Il retroscena.
E sull’inglese dei politici la giunta s’infiamma Sala: devono conoscerlo.
Si apre il dibattito, botta e risposta con Rozza.
Quell’inglese negato dai giudici proprio non va giù al sindaco Beppe Sala. Lo ha detto giovedì: scelta folle. Lo ha ripetuto ieri su Facebook e in tv accomunando alla «follia» dei giudici amministrativi anche le parole del ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli che ha difeso la sentenza del Consiglio di stato: «Sentire il ministro Fedeli difendere la decisione del Consiglio di Stato che ha bocciato i corsi di laurea solo in inglese al Politecnico è una follia».
Ma all’argomento, il sindaco, ha dedicato anche una lunga dissertazione all’interno della giunta creando una serrata discussione tra gli assessori. Sala ha allargato il discorso della conoscenza dell’inglese ai politici. Rammentando una visita alla Ue dove ogni parlamentare si esprime con il proprio idioma demandando a uno stuolo di interpreti la traduzione. Ridicolo per il sindaco. Che però avrebbe aggiunto una tesi forte: per fare il politico (europeo o meno) bisognerebbe saper parlare l’inglese. La postilla è ancora più radicale: oltre all’inglese per fare il politico sarebbe meglio anche essere laureati. Così come accade per le persone comuni chiamate a svolgere un determinato compito dirigenziale. L’antitesi è arrivata dall’assessore alla Sicurezza Carmela Rozza (e prima da Lipparini sul caso Politecnico). In pieno tourbillon dialettico e non senza ironia socratica ha suggerito che al posto delle elezioni allora sarebbe meglio fare un concorso pubblico per titoli e pubblicazioni al fine di individuare il politico perfetto: Ricordando che i padri fondatori della nostra carta hanno garantito la possibilità di essere eletto anche al più umile dei concittadini.
Al grido di «ognuno può diventare premier», gli interventi si sono moltiplicati. L’assessore Maran ha appoggiato l’equazione laurea-inglese-politico. A sorpresa l’assessore Tasca, il più tecnico tra gli assessori, ha tentato di mediare.
Ma la Rozza è stata irremovibile: «In politica, di pirla con la laurea ne conosco tantissimi». La discussione poi si è persa in mille rivoli come nella più classica discussione della scolastica. Citazioni, excursus storici, l’anarchismo da Errico Malatesta a Bakunin. Non senza frecciate velenose tra gli assessori. «Ma come? – ha detto l’assessore Cristina Tajani a Rozza – tu parli delle tue ascendenze anarchiche e poi sgomberi gli anarchici?». «Non ho tempo di spiegarti la differenza tra Bakunin e gli anarchici d’oggi» ha tagliato corto Rozza. Alla fine, fuori dal tono scherzoso, ieri sono andate in scena due concezioni contrapposte dell’essenza del politico.
Maurizio Giannattasio | Corriere della Sera – ed. Milano | 3.2.2018