Quando le parole aprono la mente

Quando le parole aprono la mente

di Roberto Pazzi

… E’ di questi giorni l’eco di una ricerca promossa dalla Sapienza di Roma che ha coinvolto con le sue risposte 12 università europee. Esiste un canone identitario in cui gli Europei possano identificarsi per sintonia culturale? Nelle indicazioni delle risposte, fra i modelli – solo romanzi e poemi – troviamo ai primi posti Cervantes, Dante, Goethe, Dostoevskij, Shakespeare, Proust. Per noi italiani balza subito agli occhi il posto occupato dalla “Commedia” di Dante. Che dire di questa ricerca? Cade in tempi di sempre minore fruizione della scrittura. Quei modelli riguardano infatti la generazione dei non più giovani. La generazione successiva ha rallentato la frequenza e la varietà di quelle letture. La loro acculturazione avviene in misura quasi esclusiva per mezzo dei suoni e delle immagini che calano nella mente attraverso emozioni, senza trasformarsi in elaborazioni del pensiero, in associazione di idee. Prima vittima, con la povertà del linguaggio, lo “stile” della scrittura, che non può essere assaporato, non più nutrito da quei classici.

Per i giovani europei – secondo la ricerca – non esisterebbe più una biblioteca condivisa. Il tempo libero, una volta dedicato ai libri, è catturato da dvd e supporti informatici dove si scarica la musica rock, o da romanzi americani o da fumetti. A completare il processo la riduzione della scrittura narrativa a poliziesco e thriller, che imperversa. Avvalersi dell’attorialità di Dante, della sua capacità di suscitare associazioni visionarie ed emozioni, può essere efficace per difendere ancora la Parola dalla sua riduzione a serva dell’immagine. La capacità di immaginare, fondamento della lettura, viene annichilita dall’esubero delle cose viste. La “vista” è un’altra cosa dalla “visione”…

(Da La Nazione, 10/5/2007).

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