Importante intervento di Sergio Lombardo al Convegno “Internazionalizzazione della e nella lingua italiana”.
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Vorrei essere brevissimo e andare subito al centro del problema. Ho portato qui un mio libro, L’avanguardia difficile, pubblicato con l’Università di Roma La Sapienza nel 2004 e un catalogo di una mostra fatta negli Stati Uniti al Jewish Museum di New York e all’Institute of Contemporary Art di Boston nel 1968, Young Italians, “giovani italiani”, l’unica mostra di arte italiana fatta negli Stati Uniti dal, credo, dagli anni ‘30 del secolo scorso ad oggi.
Poi ho portato un mio manifesto per l’identità europea che ho scritto nel Duemila e qualcosa, 2006, 2005, in quell’epoca lì, e che poi ho pubblicato nel 2007. Non ve lo leggo il manifesto, solo qualche pezzettino tanto per dare un’idea. Allora:
I rapidi processi di globalizzazione politica, economica e culturale oggi in atto, pongono dei problemi di come costruire politicamente, come rappresentare democraticamente e difendere le identità culturali dei popoli. Perdere l’identità è accettare l’estinzione”. Proseguo: “l’identità europea si riconosce nel dialogo, nella scienza e soprattutto nell’arte. L’arte è intesa non solo come merce, ma anche come modello rappresentativo di valori culturali, sempre più evoluti e raffinati.
Qui ovviamente faccio riferimento alla ricerca artistica, cioè all’arte di ricerca, ovvero all’arte d’avanguardia fatta attraverso metodi dichiarati, dal punto di vista scientifico, e quindi avanzati.
Quindi riferisco dei fatti sugli Stati Uniti. Gli Stati Uniti, nella loro politica di egemonia globale, hanno consapevolmente usato l’arte come arma da guerra, sia nella guerra fredda, sia nei successivi processi economici e militari di globalizzazione.
In questi processi, sebbene fosse impegnata come potenza alleata, l’Europa non ha preteso finora di evidenziare una sua propria identità specifica, ma ha accettato un ruolo regionale, subalterno, e comunque non differenziato dagli Stati Uniti. Come se la vecchia Europa, ormai in punto di morte, lasciasse la propria eredità culturale millenaria agli USA.
Quindi c’è una rinuncia dell’Europa a rappresentarsi nel mondo come punta più avanzata e tecnologica della ricerca estetica e artistica. E anche scientifica, ovviamente. Ma l’Europa è un’entità politica più giovane degli USA, pur avendo una tradizione culturale più antica. Perciò deve rappresentare questa sua giovinezza attraverso un progetto culturale autonomo capace di proiettarsi nel futuro.
La Pop-art è stata divulgata in Europa dopo la Biennale di Venezia del ‘64, che assegnò un premio all’americano Rauschenberg.
Dopo il ‘64 in Europa i movimenti artistici sono stati divulgati come prodotti succedanei dell’arte americana. Così è, ad esempio, l’Arte Povera. Ma in Europa – quindi poi con la Transavanguardia e via dicendo – si è creato un mercato internazionale in cui l’Italia ha semplicemente aderito, ma non è mai stata protagonista, e vi spiego perché.
In Europa, prima del 1964, c’erano già diversi movimenti importantissimi, nati in parallelo all’arte americana, da una comune radice futurista. Per l’Italia, è doveroso citare la Scuola di Piazza del Popolo a Roma, che nasce negli anni ‘50 e intorno al ‘58 raggiunge la maturità con Rotella, Kounellis, Lo Savio, Schifano, Festa, Angeli, Fioroni, Bignardi, Mauri, Lombardo, Mambor, Tacchi, – Lombardo ovviamente è chi vi sta parlando – ai quali dopo il ‘64 si aggiungeranno Ceroli, Innocente e Pascali, e dopo il ‘68 Mochetti e De Dominicis.
Non vi sono musei che rappresentano la Scuola di piazza del Popolo; né a Roma; né in Italia; né in Europa; né in altra parte del mondo.
Non vi sono grandi mostre itineranti; non vi sono studi approfonditi; non vi sono progetti politici, né nazionali, né europei, né internazionali che si prefiggano lo scopo di rappresentare e divulgare nel mondo l’identità italiana ed europea attraverso questa importante scuola.
“Sarebbe dunque auspicabile che l’Europa si svegliasse e rifiutasse il ruolo di vecchia moribonda per giocare quello ben più competitivo e innovativo che realmente le compete.
Per assicurare un futuro ai giovani europei bisogna che i loro padri siano riconosciuti come veri padri, altrimenti questi giovani, avendo ucciso i propri padri per mettersi in vendita nel mercato internazionale, resteranno orfani e, se inclusi nel mercato globale, dovranno accettare i padri adottivi americani. Questi giovani parricidi saranno sempre dei figli adottivi, sempre preceduti e surclassati dai figli legittimi di quei popoli che avranno saputo difendere la loro identità”.
Questo avevo scritto e inviato a varie persone, anche a dei politici, ma evidentemente è tutto caduto nel nulla, non so per quale ragione.
Torniamo a questa mostra, Young Italians, questa è stata una mostra in cui è rappresentata da un grande studioso americano, Alan Solomon, l’arte italiana. Uno spaccato formidabile, dell’arte italiana, fino all’Arte Povera, cioè poco prima che scoppiasse il fenomeno Arte Povera, nel ‘68 – questa è all’inizio del ‘68 – è stata fatta diciamo nel ‘65, ‘66, ‘67, questa mostra rappresenta appunto uno spaccato prima dell’Arte Povera, quando l’Arte Povera ancora non era nata. Gli artisti sono: Valerio Adami, Getulio Alviani, Agostino Bonalumi, Enrico Castellani, Mario Ceroli, Jannis Kounellis, Sergio Lombardo, Francesco Lo Savio, Renato Mambor, Pino Pascali, Michelangelo Pistoletto. Questi artisti, che voi avrete sentito nominare, perché sono molto conosciuti ormai, sono stati stroncati sul New York Times il 2 giugno del 1968 e le mostre di arte italiana, che erano state prenotate da tutti i musei americani, perché l’Italia aveva una grande storia, e tutti si aspettavano che l’Arte Italiana potesse dire una parola nuova nell’avanguardia, sono state tutte cancellate.
E quindi, poi, è nata l’Arte Povera come sostituto dell’arte italiana.