Torniamo a parlare dell’Europa che ci serve

Il Sole 24 Ore, pag.12

QUALE INTEGRAZIONE

Torniamo a parlare dell`Europa che ci serve

di Giacomo Vaciago

Il 14 ottobre 2009 si vota in Grecia.

Pochi giorni dopo il nuovo governo greco annuncia che il prevedibile deficit pubblico non sarà il 3,7% del Pil – come dichiarato dal precedente governo – ma il 13,7 per cento.
Da allora, si è rotto lo "specchio" che nei primi dieci anni di vita dell`euro aveva praticamente garantito tassi tedeschi a tutti, per quanto diversi fossero i loro tassi di crescita e i loro debiti, privati e pubblici. Chiunque si specchiasse nell`euro si vedeva "tedesco", che ciò
fosse vero oppure no. Ma quel miracolo è oramai finito, e in questo difficile 2010 i mercati finanziari hanno dovuto imparare a valutare ogni paese membro dell`euro per il suo rischio di credito, includendovi anche il rischio di una uscita dall`euro stesso e quindi la probabilità di una forte svalutazione.

Come sempre, i mercati finanziari sbandano e reagiscono anche ai propri precedenti errori? È probabile. Come è vero che una volta rotto lo specchio dell`euro nel quale tutti ci vedevamo tedeschi, dovremo sostituirvi qualcosa di più utile.

A tal fine nei prossimi tempi servirà tornare a riflettere in modo pacato sui costi e sui benefici dell`integrazione europea. E quanto vuol fare un ciclo di "Lezioni
sull`Europa" organizzato dall`Istituto di economia e finanza dell`Università Cattolica di Milano.

Inizia Romano Prodi, oggi, e parlerà di "Europa nella competizione mondiale".
Ancora trent`anni fa, potevamo pensare che l`Europa fosse soprattutto il rifiuto di quelle guerre fratricide che ci avevano dissanguato nel secolo scorso.

E vent`anni fa potevamo ancora pensare che l`euro servisse solo a "migliorare" quell`Europa. Ma è ormai chiaro almeno da dieci anni che nell`odierna economia globale l`Europa e l`euro sono la nostra sola speranza di essere ancora in grado di competere.

Se ci presentiamo divisi – o peggio ancora, ci presentiamo tra noi in competizione in Asia – è chiaro chi sarà il vincitore. Neppure l`odierna grande Germania, ricostruita e rinnovata nelle sue virtù manifatturiere, può illudersi di vincere da sola la competizione che nei prossimi anni si farà sempre più forte sui mercati del mondo.

Riuscire a superare gli errori del recente passato, sempre avendo ben
chiaro qual è oggi l`obiettivo strategico di un rinnovato impegno europeo: non sarà facile, ma è solo questo che dobbiamo chiedere ai politici europei. Come è la loro capacità di saper gestire "giochi cooperativi" (gli unici in cui due più due fa sei!) la cosa che conta, è che dovrebbe aiutarci a scegliere da chi vogliamo essere governati.

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