Proposta di legge esperantista

XIV LEGISLATURA – Scheda lavori preparatoriAtto parlamentare: 5714(Fase iter Camera: 1^ lettura) EMERENZIO BARBIERI ed altri: “Disposizioni in materia di accesso allo studio e all’uso della lingua internazionale esperanto” (5714)Parte I: Documenti

Stampati Note Scheda lavori preparatori
C. 5714 Iniziativa parlamentare; presentato il 10 marzo 2005  


Assegnato l’11 aprile 2005 in sede Referente alla commissione VII CulturaParere delle Commissioni I e V
Atti Parlamentari 1 Camera dei Deputati
XIV LEGISLATURA — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI — DOCUMENTI
CAMERA DEI DEPUTATI N. 5714

PROPOSTA DI LEGGE
D’INIZIATIVA DEI DEPUTATI
EMERENZIO BARBIERI, RANIELI, MEREU

Disposizioni in materia di accesso allo studio e all’uso della lingua internazionale esperanto
Presentata il 10 marzo 2005

ONOREVOLI COLLEGHI ! — Oggi, nel contesto di europeizzazione in cui stiamo vivendo, il problema linguistico si fa sempre piu` sentire.
Da un po’ di tempo si accendono e si susseguono dibattiti sul problema delle lingue di lavoro negli organismi comunitari e, quantunque sembri che questo sia un problema esclusivo di Bruxelles, esso, al contrario, ci riguarda direttamente.
In quei palazzi si va delineando un’Europa in cui la lingua di lavoro e` quella di una nazione o di un gruppo di nazioni, lingue che vanno apprezzate per i loro valori storici e culturali ma che non dobbiamo e non possiamo accettare come superlingue, non avendo esse qualita` e meriti culturali o espressivi superiori alle altre.
La lingua costituisce un completamento necessario della personalita` degli individui e dei popoli ed e` determinante per farli sentire effettivamente partecipi di una comunita` (vedi curdi, israeliani, rom e altri).
Rispettare la lingua significa rispettare i suoi parlanti, come e` sancito dai trattati. Sappiamo che la conoscenza di una lingua da` maggiore potere a chi la padroneggia meglio, ma dobbiamo evidenziare che l’apprendimento scolastico non mette mai il discente alla pari – per fluidita` di linguaggio e capacita` espressiva – con chi quella lingua l’ha appresa dalla nascita.
Alcune persone sono particolarmente dotate per l’apprendimento delle lingue, ma per la stragrande maggioranza per arrivare a conoscere una lingua etnica alla stregua dei nativi, portandosi sullo stesso piano di competitivita`, e` necessario impegnare una buona fetta di quel capitale limitato che e` la vita.
Tale lingua diventa quindi distruttiva, poiche´ per recuperare il capitale di tempo e di denaro investito si tende inconsciamente a utilizzarla il piu` possibile, anche quando non necessario, sostituendola alla materna.
Gia` oggi, alcune « superlingue » subdolamente imposte nella pratica ci colonizzano portando a una discriminazione di fatto tra i cittadini d’Europa e al parziale disinteresse per la propria cultura.
Non dimentichiamo che la lingua influenza anche il modo di pensare e quindi il modo di creare; ne deriva l’importanza che ha per la collettivita` la preservazione di tutte le lingue.
La lingua, del resto, non ha valenze solo culturali e sociali, ma anche importanti risvolti economici.
Siamo consci che il sistema multilinguistico adottato a Bruxelles e` costosissimo e paralizzante. Infatti per rendere possibile i dibattiti diretti si fa ricorso ad alcune cosiddette «lingue di lavoro», a scapito dei parlanti delle altre lingue.
Quantunque l’Italia sia stata tra i fondatori dell’Unione europea, la sua lingua, per la legge dei numeri, data la sua scarsa presenza nel piano globale indipendentemente dalle sue qualita`, rischia l’emarginazione. E noi italiani, con essa.
Basta dare un’occhiata alla modulistica che arriva da Bruxelles o vedere in quali lingue possono essere presentate le richieste di brevetti o di finanziamenti europei. In particolare nei brevetti ricordiamo che e` la sfumatura della parola che lo rende rivendicabile oppure no.
C’e` poi l’ipocrisia della Commissione europea che con firma del Capo Unita` – Politica delle lingue – scrive che « si e` scelto di non puntare su un’unica lingua comune, ma di promuovere il multilinguismo con l’apprendimento di almeno due delle lingue dei vicini oltre alla propria lingua materna ». In questo modo si nega a parole cio` che viene fatto in pratica, altrimenti come potro` mai io, italiano che ho imparato le lingue dei miei vicinifrancese, tedesco, sloveno e albanese a colloquiare con uno spagnolo o con un inglese e dichiararmi cittadino appartenente alla stessa comunita`?
Dunque si lascia fare alla tendenza attuale, piu` o meno guidata di privilegiare l’uso di alcune lingue, sostenendo tale scelta con l’effettivo uso che di queste lingue si fa nei rapporti internazionali.
E` innegabile che tale pratica di ufficializzazione camuffata come semplice lingua di lavoro, mantiene comunque l’effetto distruttivo sulle altre lingue europee ridotte al ruolo di dialetti.
E non si puo` non considerare l’immeritato vantaggio concesso a milioni di cittadini i quali ricevendo uno status di privilegio per nascita umilierebbero ogni altro popolo e porrebbero sin dalla nascita gli altri cittadini in stato di vassallaggio.
Qualcuno dice che la lingua non si puo` imporre e che i popoli hanno gia` scelto una lingua nazionale per l’uso internazionale. Ma vogliamo scherzare? La necessita` non e` mai scelta, e agli italiani non e` stata data la possibilita` di scelta perche´ non e` stata data la conoscenza, su cui basare tale scelta.
Una lingua nazionale e` connaturata con il carattere, la storia e le tradizioni di un popolo. Essa tende con il medesimo ad evolversi in forma autonoma e quindi a trasformarsi; risulta pertanto impensabile condizionarne l’evoluzione per assicurare quella regolarita` guidata nel tempo e nello spazio, che e` essenziale per essere effettivamente internazionale.
Occorre domandarsi se questa e` l’unica strada possibile o se ci sono altre soluzioni, forse migliori.
C’e` chi propone l’adozione, per la funzione di lingua ausiliaria internazionale, di una lingua classica « morta », ma come e` possibile adattarla, alle esigenze espressive moderne senza snaturarne la struttura?
Allora dobbiamo rassegnarci?
Mentre e` vero che non ci si puo` rassegnare a un ingiusto ruolo di inferiorita` e che non possiamo impegnarci in un perdente confronto di forze, possiamo, pero`, prendere in considerazione e appoggiare un’alternativa semplice, non impositiva, gradualmente introducibile, consistente nell’ufficializzare l’equiparazione a lle attuali lingue di lavoro di una vera lingua transnazionale, non etnica, economica e moderna, alla portata di tutti, che svolga una funzione riequilibratrice sulle lingue cosiddette « forti », restituendo alle lingue oggi diventate di serie B o C la pari dignita` cui hanno pieno diritto.
Cos` si puo` difendere con successo, senza levate di scudi, la lingua italiana, oltre al multilinguismo solo sbandierato dell’Unione europea.
Riteniamo che solo in questo modo indiretto si possa difendere il patrimonio di lingua e di pensiero dei nostri padri: informando e introducendo da subito, dopo avere diffuso le informazioni necessarie, l’insegnamento libero di una lingua internazionale neutrale, senza contrapposizioni alla situazione presente.
La funzione riequilibratrice si avviera` autonomamente quando i cittadini saranno in grado di rendersi conto che la definizione di « lingua internazionale » e` oggi data erroneamente a delle lingue etniche nazionali impiegate in campo sopranazionale.
Infatti se il principio del plurilinguismo e` garanzia della salvaguardia delle diversita` culturali, affinche´ sia concreto, ha bisogno di appoggiarsi su una lingua comune basata sulla reciprocita`.
Se i cittadini sapranno che e` possibile e piu` facile usare una vera lingua internazionale nei rapporti con l’estero, sceglieranno di studiare oltre a questa le lingue locali di personale interesse.
Cio` permetterebbe di soddisfare anche la necessita` di coagulare individui e popoli a tutto campo, per farli sentire effettivamente partecipi a pari titolo della pacifica comunita` che si cerca di creare, senza intaccare minimamente l’apprezzamento individuale e il rispetto che ognuno deve a se stesso e agli altri.
Ovviamente la lingua internazionale deve essere, oltre che neutrale, anche razionale, cioe` moderna, con difficolta` di apprendimento ridotte perche´ priva delle specificita` di ogni lingua etnica.
Assenza di specificita` che faciliterebbe l’apprendimento anche da parte di un pubblico di non alta scolarizzazione. Una lingua le cui caratteristiche si adattino al meglio ai moderni mezzi multimediali di studio, permettendo così la sua rapida diffusione e che, principalmente, non sia distruttiva (glottofagica) del patrimonio linguistico esistente.
