggi di un gruppo multiculturale».

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