Scommessa sull’Europa
Sergio Romano: prima di allargarsi l’Unione deve diventare un soggetto politico
Sergio Romano non ha mai preso incarichi di governo. Non l’ha fatto e probabilmente non lo farebbe. Forse in Francia? Se non come ministro degli Esteri, come consigliere per la sicurezza nazionale di Emmanuel Macron all’Eliseo? A dire il vero, l’ex diplomatico, storico e commentatore del «Corriere» non ha mai nemmeno mostrato una stima incrollabile in gran parte dei leader di governo, almeno i più recenti. Ma chissà. Nel libro in uscita oggi da Longanesi – La scommessa di Putin – Romano espone una serie di analisi, di convinzioni e di soluzioni che sono spesso le stesse esplicitate dal presidente francese. E anche parecchie che si può sospettare Macron condivida ma, causa il suo ruolo, deve trattenersi dal rendere pubbliche. Convincimenti radicati in anni di studio delle relazioni internazionali, formati ben prima che il giovane francese debuttasse sulla scena del mondo.
Quello che riguarda l’Europa è il più facile da intuire, ma nel libro è articolato con una nettezza cartesiana. Naturalmente, si parla dell’invasione russa dell’Ucraina e delle reazioni conseguenti. Da tempo, Romano ritiene che la fine della guerra fredda abbia «reso gli Stati Uniti meno necessari all’Europa e al suo futuro». L’epoca in cui l’America si riteneva investita di una missione mondiale «si è conclusa» e sarebbe compito degli europei colmare il vuoto che si è creato, nel Medio Oriente e, naturalmente, nell’Europa stessa. «Qualche voce promettente si è sentita», scrive Romano e si riferisce a quella di Macron quando disse (novembre 2019) che «stiamo vivendo la morte cerebrale della Nato». E un’affermazione forte, da molti ritenuta non sostenibile, sbagliata di fronte al ruolo che Putin ha fatto ritrovare alla Nato e all’allargamento in corso. Ma per lo storico italiano quello di queste settimane è probabilmente un passaggio relativamente significativo rispetto alla tendenza di lungo periodo dell’unità degli europei e alla loro emancipazione transatlantica.
Spesso accusato di eccessivo realismo, qui Romano propugna una visione anche ideale dell’Europa, non geopolitica; o meglio, geopolitica solo dopo che certe chiarezze sono state fatte e altri passi sono stati compiuti. «Alcuni membri della Ue – scrive sembrano disposti a prendere in considerazione l’ingresso dell`Ucraina nella loro organizzazione. Sembrano avere dimenticato l’esperienza fatta con altri Paesi e soprattutto con Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria». Paesi che a suo parere non comprendono che la sovranità, per loro molto importante quando erano sotto il dominio dell’Unione Sovietica, «non basta più per affrontare i problemi del Ventunesimo Secolo». Siamo nel pieno della discussione che impegnerà il continente nelle prossime settimane e mesi: se aprire a Kiev la strada che porta all’adesione alla Unione. Anche Macron non sembra favorevole a seguire la promessa fatta a Zelensky dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Tanto che ha prefigurato la creazione di una Comunità politica europea, in sostanza una corona attorno alla Ue nella quale fare entrare l’Ucraina e altri Paesi in attesa (lunga, secondo il presidente francese) che siano pronti ad accedere a Bruxelles. Come Macron, Romano è, in sostanza, dell’opinione che la Ue debba diventare un soggetto politico, oltre che economico, unito e forte al proprio interno prima di aprirsi a un’ulteriore espansione, se mai proprio fosse necessaria. Separata da Washington. La Russia e gli Stati Uniti sono orfani della guerra fredda – dice – l’Unione Europea «invece non ha alcun motivo» di rimpiangerla.
C’è molto di più, nel libro, naturalmente, anche una parte poco nota sulle ambizioni italiane in Unione Sovietica nella prima metà del Novecento. C’è la Chiesa ortodossa russa sempre schierata al fianco del Cremlino. E c’è Vladimir Putin, il patriota del Kgb che per Romano non è un pericolo per l’umanità ma «si è dimostrato spregiudicatamente bellicoso e continua a esercitare un’autorità che nuoce al suo Paese e all’Europa». Se l’uomo del Cremlino desiderava che l’Ucraina tornasse a essere una provincia russa, «sarà fortunatamente deluso». Finché, però, non chiude la questione. «Noi dobbiamo restituire alla Russia il suo ruolo internazionale; e questo sarà tanto più accettabile quanto più coinciderà con la neutralità dell’Ucraina».
I libri e gli scritti di Romano, così come le sue interviste, non scivolano mai sull’acqua, lasciano segni e provocano discussioni, molto spesso dissensi. Ma sono conversazioni ben diverse dalle convulsioni dei dibattiti recenti nelle televisioni italiane. Tra le molte ragioni c’è il fatto che non è vittima del pregiudizio, analizza con occhi asciutti. Per dire, è un instancabile sostenitore dell’unità della Ue e della sua autonomia da altre potenze, la vorrebbe come una grande Svizzera. «Ma la Svizzera ha un esercito e saprebbe, se necessario, come usarlo. L’Europa corre il rischio di essere una Svizzera disarmata e impotente», scrive. Chissà se anche Macron vede la Francia e l’Europa come una Svizzera.
Danilo Taino | Corriere della Sera | 26/05/2022