Una tale lingua, collaudata da piu` di cent’anni di uso in tutto il mondo, l’abbiamo individuata nella lingua pianificata chiamata esperanto. L’esperanto e` una lingua ausiliare non colonizzante perche´, richiedendo un modesto tempo di apprendimento, non stimola quell’inconscia necessita` di essere usata quando non serve, cioe` fuori dai rapporti internazionali.
L’esperanto e` l’unico idioma, tra le centinaia di progetti e tentativi di lingua internazionale, che sia diventato lingua viva, parlata da persone viventi in tutti i continenti, il che ha contribuito a creare anche una sua letteratura autonoma.
L’esperanto e` l’unico progetto che abbia superato le difficolta` determinate da due guerre e da periodi di regimi nazionalistici, che hanno cercato di soffocarlo.
Claude Piron ha scritto: « La comunicazione e` una cosa complessa. Qualche lingua, come l’esperanto (e un po’ anche l’inglese), e` facile all’inizio, ma per comunicare cose complesse occorre affrontare molte difficolta` nel seguito dello studio.
Il vantaggio dell’esperanto risiede principalmente nel fatto che rispetta il discente maggiormente di qualsiasi altra lingua, perche´ anziche´ riempirlo di difficolta`, umiliandolo, l’esperanto si adatta all’istinto naturale dell’uomo che generalizza le regole e le strutture grammaticali. In questo modo, dopo il periodo iniziale si entra in confidenza con la lingua sentendosi ben presto a proprio agio.
Cio` deriva dal fatto che la lingua internazionale richiede per se stessa una capacita` di dedurre piu` che una capacita` di memorizzare Cioe` si affida piu` sull’intelligenza dell’individuo che sulla sua memoria ».
L’esperanto e` una lingua scritta con l’alfabeto latino, con struttura flessivo-agglutinante, a fonetica univoca, con sole sedici regole grammaticali fondamentali, prive di eccezioni. Il lessico e` formato da radici scelte tra quelle ricorrenti con maggiore frequenza nelle lingue classiche e moderne, delle quali costituisce cos` una felice sintesi.
L’uso di prefissi e di suffissi, con significato determinante e costante, consente la facile formazione di un’ampia gamma di parole derivate, atte a esprimere ogni sfumatura del pensiero, con perfetta adesione al concetto da manifestare, con sforzo mnemonico ridotto.
Una dichiarazione di 27 membri dell’Accademia francese delle scienze defin` l’esperanto un capolavoro di logica e di semplicita`; queste caratteristiche, oltre alla neutralita`, sono infatti essenziali affinche´ una lingua possa dirsi atta al ruolo di lingua transnazionale.
L’esperanto si puo` efficacemente imparare tramite i computer, oltre a essere facilmente accessibile per la sua struttura ai popoli di qualsiasi gruppo linguistico e agli individui di ogni grado culturale.
E` importante notare che esso manifesta una notevole efficacia propedeutica per l’apprendimento di altre discipline e, particolarmente, delle lingue straniere, per via della sua struttura grammaticale e della sua logicita`.
Non e` poi da trascurare l’apporto alla formazione di una coscienza individuale piu` aperta ai problemi della convivenza umana.
Nonostante le riserve, i pregiudizi, la disattenzione e, peggio, la disinformazione non sempre serena, che ne frenano l’espansione, l’esperanto puo` gia` contare su innumerevoli gruppi e centri didattici sparsi in ogni parte del pianeta, su una fiorente produzione letteraria e scientifica (40 mila titoli solo alla Biblioteca nazionale britannica e, per l’Italia, oltre 6.000 titoli presso l’Archivio di Stato, nel Castello Malaspina di Massa Carrara). In diverse universita`, come quella di Paderborn in Germania e di Budapest in Ungheria, o quella di Torino, o come l’Accademia internazionale delle scienze, con sede a San Marino, l’esperantologia e` materia curricolare e la lingua e` impiegata per lezioni, esami, tesi di laurea e documentazione d’archivio e di segreteria.
L’uso dell’esperanto in compact disk, opuscoli turistici, cataloghi e prospetti commerciali, in INTERNET e in radio e` in continuo aumento.
Cio` nonostante c’e` chi afferma che l’esperanto « non ha cultura ». Ma perche´ una lingua che si pone come ponte tra le culture dei vari popoli deve obbligatoriamente averne una propria? Non sarebbe sufficiente che possa recepire ed esprimere tutte le sfumature del nostro pensiero?
L’Assemblea generale dell’UNESCO ha riconosciuto piu` volte il fattivo ruolo svolto dall’esperanto negli scambi culturali tra le nazioni, attribuendo all’Associazione mondiale per l’esperanto (UEA) lo statuto consultivo. L’UEA si articola in associazioni nazionali aderenti e dispone di una rete di oltre 3.500 delegati presenti in ogni parte del mondo.
Valutando queste considerazioni, richiediamo di istituire l’insegnamento dell’esperanto e il suo utilizzo in parallelo alle attuali lingue di lavoro usate nella segnaletica stradale e turistica e nei documenti internazionali, quali passaporti, patenti, eccetera, perche´ solo indirettamente, con questo mezzo, possiamo costituire un baluardo naturale per la sopravvivenza e la difesa della parita` linguistica e culturale di tutti a cominciare da quella italiana, riscattandola cos` dall’attuale cieco servilismo.
Nella costituzione dell’UNESCO e` scritto che « le guerre cominciano nella mente degli uomini e che percio` proprio nella mente si devono cominciare a costruire le difese » pertanto consci che la lingua puo` essere un elemento di efficace, sostanziale coesione che sollecita e agevola l’integrazione europea e mondiale, ma che non deve essere causa della distruzione della biodiversita` linguistica esistente e dell’italiano in primo luogo, pensiamo che la diffusione di una lingua transnazionale e neutrale vada proprio in tale senso. Pe rtanto si chiede l’approvazione della presente proposta di legge.
Con essa, come e` evidente dal testo proposto e dalla presente relazione, l’insegnamento e l’uso dell’esperanto non vengono a sostituire quelli delle lingue straniere, ma si affiancano agli insegnamenti linguistici gia` ammessi nella scuola, come gia` avviene ad esempio in Ungheria sin dal 1995.
Con l’articolo 1 della proposta di legge, che ricalca altri progetti di legge mai arrivati all’esame del Parlamento per la scadenza anticipata delle legislature del passato, si introduce l’insegnamento elettivo della lingua internazionale esperanto nella scuola. Con cio` si intende contribuire ad allargare il processo educativo dei giovani verso una coscienza internazionale, favorita dalla possibilita` pratica e immediata di relazioni non limitate in una sola direzione, al fine di alimentare la formazione culturale dei ragazzi in uno spirito democratico di apertura sociale e di disponibilita` responsabile verso tutti i popoli e la loro cultura.
Si ritiene che l’insegnamento facoltativo dell’esperanto debba essere possibile anche nella scuola dell’obbligo, tenendo conto dell’efficacia propedeutica della lingua che si manifesta in modo particolare in quella fascia di eta` (vedi relazione della Commissione presieduta dall’onorevole Giuseppe Matulli, aprile-dicembre 1993).
La proposta di legge delega al Ministro dell’istruzione, dell’universita` e della ricerca i provvedimenti relativi ai programmi e agli orari dei corsi, nonche´ alla costituzione delle cattedre e degli incarichi per l’insegnamento della lingua esperanto.
Con l’articolo 2 si stabilisce che il Ministro si fa carico della informazione e della sensibilizzazione degli studenti sulle motivazioni della scelta della lingua internazionale e stabilisce l’introduzione del suo insegnamento, con la relativa letteratura, nella scuola dell’obbligo, applicando le stesse disposizioni valide per l’insegnamento delle lingue straniere.
Allo scopo, peraltro, di assicurare comunque l’apprendimento di una lingua straniera, la lingua esperanto trova posto in quei casi nei quali il piano di studi prevede due lingue straniere.
Con l’articolo 3 si prevede che il Ministro dell’istruzione, dell’universita` e della ricerca proceda alla modificazione e all’integrazione dei provvedimenti gia` previsti dalla legge 6 dicembre 1971, n. 1074, al fine di precisare i titoli validi per la partecipazione ai concorsi per l’assegnazione delle cattedre.
In attesa della istituzione dei corsi universitari dell’insegnamento di cui si tratta, e` stata prevista una norma transitoria, con la quale il possesso di una laurea integrata dal diploma di magistero rilasciato dall’Istituto italiano di esperanto garantisce la preparazione didattico-culturale necessaria per insegnare.


