Puntata di Domenica 7 Ottobre

Puntata di Domenica 7 Ottobre

– commento di Giorgio Pagano alla dichiarazione di Marco Biffi (Accademia della Crusca) in merito all'influsso delle "lingue straniere" sull'italiano;
– commento di Giorgio Pagano all'articolo de "Il Foglio" di sabato 6 ottobre sulla colonizzazione inglese;
– Politecnico di Milano, insegnamento solo in lingua inglese: intervista di Giorgio Pagano a Ulderico Pesce, attore e regista teatrale, e a Vittorio Sgarbi, critico e storico dell'arte.

[mp3]https://kadmo.art/radio/dl_2012.10.07.mp3[/mp3]

1 commento

  • Giorgio Pagano intervista Ulderico Pesce. Puntata del 7-10-2012 di Democrazialinguistica.it

    Giorgio Pagano:

    Un’altra figura importante del teatro, come autore anche, oltre che come attore del teatro italiano, che è Ulderico Pesce. Allora, Ulderico, una notizia abbastanza seria e grave, specie per te, che hai una notevole attenzione verso i temi sociali dell’Italia, ma anche verso la memoria, non a caso fai molto teatro che ha a che fare con i temi sociali d’Italia.
    In questo caso, questa storia d’Italia comincia ad avere una fine e diventa storia inglese, nel senso che questa cosa ci ha colto un po’ alla sprovvista. Vale a dire, il Politecnico di Milano che dal 2014 non insegnerà più in lingua italiana, ma insegnerà in inglese. Premettiamo tra l’altro che il Politecnico per eccellenza in tutto il mondo ha un nome e un cognome, si chiama Leonardo da Vinci ed è italiano. Quindi, insomma, di cose da dire ce ne sono molteplici. Che impressione ti fa questa notizia?

    Ulderico Pesce:

    Beh, ovviamente è una brutta notizia, come se fosse un piccolo funerale, cioè un grande funerale. Perché in Italia amiamo svenderci, ci consideriamo nulla, e quindi il Politecnico di Milano, per adeguarci a quelle nazioni che culturalmente sono meno forti di noi, ma imprenditorialmente sono molto più forti di noi, cioè l’Inghilterra e gli Stati Uniti d’America, decide di vendere la propria pelle e prendere la lingua inglese per insegnare in una delle nostre più prestigiose università italiane. E’ un progetto…dimmi, dimmi Giorgio.

    Pagano:

    No, pensavo anche al ridicolo del fatto che oggi come architetti italiani ci si muove nel mondo avendo dietro le immagini di architetti come Bernini, Borromini…cioè, cosa vuol dire un architetto italiano inglese? Non si capisce.

    Pesce:

