In Italia, come negli Stati Uniti, diventa sempre più difficile governare. È colpa delle istituzioni e del sistema di voto. E se il “modello tedesco” fosse prima di tutto un modello politico?
Oggi è difficile invidiare gli italiani. Di sicuro nel rugby non se la cavano male avendo dato del filo da torcere agli inglesi sabato scorso a Twinckenham, dopo aver battuto i francesi il mese prima. Ma in economia o in politica sono in difficoltà, per non dire a terra. La produzione affonda in una recessione peggiore di quella della Spagna. Le PMI muoiono come mosche, soffocate dalla mancanza di credito. L'agenzia Fitch ha privato il debito sovrano degli ultimi brandelli di valutazione A, abbassando le obbligazioni da A- a BBB+. È vero che a fine febbraio le elezioni sono sfociate in uno di quegli imbrogli di cui la scena politica italiana ha il segreto. Mario Monti, il brillante tecnocrate che ha saputo far passare in quindici mesi molte riforme principali, ha ottenuto il punteggio pietoso dell'8%. Nessuna maggioranza è in grado di dirigere il paese. Il presidente Giorgio Napolitano non ha il diritto di sciogliere le Camere elette di recente perché mancano meno di sei mesi alla fine del suo mandato. Il paese sembra rinchiuso in una crisi da cui niente potrà tirarlo fuori. Sembra di essere nel romanzo “La notte dell'oracolo”, in cui Paul Auster abbandona uno dei personaggi in una cantina chiusa a doppia mandata, lontano da tutto, senza più parlarne.
Ma l'Italia non è un caso isolato. Nella sua sventura, c'è una debolezza essenziale che si ritrova in altri paesi: un sistema di leadership politica che non è adatto alle tempeste. L'Italia non è ingovernabile perché abitata dagli italiani, ma perché si è dotata di una Costituzione e di un sistema di scrutinio che non funzionano. Deputati e senatori sono eletti con il sistema proporzionale lo stesso giorno, con sistemi di voto, circoscrizioni e elettorati diversi. La formazione delle coalizioni è incoraggiata da un premio di maggioranza accordato al raggruppamento politico che arriva in testa, e i partiti della coalizione possono decidere in seguito ciascuno per conto proprio. La Camera dei Deputati e il Senato hanno lo stesso potere, che diventa blocco di potere dal momento in cui le camere non raggiungono la stessa maggioranza.
Concepito nel dopoguerra per evitare l'avvento di un nuovo Duce, questo meccanismo sfocia in un'instabilità cronica (un nuovo governo ogni 18 mesi) e nell'incapacità di riformare. Una “porcata”, per riprendere l'espressione usata dal senatore della Lega Nord Roberto Calderoli a proposito dell'ultima legge elettorale del 2005, di cui, tra l'altro, era l'autore.
La stessa falla si ritrova…negli Stati Uniti. Di primo acchito, i due sistemi non hanno nulla in comune. Gli americani sono fieri di loro stessi. Non senza brutalità, lo scrutinio maggioritario ad un turno crea delle chiare maggioranze in un sistema a due partiti. Se le elezioni presidenziali e parlamentari avvengono nello stesso giorno, allora solo un terzo del Senato si rinnova. Ma come in Italia, i deputati non possono avere la meglio sui senatori, i quali possono bloccare ogni progetto di legge che non raggiunge la maggioranza dei tre quinti con la tecnica del “filibuster”. Il presidente può proporre tutto ma non può imporre nulla, a parte il proprio veto. Risultato: come Roma, anche Washington ha sempre più difficoltà a legiferare. Ne deriva che il Congresso produce leggi stupide agli occhi di tutti, come quella che recentemente ha provocato la messa in pratica del “sequestro”, i tagli automatici alle spese pubbliche per la mancanza di un accordo su misure regolate meglio. Tagli che faranno crollare la crescita…
In questi tempi di crisi, il meccanismo del potere deve più che mai spingersi verso la legittimità e l'efficacia. È il caso del Regno Unito, con elezioni a scrutinio maggioritario e una Camera dei Comuni che ha l'ultima parola. Ma il sistema è talmente brutale che causa temibili effetti pendolo, con delle politiche che vanno troppo lontano, come è senza dubbio il caso in questo momento. In Francia avviene l'opposto. Dopo molte vicissitudini, il sistema messo in atto nel 1958 produce solide maggioranze con un forte potere. Ma il governo sembra sempre correre dietro alla propria legittimità davanti agli elettori, ai parlamentari, alla minaccia della “strada” e, quindi, perde presto di efficacia.
Il dispositivo tedesco sembra il più convincente: preminenza del Bundestag, elezioni con sistema proporzionale a doppio turno – soglia del 5% dei voti per avere dei deputati, obbligo di proporre un nuovo governo per una coalizione che vuole censurare il gruppo in carica. Lascia spazio a nuove sensibilità (i Verdi a partire dagli anni '80 e, recentemente, il Partito Pirata), affidando il motore dell'azione al governo, in grado di riformare nel profondo. L'attuale potere della Germania viene probabilmente prima del suo sistema politico. In ogni caso è dimostrato che la democrazia può essere efficace anche nella crisi. È piuttosto rassicurante quando si pensa al passato tedesco, quando ci si accorge di ciò che accade in Italia o in Grecia, o quando si ascoltano delle belle teste fare l'elogio del modello cinese, che mette il tenore di vita prima della libertà.