PROPOSTA DI LEGGE

ART. 1.
1. Tra gli insegnamenti elettivi di lingua straniera nella scuola statale dell’obbligo, e` introdotto l’insegnamento della lingua internazionale esperanto.
2. L’insegnamento di cui al comma 1 e` istituito secondo un programma e orari stabiliti con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’universita` e della ricerca, di seguito denominato « Ministro », con le modalita` previste dalla legislazione vigente per le lingue straniere.
3. Con decreto del Ministro sono altres` stabilite le modalita` per la costituzione di cattedre e di incarichi di insegnamento della lingua internazionale esperanto.

ART. 2.
1. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 1, comma 1, il Ministro puo` istituire, con proprio decreto, l’insegnamento della lingua e della letteratura esperanto, in conformita` alle disposizioni vigenti per gli insegnamenti e i programmi di lingue e di letterature straniere, nelle scuole e negli istituti il cui piano di studi comprende l’insegnamento di almeno due lingue straniere.
2. Il Ministro provvede a fornire adeguata informazione e sensibilizzazione sulle motivazioni della scelta della lingua internazionale esperanto.

ART. 3.
1. Con decreto del Ministro, ai sensi dell’articolo 40 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sono stabiliti i titoli validi per l’ammissione ai corsi di abilitazione di lingua e letteratura esperanto e le relative classi di concorso.
2. Fino a quando non siano istituiti i corsi universitari di lingua e letteratura esperanto, possono essere ammessi ai corsi di abilitazione candidati in possesso del diploma di laurea e del diploma di magistero, rilasciato dall’Istituto italiano di esperanto, oppure in possesso di diplomi universitari stranieri riconosciuti equipollenti alla laurea italiana in lingua e letteratura esperanto.

 

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    Stampati Note Scheda lavori preparatori
    C. 5714 Iniziativa parlamentare; presentato il 10 marzo 2005


    Assegnato l'11 aprile 2005 in sede Referente alla commissione VII CulturaParere delle Commissioni I e V
    Atti Parlamentari 1 Camera dei Deputati
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    CAMERA DEI DEPUTATI N. 5714

    PROPOSTA DI LEGGE
    D’INIZIATIVA DEI DEPUTATI
    EMERENZIO BARBIERI, RANIELI, MEREU

    Disposizioni in materia di accesso allo studio e all’uso della lingua internazionale esperanto
    Presentata il 10 marzo 2005

