Il giorno che moriremo una lieve brezza cancellerà le nostre impronte sulla sabbia. Quando calerà il vento chi dirà nell’eternità che una volta camminammo qui, all’alba del tempo?
Poesia Boscimana
Roy Sesana, il carismatico leader del popolo San del Botswana, ha partecipato alla trasmissione “Alle Falde del Kilimangiaro”, andata in onda ieri sera su Rai Tre, con lo scopo di rendere pubblica, ancora una volta, la triste storia del suo popolo, costretto a vivere in “riserve” governative ed espropriato della propria terra ancestrale, il triangolo Kalahari.
L’espropriazione per gli oltre 50.000 boscimani, iniziata nei primi anni Novanta, è avvenuta con la negazione dell’accesso alle loro terre originarie e uno spostamento forzato in luoghi lontani e inospitali.
Motivo reale? Il loro territorio era pieno di risorse minararie e di diamanti.
Il popolo San è uno dei popolo del Botswana che più soffre la condizione di povertà che la marginalizzazione territoriale ha acuito, raggiungendo livelli insostenibili per la sopravvivenza di questo popolo.
La dislocazione ha portato i San a soffrire di molte malattie tra cui l’HIV. Oggi i San vivono in territori marginali insieme ad altri gruppi etnici; gruppi che però non sembrano essere solidali. Tutt’altro. E’ in corso infatti una discriminazione chiara nei loro confronti anche da parte di altre minoranze etniche.
Il 29 settembre 2005, Roy Sesana ha ricevuto il premio Nobel Alternativo per il suo impegno nella difesa del proprio popolo e di tutti quei popoli africani che subiscono discriminazione.
I suoi appelli sono rivolti alle autorità governative del Botswana che da quando scoprirono che quel territorio era pieno di diamanti diventarono alleate con le grandi multinazionali occidentali di commercio di diamanti.
Nel 2002 qualche gruppo boscimano che era riuscito a resistere fu privato di acqua e luce. In questo modo lo spostamento fu indotto e giustificato dalle autorità come “necessario per la loro sopravvivenza”.
I Boscimani (vocabolo boero usato per indicare il popolo San) erano, anzi sono, cacciatori-raccoglitori; gli uomini cacciano non più del necessario e le donne raccolgono le piante senza mai arrivare al loro esaurimento.
Quello che caratterizza i San è la conoscenza della natura e dei suoi ritmi, vissuta rispettandone i tempi e cogliendone le sfaccettature.
L’altra grande caratteristica è il loro linguaggio, articolato e contrassegnato dai suoni “click”, suoni che si riescono ad ottenere ponendo la lingua tra la gengiva e il palato. Una lingua unica e messa a dura prova. Oggi infatti è raro che tra i giovani boscimani la lingua bushman sia diffusa a causa della mancata istruzione in lingua nativa. La privazione del sapere in lingua bushman è accompagnata da maltrattamenti e punizioni corporali. Il problema della lingua è legata alla politica nazionale del Botswana che sta tentando di creare una sorta di “identità entica del Botswana” attraverso l’omologazione culturale, spingendo sulla scomparsa dei particolarismi linguistico-culturali.
La lingua promossa come prima lingua di insegnamento è il Setswana, la lingua nazionale; la seconda l’inglese.
Nel 2005 la discussione tra il Ministero dell’Educazione e i vari gruppi etnici presenti in Bostwana si accese. Ma durò poco. Prevalse lo spirito “governativo” nazionale su quello etnico.
Alcune delle dichiarazioni del leader Roy Sesana si riferiscono chiaramente al diritto alla lingua e alla cultura, diritto strettamente connesso al diritto alla terra e alle tradizioni ancestrali.
Sesana dichiara
“Il nostro governo dice che continuiamo a mantenere il nostro tradizionale modo di vivere (nei luoghi che sono stati messi loro a disposizione dopo l’allontanamento dal Kalahari), ma distrugge la nostra cultura. Un vecchio proverbio dice che una nazione senza cultura è una nazione morta. Noi siamo moribondi”.
E poi ancora
“veniamo trattati come cittadini di seconda classe. Non siamo come altri esseri umani che sono in possesso dei loro diritti di cittadini e hanno il diritto alla propria lingua.
La nostra lingua non viene insegnata a scuola – e questo è disumano e vergognoso. Non ci sarà futuro per noi se questo non cambierà”.
La riserva del Kalahari è stata messa a disposizione dei San negli anni Sessanta; un territorio che corrispondeva più o meno a quello che avevano occupato da sempre. Oggi il governo non sente ragioni e la sua unica intenzione è che anche gli ultimi San rimasti se ne vadano senza opporre resistenza.
Questo messaggio è stato modificato da: giovanna_gnerre, 16 Lug 2007 – 02:55 [addsig]