    Insomma, Renzo Piano va a portare le sue opere in tutto il mondo e compito di Renzo Piano è ragionare in italiano, amare in italiano, progettare in italiano, perché ogni artista progetta nella propria lingua di appartenenza, che in questo caso è l’italiano. Poi, evidentemente, quando i suoi manager vanno a vendere qualcosa in Austria, in Danimarca o in altre parti altrimenti venderanno in inglese, in francese.
    Insomma, io ti sto parlando in questo momento da S.Paolo Albanese, in Basilicata, dove gestisco un teatro, un grosso teatro, 1200 m2 coperti, in uno dei comuni più piccoli d’Italia, S.Paolo Albanese, 300 abitanti. Questi 300 abitanti scendono tutti a teatro a vedermi. Tutta l’area, che è quella che ha meno abitanti di tutta Italia, meno densità demografica: 11 abitanti per km2. Stiamo belli larghi, si aprono le finestre e si vedono gli alberi, i fiumi, la natura. la cementificazione non esiste.
    Ebbene, in questo piccolo borgo, a partire dal 1400, arrivarono gli albanesi che scappavano perché non volevano perdere le proprie abitudini linguistiche, culturali e religiose, perché i turchi volevano rendere l’Albania musulmana, cambiare la lingua e la religione. Loro, invece, tenevano molto alla proprià identità e per questo motivo scapparono, vennero in questi piccoli paesi del Sud dell’Italia e fondarono delle comunità. Uno dei primi paesi fondati è S.Paolo Albanese.
    Noi italiani dovremmo imparare da questi paesi, dalla lotta di S.Paolo Albanese per rimare legato alla propria identità. Tutt’ora in questo piccolo comune della Basilicata si parla la lingua del 1400, cioè l’albanese antico, una lingua che quando i turchi hanno invaso l’Albania è totalmente scomparsa. E’ scomparsa quella lingua, è scomparsa la loro religione, e loro hanno fondato queste piccole comunità nei paesini.
    Consiglio a tutti coloro che non vogliono svendere la cultura italiana, l’identità storico-linguistica cui apparteniamo, la nostra genialità, di fondare dei piccoli paesini come questo, dove cominciare a difendere l’italianità, soprattutto la lingua italiana che ha radici antichissime. In Italia è nata prima l’unità linguistica, poi quella politica ed economica. Non ci rimane altro da fare se non fondare piccoli paesini in cui parlare italiano fra di noi, dove, per esempio, metteremo dei cartelli con su scritto: “è vietato parlare in inglese, adeguarsi alle lingue dei ricchi”.
    A noi dell’economia non importa niente. Quelli che vogliono parlare di economia vanno a governare l’Italia: quelli come Monti e come tutto il resto del “cialtrame”, tutti quelli coinvolti nella Fiat, nell’Alfa Romeo, nel buttare a mare il prestigio dell’Italia. E’ anche questa la messa al macero della nostra identità.
    Lo dico senza ironia, c’è il monte Pollino che è molto grande: cominciamo a difendere lì l’italiano, come a S.Paolo albanese si difende l’albanese antico. E’ un modo per salvaguardare la nostra cultura. Noi dell’economia e dell’inglese possiamo farne a meno. Creiamo, quindi, delle isole felici dove rimanere tranquilli e sereni, dove i nostri figli andranno a scuola, comunicheranno e ameranno l’italiano. Dove impareranno a vivere, lavoreranno ed esprimeranno la loro genialità in italiano. Certamente non faremo grandi opere a Parigi o a New York, ma faremo cose più piccole. A noi piace il piccolo, non il grande. Chi vuole andare a studiare a Torino al Politecnico che vada pure.
    Voglio raccontarti un aneddoto. E’ raro che io mi alzi da tavola mentre sto ancora mangiando. Bene, l’altro giorno vado a pranzo a casa di mia sorella, che vive a Roma, e dove ci sono sulla tavola tutti alimenti paesani, perché noi siamo lucani e ci alimentiamo con le pecore di mio padre, con l’agnello e il formaggio dei vicini ecc. (al supermercato io vado raramente, perché devo sapere quello che metto in bocca, così come devo sapere quello che mi esce dalla bocca). A pranzo c’è un’ospite, arrivata dalla Calabria, che si è iscritta alla Luiss. Le chiedo che facoltà faccia e lei mi risponde con un nome in inglese. E’ così difficile, penso, dire “economia”? Intanto lei continua: “No, perché da noi si studia tutto in inglese, tutti i nostri studi economici sono inglesi. Dobbiamo apprendere tutto dall’Inghilterra”.
    Quando si parte dalla provincia si è pronti ad abboccare a qualsiasi cosa, ragion per cui sono stato ad ascoltarla per un quarto d’ora e poi me ne sono andato. Mia sorella e mio cognato si sono offesi. Dico io, ma come si può invitare a pranzo una ragazza che ama l’Inghilterra ed è pronta a svendere la sua Calabria? Non si può studiare economia in italiano?

    Pagano:

    C’è da dire che il fatto è abbastanza grave. In realtà i toni sono legati non solo a quest’aneddoto, nel senso che il cammino europeo ha fatto produrre anche una moneta comune, l’euro, sotto attacco ormai da tempo, come sai, da parte dei mercati finanziari, e certo non si tratta dei finanzieri cinesi, o indiani, né tanto meno russi, ma, ovviamente, angloamericani. Da questo punto di vista non è, invece, meno grave, pensando anche in grande, al di là della dimensione di resistenza che tu richiamavi, e, quindi, il discorso relativo a S.Paolo Albanese che citavi, il fatto che qui si tratta in realtà di un problema che riguarda un intero continente che sta cadendo. Mi torna alla memoria quello che è stato sicuramente un grande personaggio non solo come cantautore, ma anche come uomo di teatro, che è Gaber e che diceva: “Gli americani sono portatori sani di democrazia. Gli unici a cui non fa male sono loro”.
    Mi chiedo, allora, che senso ha difendere l’euro se poi siamo pronti ad aprire totalmente le porte alla colonizzazione anglofona? Anche questa è una riflessione da fare.
    Sentivo qualche giorno fa i dati di disoccupazione giovanile che pare stiano raggiungendo livelli altissimi, intorno al 30% (la Spagna è messa peggio con il 50%).