    ONOREVOLI COLLEGHI ! — Oggi, nel contesto di europeizzazione in cui stiamo vivendo, il problema linguistico si fa sempre piu` sentire.
    Da un po’ di tempo si accendono e si susseguono dibattiti sul problema delle lingue di lavoro negli organismi comunitari e, quantunque sembri che questo sia un problema esclusivo di Bruxelles, esso, al contrario, ci riguarda direttamente.
    In quei palazzi si va delineando un’Europa in cui la lingua di lavoro e` quella di una nazione o di un gruppo di nazioni, lingue che vanno apprezzate per i loro valori storici e culturali ma che non dobbiamo e non possiamo accettare come superlingue, non avendo esse qualita` e meriti culturali o espressivi superiori alle altre.
    La lingua costituisce un completamento necessario della personalita` degli individui e dei popoli ed e` determinante per farli sentire effettivamente partecipi di una comunita` (vedi curdi, israeliani, rom e altri).
    Rispettare la lingua significa rispettare i suoi parlanti, come e` sancito dai trattati. Sappiamo che la conoscenza di una lingua da` maggiore potere a chi la padroneggia meglio, ma dobbiamo evidenziare che l’apprendimento scolastico non mette mai il discente alla pari – per fluidita` di linguaggio e capacita` espressiva – con chi quella lingua l’ha appresa dalla nascita.
    Alcune persone sono particolarmente dotate per l’apprendimento delle lingue, ma per la stragrande maggioranza per arrivare a conoscere una lingua etnica alla stregua dei nativi, portandosi sullo stesso piano di competitivita`, e` necessario impegnare una buona fetta di quel capitale limitato che e` la vita.
    Tale lingua diventa quindi distruttiva, poiche´ per recuperare il capitale di tempo e di denaro investito si tende inconsciamente a utilizzarla il piu` possibile, anche quando non necessario, sostituendola alla materna.
    Gia` oggi, alcune « superlingue » subdolamente imposte nella pratica ci colonizzano portando a una discriminazione di fatto tra i cittadini d’Europa e al parziale disinteresse per la propria cultura.
    Non dimentichiamo che la lingua influenza anche il modo di pensare e quindi il modo di creare; ne deriva l’importanza che ha per la collettivita` la preservazione di tutte le lingue.
    La lingua, del resto, non ha valenze solo culturali e sociali, ma anche importanti risvolti economici.
    Siamo consci che il sistema multilinguistico adottato a Bruxelles e` costosissimo e paralizzante. Infatti per rendere possibile i dibattiti diretti si fa ricorso ad alcune cosiddette «lingue di lavoro», a scapito dei parlanti delle altre lingue.
    Quantunque l’Italia sia stata tra i fondatori dell’Unione europea, la sua lingua, per la legge dei numeri, data la sua scarsa presenza nel piano globale indipendentemente dalle sue qualita`, rischia l’emarginazione. E noi italiani, con essa.
    Basta dare un’occhiata alla modulistica che arriva da Bruxelles o vedere in quali lingue possono essere presentate le richieste di brevetti o di finanziamenti europei. In particolare nei brevetti ricordiamo che e` la sfumatura della parola che lo rende rivendicabile oppure no.
    C’e` poi l’ipocrisia della Commissione europea che con firma del Capo Unita` – Politica delle lingue – scrive che « si e` scelto di non puntare su un’unica lingua comune, ma di promuovere il multilinguismo con l’apprendimento di almeno due delle lingue dei vicini oltre alla propria lingua materna ». In questo modo si nega a parole cio` che viene fatto in pratica, altrimenti come potro` mai io, italiano che ho imparato le lingue dei miei vicinifrancese, tedesco, sloveno e albanese a colloquiare con uno spagnolo o con un inglese e dichiararmi cittadino appartenente alla stessa comunita`?
    Dunque si lascia fare alla tendenza attuale, piu` o meno guidata di privilegiare l’uso di alcune lingue, sostenendo tale scelta con l’effettivo uso che di queste lingue si fa nei rapporti internazionali.
    E` innegabile che tale pratica di ufficializzazione camuffata come semplice lingua di lavoro, mantiene comunque l’effetto distruttivo sulle altre lingue europee ridotte al ruolo di dialetti.
    E non si puo` non considerare l’immeritato vantaggio concesso a milioni di cittadini i quali ricevendo uno status di privilegio per nascita umilierebbero ogni altro popolo e porrebbero sin dalla nascita gli altri cittadini in stato di vassallaggio.
    Qualcuno dice che la lingua non si puo` imporre e che i popoli hanno gia` scelto una lingua nazionale per l’uso internazionale. Ma vogliamo scherzare? La necessita` non e` mai scelta, e agli italiani non e` stata data la possibilita` di scelta perche´ non e` stata data la conoscenza, su cui basare tale scelta.
    Una lingua nazionale e` connaturata con il carattere, la storia e le tradizioni di un popolo. Essa tende con il medesimo ad evolversi in forma autonoma e quindi a trasformarsi; risulta pertanto impensabile condizionarne l’evoluzione per assicurare quella regolarita` guidata nel tempo e nello spazio, che e` essenziale per essere effettivamente internazionale.
    Occorre domandarsi se questa e` l’unica strada possibile o se ci sono altre soluzioni, forse migliori.
    C’e` chi propone l’adozione, per la funzione di lingua ausiliaria internazionale, di una lingua classica « morta », ma come e` possibile adattarla, alle esigenze espressive moderne senza snaturarne la struttura?
    Allora dobbiamo rassegnarci?
    Mentre e` vero che non ci si puo` rassegnare a un ingiusto ruolo di inferiorita` e che non possiamo impegnarci in un perdente confronto di forze, possiamo, pero`, prendere in considerazione e appoggiare un’alternativa semplice, non impositiva, gradualmente introducibile, consistente nell’ufficializzare l’equiparazio
    ne alle attuali lingue di lavoro di una vera lingua transnazionale, non etnica, economica e moderna, alla portata di tutti, che svolga una funzione riequilibratrice sulle lingue cosiddette « forti », restituendo alle lingue oggi diventate di serie B o C la pari dignita` cui hanno pieno diritto.
    Cos` si puo` difendere con successo, senza levate di scudi, la lingua italiana, oltre al multilinguismo solo sbandierato dell’Unione europea.
    Riteniamo che solo in questo modo indiretto si possa difendere il patrimonio di lingua e di pensiero dei nostri padri: informando e introducendo da subito, dopo avere diffuso le informazioni necessarie, l’insegnamento libero di una lingua internazionale neutrale, senza contrapposizioni alla situazione presente.
    La funzione riequilibratrice si avviera` autonomamente quando i cittadini saranno in grado di rendersi conto che la definizione di « lingua internazionale » e` oggi data erroneamente a delle lingue etniche nazionali impiegate in campo sopranazionale.
    Infatti se il principio del plurilinguismo e` garanzia della salvaguardia delle diversita` culturali, affinche´ sia concreto, ha bisogno di appoggiarsi su una lingua comune basata sulla reciprocita`.
    Se i cittadini sapranno che e` possibile e piu` facile usare una vera lingua internazionale nei rapporti con l’estero, sceglieranno di studiare oltre a questa le lingue locali di personale interesse.
    Cio` permetterebbe di soddisfare anche la necessita` di coagulare individui e popoli a tutto campo, per farli sentire effettivamente partecipi a pari titolo della pacifica comunita` che si cerca di creare, senza intaccare minimamente l’apprezzamento individuale e il rispetto che ognuno deve a se stesso e agli altri.
    Ovviamente la lingua internazionale deve essere, oltre che neutrale, anche razionale, cioe` moderna, con difficolta` di apprendimento ridotte perche´ priva delle specificita` di ogni lingua etnica.
    Assenza di specificita` che faciliterebbe l’apprendimento anche da parte di un pubblico di non alta scolarizzazione. Una lingua le cui caratteristiche si adattino al meglio ai moderni mezzi multimediali di studio, permettendo così la sua rapida diffusione e che, principalmente, non sia distruttiva (glottofagica) del patrimonio linguistico esistente.
    Una tale lingua, collaudata da piu` di cent’anni di uso in tutto il mondo, l’abbiamo individuata nella lingua pianificata chiamata esperanto. L’esperanto e` una lingua ausiliare non colonizzante perche´, richiedendo un modesto tempo di apprendimento, non stimola quell’inconscia necessita` di essere usata quando non serve, cioe` fuori dai rapporti internazionali.