(di Jean Marc Vittori, da http://www.lesechos.fr del 12/03/2013)
Testo originale:
Quand les Constitutions deviennent inefficaces
Par Jean-Marc Vittori | 12/03 | 07:00
En Italie, mais aussi aux Etats-Unis, il devient de plus en plus difficile de gouverner. C'est la faute aux Constitutions et aux systèmes de vote. Et si le « modèle allemand » était d'abord un modèle politique ?
Difficile aujourd'hui d'envier les Italiens. Bien sûr, au rugby, ce n'est pas si mal, puisqu'ils ont donné du fil à retordre aux Anglais samedi dernier à Twickenham après avoir battu les Français un mois plus tôt. Mais en économie ou en politique, ils sont à la peine pour ne pas dire à la ramasse. La production s'enfonce dans une récession pire qu'en Espagne. Les PME tombent comme des mouches, asphyxiées par le manque de crédit. L'agence Fitch a privé la dette souveraine des derniers lambeaux de notation A, rabaissant sa notation des emprunts d'Etat de A- à BBB+. Il est vrai que les élections parlementaires ont débouché, fin février, sur l'un de ces imbroglios dont la scène politique italienne a le secret. Mario Monti, le brillant technocrate qui a su faire passer en quinze mois plusieurs réformes majeures, a obtenu un piteux score de 8 %. Aucune majorité n'est en mesure de diriger le pays. Le président, Giorgio Napolitano, n'a pas le droit de dissoudre les chambres nouvellement élues car il est à moins de 6 mois de la fin de son mandat. Le pays semble enfermé dans une crise dont rien ne pourra le sortir. On se croirait dans le roman « La Nuit de l'oracle », où Paul Auster abandonne l'un de ses personnages dans une cave verrouillée à double tour et loin de tout sans plus en parler par la suite.
Mais l'Italie n'est pas un cas unique. Dans son malheur, il y a une faiblesse essentielle qui se retrouve dans d'autres pays : un système de pilotage politique inadapté aux tempêtes. L'Italie n'est pas ingouvernable parce qu'elle est habitée par les Italiens, mais parce qu'elle s'est dotée d'une Constitution et d'un mode de scrutin qui ne marchent pas. Députés et sénateurs sont élus à la proportionnelle le même jour, avec des systèmes de vote, des circonscriptions et même des électorats différents. La formation de coalitions est encouragée par une énorme prime accordée au groupement politique arrivé en tête, les partis de cette coalition pouvant ensuite décider chacun dans leur coin. La Chambre des députés et le Sénat ont le même pouvoir, qui devient pouvoir de blocage dès que les deux chambres n'ont pas la même majorité.
Conçue après-guerre pour éviter l'avènement d'un nouveau Duce, cette mécanique débouche sur une instabilité chronique (un nouveau gouvernement tous les 18 mois) et une incapacité à réformer. Une « cochonnerie », pour reprendre l'expression employée par le sénateur de la Ligue du Nord Roberto Calderoni à propos de la dernière loi électorale passée en 2005, loi dont il était pourtant l'auteur.
La même faille se retrouve… aux Etats-Unis. A priori, les deux systèmes n'ont rien à voir. Les Américains sont fiers du leur. Non sans brutalité, le scrutin majoritaire à un tour fabrique des majorités claires dans un système à deux partis. Si les élections présidentielle et parlementaires se tiennent le même jour, c'est seulement le tiers du Sénat qui est alors renouvelé. Mais comme en Italie, les députés ne peuvent pas l'emporter sur les sénateurs, qui peuvent bloquer tout projet de loi n'ayant pas la majorité des trois cinquièmes avec la technique du « filibuster ». Le président, lui, peut tout proposer mais rien imposer – sauf son veto. Résultat : comme Rome, Washington a de plus en plus de mal à légiférer. Le Congrès en vient à produire des lois stupides aux yeux de tous, comme celle qui a entraîné récemment la mise en oeuvre du « séquestre », des coupes automatiques dans les dépenses publiques faute d'accord sur des mesures mieux ajustées. Des coupes qui vont plomber la croissance…
En ces temps de crise, la mécanique du pouvoir doit plus que jamais dégager à la fois de la légitimité et de l'efficacité. C'est le cas au Royaume-Uni, avec des élections au scrutin majoritaire et une Chambre des communes qui a le dernier mot. Mais le système est tellement brutal qu'il produit de redoutables effets de balancier, avec des politiques qui vont trop loin comme c'est sans doute le cas en ce moment. C'est l'inverse en France. Après bien des vicissitudes, le système mis en place en 1958 fabrique de solides majorités avec un pouvoir fort. Mais le gouvernement semble toujours courir après sa légitimité face aux électeurs, aux parlementaires, à la menace de « la rue » et perd donc vite son efficacité.
Le dispositif allemand semble aujourd'hui plus convaincant : prééminence du Bundestag, élections à la proportionnelle avec un double verrou – plancher de 5 % des voix pour avoir des députés, obligation de proposer un nouveau gouvernement pour une coalition qui veut censurer l'équipe en place. Il laisse monter de nouvelles sensibilités (les Verts à partir des années 1980, le Parti des pirates plus récemment) tout en confiant de vrais leviers d'action au gouvernement qui peut réformer en profondeur. La puissance actuelle de l'Allemagne vient peut-être d'abord de son système politique. Elle montre en tout cas que la démocratie peut être efficace même dans la crise. C'est plutôt rassurant quand on se souvient du passé allemand, quand on voit ce qui se passe en Italie ou en Grèce, ou quand on entend de beaux esprits faire l'éloge du modèle chinois qui fait passer le niveau de vie avant la liberté.