Chris Patten: Una nuova politica di fronte al calo demografico
RICERCA E SVILUPPO PER LA VECCHIA EUROPA
La Stampa pg.13
Chris Patten e Giuliano Amato presiederanno da oggi a domani la Conferenza italobritannica. «Gli effetti dell'invecchiamento della popolazione e l'immigrazione», il tema di quest'anno, alla Certosa di Pontignano. Oggi, alla sessione inaugurale, Mario Monti, Neil Kinnock e Chris Patten passeranno in rassegna le proprie esperienze di Commissari europei nel corso dell'ultimo decennio
Questo è il tema che la Conferenza annuale di Pontignano, tenuta da colleghi italiani e britannici (politici, giornalisti, imprenditori, pubblici funzionari, accademici e via dicendo) con la presidenza congiunta di Giuliano Amato e del sottoscritto, andrà a analizzare in questo week-end.
Malgrado la costante tendenza verso l'errore madornale mostrata dalle predizioni demografiche – ricordiamoci Malthus – le previsioni odierne sull'evoluzione della popolazione sembrano piuttosto attendibili e puntano tutte nella stessa direzione. Il controllo della natalità, quello della mortalità e l'arresto delle nascite che ha seguito a ruota il boom delle nascite indicano tutti un calo della popolazione europea, anche negli Stati Membri della Ue, che andrà accelerando verso il terzo decennio di questo secolo.
La massima riduzione in termini numerici avverrà in Italia, che scenderà del 22% fra il 2000 ed il 2050, seguita dall'8% della Spagna. Francia e Regno Unito, al contrario, aumenteranno rispettivamente dell'8% e del 13%.
Man mano che i protagonisti del boom delle nascite andranno in pensione – con un aumento della percentuale degli ultrasessantacinquenni nella nostra popolazione rispetto ai quasi trentenni – la popolazione in età attiva calerà soprattutto nel sud dell'Europa. Negli Stati Uniti sta succedendo l'esatto contrario: quest'ultima fascia di età probabilmente aumenterà di circa un terzo nella prima metà di questo secolo.
Quali saranno gli effetti dell' invecchiamento dell'Europa sull'andamento della nostra economia? Nonostante ci sia stata di recente un'esagerazione a favore dell'America nei raffronti fra l'andamento dell'economia europea e quello dell'economia statunitense (a dire il vero, negli ultimi tempi si è registrata solo una modesta differenza nelle crescite pro-capite e nelle cifre sulla produttività), è fuor di dubbio che il declino della popolazione attiva avrà delle ripercussioni sul nostro tasso base di crescita. Dovremo mirare ad un prolungamento della vita lavorativa ed a più ampie opportunità occupazionali.
Si dovranno inoltre aumentare gli investimenti europei nella ricerca e nello sviluppo. Sotto questi aspetti, l'America ci supera di gran lunga – spendendo circa il doppio dell'Europa e rappresentando un potente polo d'attrazione per i giovani europei, che vanno a studiare nei campus e poi rimangono nel paese. Tre quarti di tutti gli europei che conseguono il dottorato in America scelgono di restarvi.
Non possiamo permetterci di venire superati e sul piano demografico e al contempo in quello che siamo disposti ad investire nel rendimento economico futuro e nella creazione di un patrimonio intellettuale per la prossima generazione. E' forse vero che le società vecchie e stanche pensano troppo poco al futuro di modo che, a causa della loro negligenza, quando arriva, esso risulta ancora più indebolito, offrendo un numero persino minore di opportunità.
Forse un'Europa più vecchia diventerà maggiormente conservatrice e si ripiegherà di più su se stessa, paurosa anche dei più modesti livelli di immigrazione che, pur non risolvendo i nostri problemi demografici, potrebbero comunque contribuire ad alleviare i problemi dell'offerta di manodopera anche nei settori di lavoro più specializzati?