    L’esperanto e` l’unico idioma, tra le centinaia di progetti e tentativi di lingua internazionale, che sia diventato lingua viva, parlata da persone viventi in tutti i continenti, il che ha contribuito a creare anche una sua letteratura autonoma.
    L’esperanto e` l’unico progetto che abbia superato le difficolta` determinate da due guerre e da periodi di regimi nazionalistici, che hanno cercato di soffocarlo.
    Claude Piron ha scritto: « La comunicazione e` una cosa complessa. Qualche lingua, come l’esperanto (e un po’ anche l’inglese), e` facile all’inizio, ma per comunicare cose complesse occorre affrontare molte difficolta` nel seguito dello studio.
    Il vantaggio dell’esperanto risiede principalmente nel fatto che rispetta il discente maggiormente di qualsiasi altra lingua, perche´ anziche´ riempirlo di difficolta`, umiliandolo, l’esperanto si adatta all’istinto naturale dell’uomo che generalizza le regole e le strutture grammaticali. In questo modo, dopo il periodo iniziale si entra in confidenza con la lingua sentendosi ben presto a proprio agio.
    Cio` deriva dal fatto che la lingua internazionale richiede per se stessa una capacita` di dedurre piu` che una capacita` di memorizzare Cioe` si affida piu` sull’intelligenza dell’individuo che sulla sua memoria ».
    L’esperanto e` una lingua scritta con l’alfabeto latino, con struttura flessivo-agglutinante, a fonetica univoca, con sole sedici regole grammaticali fondamentali, prive di eccezioni. Il lessico e` formato da radici scelte tra quelle ricorrenti con maggiore frequenza nelle lingue classiche e moderne, delle quali costituisce cos` una felice sintesi.
    L’uso di prefissi e di suffissi, con significato determinante e costante, consente la facile formazione di un’ampia gamma di parole derivate, atte a esprimere ogni sfumatura del pensiero, con perfetta adesione al concetto da manifestare, con sforzo mnemonico ridotto.
    Una dichiarazione di 27 membri dell’Accademia francese delle scienze defin` l’esperanto un capolavoro di logica e di semplicita`; queste caratteristiche, oltre alla neutralita`, sono infatti essenziali affinche´ una lingua possa dirsi atta al ruolo di lingua transnazionale.
    L’esperanto si puo` efficacemente imparare tramite i computer, oltre a essere facilmente accessibile per la sua struttura ai popoli di qualsiasi gruppo linguistico e agli individui di ogni grado culturale.
    E` importante notare che esso manifesta una notevole efficacia propedeutica per l’apprendimento di altre discipline e, particolarmente, delle lingue straniere, per via della sua struttura grammaticale e della sua logicita`.
    Non e` poi da trascurare l’apporto alla formazione di una coscienza individuale piu` aperta ai problemi della convivenza umana.
    Nonostante le riserve, i pregiudizi, la disattenzione e, peggio, la disinformazione non sempre serena, che ne frenano l’espansione, l’esperanto puo` gia` contare su innumerevoli gruppi e centri didattici sparsi in ogni parte del pianeta, su una fiorente produzione letteraria e scientifica (40 mila titoli solo alla Biblioteca nazionale britannica e, per l’Italia, oltre 6.000 titoli presso l’Archivio di Stato, nel Castello Malaspina di Massa Carrara). In diverse universita`, come quella di Paderborn in Germania e di Budapest in Ungheria, o quella di Torino, o come l’Accademia internazionale delle scienze, con sede a San Marino, l’esperantologia e` materia curricolare e la lingua e` impiegata per lezioni, esami, tesi di laurea e documentazione d’archivio e di segreteria.
    L’uso dell’esperanto in compact disk, opuscoli turistici, cataloghi e prospetti commerciali, in INTERNET e in radio e` in continuo aumento.
    Cio` nonostante c’e` chi afferma che l’esperanto « non ha cultura ». Ma perche´ una lingua che si pone come ponte tra le culture dei vari popoli deve obbligatoriamente averne una propria? Non sarebbe sufficiente che possa recepire ed esprimere tutte le sfumature del nostro pensiero?
    L’Assemblea generale dell’UNESCO ha riconosciuto piu` volte il fattivo ruolo svolto dall’esperanto negli scambi culturali tra le nazioni, attribuendo all’Associazione mondiale per l’esperanto (UEA) lo statuto consultivo. L’UEA si articola in associazioni nazionali aderenti e dispone di una rete di oltre 3.500 delegati presenti in ogni parte del mondo.
    Valutando queste considerazioni, richiediamo di istituire l’insegnamento dell’esperanto e il suo utilizzo in parallelo alle attuali lingue di lavoro usate nella segnaletica stradale e turistica e nei documenti internazionali, quali passaporti, patenti, eccetera, perche´ solo indirettamente, con questo mezzo, possiamo costituire un baluardo naturale per la sopravvivenza e la difesa della parita` linguistica e culturale di tutti a cominciare da quella italiana, riscattandola cos` dall’attuale cieco servilismo.
    Nella costituzione dell’UNESCO e` scritto che « le guerre cominciano nella mente degli uomini e che percio` proprio nella mente si devono cominciare a costruire le difese » pertanto consci che la lingua puo` essere un elemento di efficace, sostanziale coesione che sollecita e agevola l’integrazione europea e mondiale, ma che non deve essere causa della distruzione della biodiversita` linguistica esistente e dell’italiano in primo luogo, pensiamo che la diffusione di una lingua transnazionale e neutrale vada proprio in tale senso
    . Pertanto si chiede l’approvazione della presente proposta di legge.
    Con essa, come e` evidente dal testo proposto e dalla presente relazione, l’insegnamento e l’uso dell’esperanto non vengono a sostituire quelli delle lingue straniere, ma si affiancano agli insegnamenti linguistici gia` ammessi nella scuola, come gia` avviene ad esempio in Ungheria sin dal 1995.
    Con l’articolo 1 della proposta di legge, che ricalca altri progetti di legge mai arrivati all’esame del Parlamento per la scadenza anticipata delle legislature del passato, si introduce l’insegnamento elettivo della lingua internazionale esperanto nella scuola. Con cio` si intende contribuire ad allargare il processo educativo dei giovani verso una coscienza internazionale, favorita dalla possibilita` pratica e immediata di relazioni non limitate in una sola direzione, al fine di alimentare la formazione culturale dei ragazzi in uno spirito democratico di apertura sociale e di disponibilita` responsabile verso tutti i popoli e la loro cultura.
    Si ritiene che l’insegnamento facoltativo dell’esperanto debba essere possibile anche nella scuola dell’obbligo, tenendo conto dell’efficacia propedeutica della lingua che si manifesta in modo particolare in quella fascia di eta` (vedi relazione della Commissione presieduta dall’onorevole Giuseppe Matulli, aprile-dicembre 1993).
    La proposta di legge delega al Ministro dell’istruzione, dell’universita` e della ricerca i provvedimenti relativi ai programmi e agli orari dei corsi, nonche´ alla costituzione delle cattedre e degli incarichi per l’insegnamento della lingua esperanto.
    Con l’articolo 2 si stabilisce che il Ministro si fa carico della informazione e della sensibilizzazione degli studenti sulle motivazioni della scelta della lingua internazionale e stabilisce l’introduzione del suo insegnamento, con la relativa letteratura, nella scuola dell’obbligo, applicando le stesse disposizioni valide per l’insegnamento delle lingue straniere.
    Allo scopo, peraltro, di assicurare comunque l’apprendimento di una lingua straniera, la lingua esperanto trova posto in quei casi nei quali il piano di studi prevede due lingue straniere.
    Con l’articolo 3 si prevede che il Ministro dell’istruzione, dell’universita` e della ricerca proceda alla modificazione e all’integrazione dei provvedimenti gia` previsti dalla legge 6 dicembre 1971, n. 1074, al fine di precisare i titoli validi per la partecipazione ai concorsi per l’assegnazione delle cattedre.
    In attesa della istituzione dei corsi universitari dell’insegnamento di cui si tratta, e` stata prevista una norma transitoria, con la quale il possesso di una laurea integrata dal diploma di magistero rilasciato dall’Istituto italiano di esperanto garantisce la preparazione didattico-culturale necessaria per insegnare.