    Pesce:

    Io, proprio stamani, per rispondere alla tua domanda, ho sentito alla radio dei dati Istat, o non so di quale altra agenzia, che dicevano che i ragazzi italiani dai 19 ai 29 anni risultano, a livello europeo, non solo quelli quelli che non vogliono studiare più, ma anche quelli che non riescono a trovare lavoro. Non si vuole più lavorare, né si vuole studiare. E’ tutta la giornata che penso a questa situazione.

    Pagano:

    Studiare è comprensibile, perché, chiaramente, penso che anche molti dei tuoi parenti, perché anche tu hai radici del Sud d’Italia, siano emigrati (l’emigrazione è stata forte dal Veneto, ma anche dal Friuli). Molti di noi hanno parenti nelle Americhe sia del nord che del sud. Lì era gente che andava, addirittura, fuori dall’Italia con le elementari. Adesso, sostanzialmente, vai fuori dall’Italia con la laurea. E’ comprensibile, quindi, che uno si chieda: che cosa studio a fare se poi mi tocca fare comunque l’emigrante?
    La problematica maggiore è l’altra, quella di non cercare più lavoro, come se ci fosse una sfiducia assoluta nel proprio futuro.

    Pesce:

    Hai ragione. Hai omesso, però, un dato che secondo me è ancora più importante, vale a dire che un giovane fra i 19 e i 29 anni pensa: che studio a fare? Quello che studio in Italia non conterà niente perché non ci sono i meriti. In Italia non ci sono i meriti perché per la classe politica che ci governa da 50 anni contano solamente le raccomandazioni, perciò, se sai tagliare l’erba e conosci un consigliere regionale, un deputato o un senatore, taglierai l’erba con la forestale. Se, invece, sai tagliare l’erba ma non hai nessuno che ti protegga e che ti porti avanti, taglierai l’erba del tuo orticello.
    Uno non studia più, allora, perché in Italia se non conosci qualcuno non vai avanti. Questi ragazzi, invece, non si devono arrendere, ma devono avere il coraggio e la forza di cacciare questa classe politica che ha rovinato il Paese e ci ha consegnati tutti ai poteri forti, cioè al Capitale, all’Inghilterra e agli Stati Uniti d’America, che ci governano ininterrottamente dal 1947 ad oggi. Perché è una pura illusione la democrazia italiana. Non solo ci governano da un punto di vista economico e linguistico, ma anche da un punto di vista di ciò che succede nei tribunali, nei servizi segreti.
    Basta vedere il processo Moro, per dirne una eclatante: Moro voleva aprire una nuova visione politica e gli americani l’hanno fatto secco con la complicità di Andreotti e Cossiga. Basta leggere il libro “Doveva morire” di Ferdinando Imposimato che riferisce dei primi tre processi Moro. Imposimato scrive: “Non parlo io di cose così gravi, le dice a chiare lettere il giudice che ha diretto i primi tre processi Moro ed io ci faccio lo spettacolo sopra. Siamo filoamericani, quindi, o meglio, non siamo noi ad essere filoamericani, sono gli americani ad essere poco filoitaliani e a dettarci le regole e le leggi.
    Ora, quello che c’è da fare è che i ragazzi che da 20 anni si arrendono devono innanzitutto studiare, perché solo se studiano possono cacciarli. Creare un nuovo habitat e un nuovo ambiente.
    C’è anche un’analisi politica dietro a questa decisione delle nostre istituzioni di adottare la lingua inglese al Politecnico, cioè, qual è la situazione politica grave: se questi giovani che escono dal Politecnico di Torino, o dalle grandi università italiane, non trovano lavoro in Italia, è meglio se già dall’inizio gli facciamo capire che devono imparare l’inglese perché è là che andranno poi a realizzare la loro arte. Questa decisione è così grave perché è come se lo Stato italiano riconoscesse la propria incapacità a far rimanere in Italia queste persone che si formano a grandi livelli.
    E invece no. E’ da queste grandi università che deve partire il segnale.

    Pagano:

    No, ma perché loro, probabilmente, come dicevi tu, vogliono continuare a tenere il lavoro in Italia per i loro raccomandati e, quindi, per tutti gli altri è meglio imparare l’inglese.

    Pesce:

    Sì, imparate l’inglese, così ve ne andate e potrete trovare lavoro con più facilità e non rompete le scatole qui in Italia, dove gli spazi sono limitati. Perché, poi, un senatore, un deputato ha bisogno del suo consenso elettorale, pertanto ha bisogno del rapporto col territorio, perché il consenso te lo fai con la clientela.

    Pagano.

    Ti ringrazio per queste riflessioni.

    Pesce:

    Grazie a te.

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