Se il nostro tasso di crescita diminuisce, come pagheremo il famoso modello sociale europeo, caratterizzato da pensioni generose, servizi sanitari omnicomprensivi ed assistenza di lungo periodo agli anziani?
Mentre l'Europa sarà alle prese con la diminuzione della popolazione, con un tasso base di crescita più basso e con il calo della nostra quota di commercio mondiale, negli Usa avverrà il contrario. Inoltre, India e Cina, la cui quota di produzione mondiale era a circa il 50% agli inizi del XIX secolo per poi precipitare ad appena 1'8% alla metà del secolo scorso, hanno ripreso la propria marcia. La loro forza economica salirà inesorabilmente nel corso dei decenni a venire, superando facilmente l'economia europea. In tali circostanze, suoneremmo alquanto vanagloriosi se parlassimo di Europa come super-potenza o come rivale dell' America. Ma ancora contiamo parecchio nel mondo come attori economici e dovremmo mirare ad aumentare il nostro peso in campo estero e nel campo della sicurezza, sviluppando la capacità di agire uniti con maggiore coerenza e di colmare il divario fra la nostra retorica e ciò che siamo effettivamente in grado di fare per accrescere la sicurezza mondiale.
La diminuzione numerica che porta ad una diminuzione di influenza non è affatto inevitabile. Essa dipenderà dalla qualità della nostra leadership politica e dalla nostra disponibilità come cittadini a sollevare lo sguardo dalle nostre preoccupazioni strettamente nazionali. Possiamo ancora offrire al mondo una visione invogliante di come unire stabilità e prosperità, creatività individuale e solidarietà sociale, senso della storia e timore reverenziale per ciò che il futuro potrà offrire a tutti noi.
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RICERCA E SVILUPPO PER LA VECCHIA EUROPA
La Stampa pg.13
Chris Patten e Giuliano Amato presiederanno da oggi a domani la Conferenza italobritannica. «Gli effetti dell'invecchiamento della popolazione e l'immigrazione», il tema di quest'anno, alla Certosa di Pontignano. Oggi, alla sessione inaugurale, Mario Monti, Neil Kinnock e Chris Patten passeranno in rassegna le proprie esperienze di Commissari europei nel corso dell'ultimo decennio
Chris Patten
L’ATTEMPATO divo cinematografico Cary Grant ricevette un giorno un telegramma da un giornalista ansioso di scoprirne l'età. «Quante stagioni Cary?», chiedeva il telegramma. Eludendo la domanda, Grant rispose con un altro telegramma: «Stagioni quattro. Non sapevi?». In Europa, dobbiamo evitare di essere così riservati sulla nostra età, anzi, l'invecchiamento dell'Europa e la futura contrazione della nostra popolazione complessiva – soprattutto del numero di quanti sono in età attiva – saranno sempre più presenti nel programma politico europeo, sia che si discuta la politica sociale od economica che la nostra vitalità culturale o anche il nostro ruolo nel mondo.Questo è il tema che la Conferenza annuale di Pontignano, tenuta da colleghi italiani e britannici (politici, giornalisti, imprenditori, pubblici funzionari, accademici e via dicendo) con la presidenza congiunta di Giuliano Amato e del sottoscritto, andrà a analizzare in questo week-end.
Malgrado la costante tendenza verso l'errore madornale mostrata dalle predizioni demografiche – ricordiamoci Malthus – le previsioni odierne sull'evoluzione della popolazione sembrano piuttosto attendibili e puntano tutte nella stessa direzione. Il controllo della natalità, quello della mortalità e l'arresto delle nascite che ha seguito a ruota il boom delle nascite indicano tutti un calo della popolazione europea, anche negli Stati Membri della Ue, che andrà accelerando verso il terzo decennio di questo secolo.
La massima riduzione in termini numerici avverrà in Italia, che scenderà del 22% fra il 2000 ed il 2050, seguita dall'8% della Spagna. Francia e Regno Unito, al contrario, aumenteranno rispettivamente dell'8% e del 13%.