    PROPOSTA DI LEGGE

    ART. 1.
    1. Tra gli insegnamenti elettivi di lingua straniera nella scuola statale dell’obbligo, e` introdotto l’insegnamento della lingua internazionale esperanto.
    2. L’insegnamento di cui al comma 1 e` istituito secondo un programma e orari stabiliti con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’universita` e della ricerca, di seguito denominato « Ministro », con le modalita` previste dalla legislazione vigente per le lingue straniere.
    3. Con decreto del Ministro sono altres` stabilite le modalita` per la costituzione di cattedre e di incarichi di insegnamento della lingua internazionale esperanto.

    ART. 2.
    1. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 1, comma 1, il Ministro puo` istituire, con proprio decreto, l’insegnamento della lingua e della letteratura esperanto, in conformita` alle disposizioni vigenti per gli insegnamenti e i programmi di lingue e di letterature straniere, nelle scuole e negli istituti il cui piano di studi comprende l’insegnamento di almeno due lingue straniere.
    2. Il Ministro provvede a fornire adeguata informazione e sensibilizzazione sulle motivazioni della scelta della lingua internazionale esperanto.

    ART. 3.
    1. Con decreto del Ministro, ai sensi dell’articolo 40 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sono stabiliti i titoli validi per l’ammissione ai corsi di abilitazione di lingua e letteratura esperanto e le relative classi di concorso.
    2. Fino a quando non siano istituiti i corsi universitari di lingua e letteratura esperanto, possono essere ammessi ai corsi di abilitazione candidati in possesso del diploma di laurea e del diploma di magistero, rilasciato dall’Istituto italiano di esperanto, oppure in possesso di diplomi universitari stranieri riconosciuti equipollenti alla laurea italiana in lingua e letteratura esperanto.

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  • XIV LEGISLATURA – Scheda lavori preparatoriAtto parlamentare: 5714(Fase iter Camera: 1^ lettura) EMERENZIO BARBIERI ed altri: “Disposizioni in materia di accesso allo studio e all'uso della lingua internazionale esperanto” (5714)Parte I: Documenti

    Stampati Note Scheda lavori preparatori
    C. 5714 Iniziativa parlamentare; presentato il 10 marzo 2005


    Assegnato l'11 aprile 2005 in sede Referente alla commissione VII CulturaParere delle Commissioni I e V
    Atti Parlamentari 1 Camera dei Deputati
    XIV LEGISLATURA — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI — DOCUMENTI
    CAMERA DEI DEPUTATI N. 5714

    PROPOSTA DI LEGGE
    D’INIZIATIVA DEI DEPUTATI
    EMERENZIO BARBIERI, RANIELI, MEREU

    Disposizioni in materia di accesso allo studio e all’uso della lingua internazionale esperanto
    Presentata il 10 marzo 2005

    ONOREVOLI COLLEGHI ! — Oggi, nel contesto di europeizzazione in cui stiamo vivendo, il problema linguistico si fa sempre piu` sentire.
    Da un po’ di tempo si accendono e si susseguono dibattiti sul problema delle lingue di lavoro negli organismi comunitari e, quantunque sembri che questo sia un problema esclusivo di Bruxelles, esso, al contrario, ci riguarda direttamente.
    In quei palazzi si va delineando un’Europa in cui la lingua di lavoro e` quella di una nazione o di un gruppo di nazioni, lingue che vanno apprezzate per i loro valori storici e culturali ma che non dobbiamo e non possiamo accettare come superlingue, non avendo esse qualita` e meriti culturali o espressivi superiori alle altre.
    La lingua costituisce un completamento necessario della personalita` degli individui e dei popoli ed e` determinante per farli sentire effettivamente partecipi di una comunita` (vedi curdi, israeliani, rom e altri).
    Rispettare la lingua significa rispettare i suoi parlanti, come e` sancito dai trattati. Sappiamo che la conoscenza di una lingua da` maggiore potere a chi la padroneggia meglio, ma dobbiamo evidenziare che l’apprendimento scolastico non mette mai il discente alla pari – per fluidita` di linguaggio e capacita` espressiva – con chi quella lingua l’ha appresa dalla nascita.
    Alcune persone sono particolarmente dotate per l’apprendimento delle lingue, ma per la stragrande maggioranza per arrivare a conoscere una lingua etnica alla stregua dei nativi, portandosi sullo stesso piano di competitivita`, e` necessario impegnare una buona fetta di quel capitale limitato che e` la vita.
    Tale lingua diventa quindi distruttiva, poiche´ per recuperare il capitale di tempo e di denaro investito si tende inconsciamente a utilizzarla il piu` possibile, anche quando non necessario, sostituendola alla materna.
    Gia` oggi, alcune « superlingue » subdolamente imposte nella pratica ci colonizzano portando a una discriminazione di fatto tra i cittadini d’Europa e al parziale disinteresse per la propria cultura.
    Non dimentichiamo che la lingua influenza anche il modo di pensare e quindi il modo di creare; ne deriva l’importanza che ha per la collettivita` la preservazione di tutte le lingue.
    La lingua, del resto, non ha valenze solo culturali e sociali, ma anche importanti risvolti economici.
    Siamo consci che il sistema multilinguistico adottato a Bruxelles e` costosissimo e paralizzante. Infatti per rendere possibile i dibattiti diretti si fa ricorso ad alcune cosiddette «lingue di lavoro», a scapito dei parlanti delle altre lingue.
    Quantunque l’Italia sia stata tra i fondatori dell’Unione europea, la sua lingua, per la legge dei numeri, data la sua scarsa presenza nel piano globale indipendentemente dalle sue qualita`, rischia l’emarginazione. E noi italiani, con essa.
    Basta dare un’occhiata alla modulistica che arriva da Bruxelles o vedere in quali lingue possono essere presentate le richieste di brevetti o di finanziamenti europei. In particolare nei brevetti ricordiamo che e` la sfumatura della parola che lo rende rivendicabile oppure no.
    C’e` poi l’ipocrisia della Commissione europea che con firma del Capo Unita` – Politica delle lingue – scrive che « si e` scelto di non puntare su un’unica lingua comune, ma di promuovere il multilinguismo con l’apprendimento di almeno due delle lingue dei vicini oltre alla propria lingua materna ». In questo modo si nega a parole cio` che viene fatto in pratica, altrimenti come potro` mai io, italiano che ho imparato le lingue dei miei vicinifrancese, tedesco, sloveno e albanese a colloquiare con uno spagnolo o con un inglese e dichiararmi cittadino appartenente alla stessa comunita`?
    Dunque si lascia fare alla tendenza attuale, piu` o meno guidata di privilegiare l’uso di alcune lingue, sostenendo tale scelta con l’effettivo uso che di queste lingue si fa nei rapporti internazionali.
    E` innegabile che tale pratica di ufficializzazione camuffata come semplice lingua di lavoro, mantiene comunque l’effetto distruttivo sulle altre lingue europee ridotte al ruolo di dialetti.
    E non si puo` non considerare l’immeritato vantaggio concesso a milioni di cittadini i quali ricevendo uno status di privilegio per nascita umilierebbero ogni altro popolo e porrebbero sin dalla nascita gli altri cittadini in stato di vassallaggio.
    Qualcuno dice che la lingua non si puo` imporre e che i popoli hanno gia` scelto una lingua nazionale per l’uso internazionale. Ma vogliamo scherzare? La necessita` non e` mai scelta, e agli italiani non e` stata data la possibilita` di scelta perche´ non e` stata data la conoscenza, su cui basare tale scelta.
    Una lingua nazionale e` connaturata con il carattere, la storia e le tradizioni di un popolo. Essa tende con il medesimo ad evolversi in forma autonoma e quindi a trasformarsi; risulta pertanto impensabile condizionarne l’evoluzione per assicurare quella regolarita` guidata nel tempo e nello spazio, che e` essenziale per essere effettivamente internazionale.
    Occorre domandarsi se questa e` l’unica strada possibile o se ci sono altre soluzioni, forse migliori.
    C’e` chi propone l’adozione, per la funzione di lingua ausiliaria internazionale, di una lingua classica « morta », ma come e` possibile adattarla, alle esigenze espressive moderne senza snaturarne la struttura?
    Allora dobbiamo rassegnarci?
    Mentre e` vero che non ci si puo` rassegnare a un ingiusto ruolo di inferiorita` e che non possiamo impegnarci in un perdente confronto di forze, possiamo, pero`, prendere in considerazione e appoggiare un’alternativa semplice, non impositiva, gradualmente introducibile, consistente nell’ufficializzare l’equiparazio
    ne alle attuali lingue di lavoro di una vera lingua transnazionale, non etnica, economica e moderna, alla portata di tutti, che svolga una funzione riequilibratrice sulle lingue cosiddette « forti », restituendo alle lingue oggi diventate di serie B o C la pari dignita` cui hanno pieno diritto.
    Cos` si puo` difendere con successo, senza levate di scudi, la lingua italiana, oltre al multilinguismo solo sbandierato dell’Unione europea.
    Riteniamo che solo in questo modo indiretto si possa difendere il patrimonio di lingua e di pensiero dei nostri padri: informando e introducendo da subito, dopo avere diffuso le informazioni necessarie, l’insegnamento libero di una lingua internazionale neutrale, senza contrapposizioni alla situazione presente.
    La funzione riequilibratrice si avviera` autonomamente quando i cittadini saranno in grado di rendersi conto che la definizione di « lingua internazionale » e` oggi data erroneamente a delle lingue etniche nazionali impiegate in campo sopranazionale.
    Infatti se il principio del plurilinguismo e` garanzia della salvaguardia delle diversita` culturali, affinche´ sia concreto, ha bisogno di appoggiarsi su una lingua comune basata sulla reciprocita`.
    Se i cittadini sapranno che e` possibile e piu` facile usare una vera lingua internazionale nei rapporti con l’estero, sceglieranno di studiare oltre a questa le lingue locali di personale interesse.
    Cio` permetterebbe di soddisfare anche la necessita` di coagulare individui e popoli a tutto campo, per farli sentire effettivamente partecipi a pari titolo della pacifica comunita` che si cerca di creare, senza intaccare minimamente l’apprezzamento individuale e il rispetto che ognuno deve a se stesso e agli altri.
    Ovviamente la lingua internazionale deve essere, oltre che neutrale, anche razionale, cioe` moderna, con difficolta` di apprendimento ridotte perche´ priva delle specificita` di ogni lingua etnica.
    Assenza di specificita` che faciliterebbe l’apprendimento anche da parte di un pubblico di non alta scolarizzazione. Una lingua le cui caratteristiche si adattino al meglio ai moderni mezzi multimediali di studio, permettendo così la sua rapida diffusione e che, principalmente, non sia distruttiva (glottofagica) del patrimonio linguistico esistente.
    Una tale lingua, collaudata da piu` di cent’anni di uso in tutto il mondo, l’abbiamo individuata nella lingua pianificata chiamata esperanto. L’esperanto e` una lingua ausiliare non colonizzante perche´, richiedendo un modesto tempo di apprendimento, non stimola quell’inconscia necessita` di essere usata quando non serve, cioe` fuori dai rapporti internazionali.
    L’esperanto e` l’unico idioma, tra le centinaia di progetti e tentativi di lingua internazionale, che sia diventato lingua viva, parlata da persone viventi in tutti i continenti, il che ha contribuito a creare anche una sua letteratura autonoma.