Man mano che i protagonisti del boom delle nascite andranno in pensione – con un aumento della percentuale degli ultrasessantacinquenni nella nostra popolazione rispetto ai quasi trentenni – la popolazione in età attiva calerà soprattutto nel sud dell'Europa. Negli Stati Uniti sta succedendo l'esatto contrario: quest'ultima fascia di età probabilmente aumenterà di circa un terzo nella prima metà di questo secolo.
Quali saranno gli effetti dell' invecchiamento dell'Europa sull'andamento della nostra economia? Nonostante ci sia stata di recente un'esagerazione a favore dell'America nei raffronti fra l'andamento dell'economia europea e quello dell'economia statunitense (a dire il vero, negli ultimi tempi si è registrata solo una modesta differenza nelle crescite pro-capite e nelle cifre sulla produttività), è fuor di dubbio che il declino della popolazione attiva avrà delle ripercussioni sul nostro tasso base di crescita. Dovremo mirare ad un prolungamento della vita lavorativa ed a più ampie opportunità occupazionali.
Si dovranno inoltre aumentare gli investimenti europei nella ricerca e nello sviluppo. Sotto questi aspetti, l'America ci supera di gran lunga – spendendo circa il doppio dell'Europa e rappresentando un potente polo d'attrazione per i giovani europei, che vanno a studiare nei campus e poi rimangono nel paese. Tre quarti di tutti gli europei che conseguono il dottorato in America scelgono di restarvi.
Non possiamo permetterci di venire superati e sul piano demografico e al contempo in quello che siamo disposti ad investire nel rendimento economico futuro e nella creazione di un patrimonio intellettuale per la prossima generazione. E' forse vero che le società vecchie e stanche pensano troppo poco al futuro di modo che, a causa della loro negligenza, quando arriva, esso risulta ancora più indebolito, offrendo un numero persino minore di opportunità.
Forse un'Europa più vecchia diventerà maggiormente conservatrice e si ripiegherà di più su se stessa, paurosa anche dei più modesti livelli di immigrazione che, pur non risolvendo i nostri problemi demografici, potrebbero comunque contribuire ad alleviare i problemi dell'offerta di manodopera anche nei settori di lavoro più specializzati?
Se il nostro tasso di crescita diminuisce, come pagheremo il famoso modello sociale europeo, caratterizzato da pensioni generose, servizi sanitari omnicomprensivi ed assistenza di lungo periodo agli anziani?
Mentre l'Europa sarà alle prese con la diminuzione della popolazione, con un tasso base di crescita più basso e con il calo della nostra quota di commercio mondiale, negli Usa avverrà il contrario. Inoltre, India e Cina, la cui quota di produzione mondiale era a circa il 50% agli inizi del XIX secolo per poi precipitare ad appena 1'8% alla metà del secolo scorso, hanno ripreso la propria marcia. La loro forza economica salirà inesorabilmente nel corso dei decenni a venire, superando facilmente l'economia europea. In tali circostanze, suoneremmo alquanto vanagloriosi se parlassimo di Europa come super-potenza o come rivale dell' America. Ma ancora contiamo parecchio nel mondo come attori economici e dovremmo mirare ad aumentare il nostro peso in campo estero e nel campo della sicurezza, sviluppando la capacità di agire uniti con maggiore coerenza e di colmare il divario fra la nostra retorica e ciò che siamo effettivamente in grado di fare per accrescere la sicurezza mondiale.
La diminuzione numerica che porta ad una diminuzione di influenza non è affatto inevitabile. Essa dipenderà dalla qualità della nostra leadership politica e dalla nostra disponibilità come cittadini a sollevare lo sguardo dalle nostre preoccupazioni strettamente nazionali. Possiamo ancora offrire al mondo una visione invogliante di come unire stabilità e prosperità, creatività individuale e solidarietà sociale, senso della storia e timore reverenziale per ciò che il futuro potrà offrire a tutti noi.