    L’esperanto e` l’unico progetto che abbia superato le difficolta` determinate da due guerre e da periodi di regimi nazionalistici, che hanno cercato di soffocarlo.
    Claude Piron ha scritto: « La comunicazione e` una cosa complessa. Qualche lingua, come l’esperanto (e un po’ anche l’inglese), e` facile all’inizio, ma per comunicare cose complesse occorre affrontare molte difficolta` nel seguito dello studio.
    Il vantaggio dell’esperanto risiede principalmente nel fatto che rispetta il discente maggiormente di qualsiasi altra lingua, perche´ anziche´ riempirlo di difficolta`, umiliandolo, l’esperanto si adatta all’istinto naturale dell’uomo che generalizza le regole e le strutture grammaticali. In questo modo, dopo il periodo iniziale si entra in confidenza con la lingua sentendosi ben presto a proprio agio.
    Cio` deriva dal fatto che la lingua internazionale richiede per se stessa una capacita` di dedurre piu` che una capacita` di memorizzare Cioe` si affida piu` sull’intelligenza dell’individuo che sulla sua memoria ».
    L’esperanto e` una lingua scritta con l’alfabeto latino, con struttura flessivo-agglutinante, a fonetica univoca, con sole sedici regole grammaticali fondamentali, prive di eccezioni. Il lessico e` formato da radici scelte tra quelle ricorrenti con maggiore frequenza nelle lingue classiche e moderne, delle quali costituisce cos` una felice sintesi.
    L’uso di prefissi e di suffissi, con significato determinante e costante, consente la facile formazione di un’ampia gamma di parole derivate, atte a esprimere ogni sfumatura del pensiero, con perfetta adesione al concetto da manifestare, con sforzo mnemonico ridotto.
    Una dichiarazione di 27 membri dell’Accademia francese delle scienze defin` l’esperanto un capolavoro di logica e di semplicita`; queste caratteristiche, oltre alla neutralita`, sono infatti essenziali affinche´ una lingua possa dirsi atta al ruolo di lingua transnazionale.
    L’esperanto si puo` efficacemente imparare tramite i computer, oltre a essere facilmente accessibile per la sua struttura ai popoli di qualsiasi gruppo linguistico e agli individui di ogni grado culturale.
    E` importante notare che esso manifesta una notevole efficacia propedeutica per l’apprendimento di altre discipline e, particolarmente, delle lingue straniere, per via della sua struttura grammaticale e della sua logicita`.
    Non e` poi da trascurare l’apporto alla formazione di una coscienza individuale piu` aperta ai problemi della convivenza umana.
    Nonostante le riserve, i pregiudizi, la disattenzione e, peggio, la disinformazione non sempre serena, che ne frenano l’espansione, l’esperanto puo` gia` contare su innumerevoli gruppi e centri didattici sparsi in ogni parte del pianeta, su una fiorente produzione letteraria e scientifica (40 mila titoli solo alla Biblioteca nazionale britannica e, per l’Italia, oltre 6.000 titoli presso l’Archivio di Stato, nel Castello Malaspina di Massa Carrara). In diverse universita`, come quella di Paderborn in Germania e di Budapest in Ungheria, o quella di Torino, o come l’Accademia internazionale delle scienze, con sede a San Marino, l’esperantologia e` materia curricolare e la lingua e` impiegata per lezioni, esami, tesi di laurea e documentazione d’archivio e di segreteria.
    L’uso dell’esperanto in compact disk, opuscoli turistici, cataloghi e prospetti commerciali, in INTERNET e in radio e` in continuo aumento.
    Cio` nonostante c’e` chi afferma che l’esperanto « non ha cultura ». Ma perche´ una lingua che si pone come ponte tra le culture dei vari popoli deve obbligatoriamente averne una propria? Non sarebbe sufficiente che possa recepire ed esprimere tutte le sfumature del nostro pensiero?
    L’Assemblea generale dell’UNESCO ha riconosciuto piu` volte il fattivo ruolo svolto dall’esperanto negli scambi culturali tra le nazioni, attribuendo all’Associazione mondiale per l’esperanto (UEA) lo statuto consultivo. L’UEA si articola in associazioni nazionali aderenti e dispone di una rete di oltre 3.500 delegati presenti in ogni parte del mondo.
    Valutando queste considerazioni, richiediamo di istituire l’insegnamento dell’esperanto e il suo utilizzo in parallelo alle attuali lingue di lavoro usate nella segnaletica stradale e turistica e nei documenti internazionali, quali passaporti, patenti, eccetera, perche´ solo indirettamente, con questo mezzo, possiamo costituire un baluardo naturale per la sopravvivenza e la difesa della parita` linguistica e culturale di tutti a cominciare da quella italiana, riscattandola cos` dall’attuale cieco servilismo.
    Nella costituzione dell’UNESCO e` scritto che « le guerre cominciano nella mente degli uomini e che percio` proprio nella mente si devono cominciare a costruire le difese » pertanto consci che la lingua puo` essere un elemento di efficace, sostanziale coesione che sollecita e agevola l’integrazione europea e mondiale, ma che non deve essere causa della distruzione della biodiversita` linguistica esistente e dell’italiano in primo luogo, pensiamo che la diffusione di una lingua transnazionale e neutrale vada proprio in tale senso
    . Pertanto si chiede l’approvazione della presente proposta di legge.
    Con essa, come e` evidente dal testo proposto e dalla presente relazione, l’insegnamento e l’uso dell’esperanto non vengono a sostituire quelli delle lingue straniere, ma si affiancano agli insegnamenti linguistici gia` ammessi nella scuola, come gia` avviene ad esempio in Ungheria sin dal 1995.
    Con l’articolo 1 della proposta di legge, che ricalca altri progetti di legge mai arrivati all’esame del Parlamento per la scadenza anticipata delle legislature del passato, si introduce l’insegnamento elettivo della lingua internazionale esperanto nella scuola. Con cio` si intende contribuire ad allargare il processo educativo dei giovani verso una coscienza internazionale, favorita dalla possibilita` pratica e immediata di relazioni non limitate in una sola direzione, al fine di alimentare la formazione culturale dei ragazzi in uno spirito democratico di apertura sociale e di disponibilita` responsabile verso tutti i popoli e la loro cultura.
    Si ritiene che l’insegnamento facoltativo dell’esperanto debba essere possibile anche nella scuola dell’obbligo, tenendo conto dell’efficacia propedeutica della lingua che si manifesta in modo particolare in quella fascia di eta` (vedi relazione della Commissione presieduta dall’onorevole Giuseppe Matulli, aprile-dicembre 1993).
    La proposta di legge delega al Ministro dell’istruzione, dell’universita` e della ricerca i provvedimenti relativi ai programmi e agli orari dei corsi, nonche´ alla costituzione delle cattedre e degli incarichi per l’insegnamento della lingua esperanto.
    Con l’articolo 2 si stabilisce che il Ministro si fa carico della informazione e della sensibilizzazione degli studenti sulle motivazioni della scelta della lingua internazionale e stabilisce l’introduzione del suo insegnamento, con la relativa letteratura, nella scuola dell’obbligo, applicando le stesse disposizioni valide per l’insegnamento delle lingue straniere.
    Allo scopo, peraltro, di assicurare comunque l’apprendimento di una lingua straniera, la lingua esperanto trova posto in quei casi nei quali il piano di studi prevede due lingue straniere.
    Con l’articolo 3 si prevede che il Ministro dell’istruzione, dell’universita` e della ricerca proceda alla modificazione e all’integrazione dei provvedimenti gia` previsti dalla legge 6 dicembre 1971, n. 1074, al fine di precisare i titoli validi per la partecipazione ai concorsi per l’assegnazione delle cattedre.
    In attesa della istituzione dei corsi universitari dell’insegnamento di cui si tratta, e` stata prevista una norma transitoria, con la quale il possesso di una laurea integrata dal diploma di magistero rilasciato dall’Istituto italiano di esperanto garantisce la preparazione didattico-culturale necessaria per insegnare.


    PROPOSTA DI LEGGE

    ART. 1.
    1. Tra gli insegnamenti elettivi di lingua straniera nella scuola statale dell’obbligo, e` introdotto l’insegnamento della lingua internazionale esperanto.
    2. L’insegnamento di cui al comma 1 e` istituito secondo un programma e orari stabiliti con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’universita` e della ricerca, di seguito denominato « Ministro », con le modalita` previste dalla legislazione vigente per le lingue straniere.
    3. Con decreto del Ministro sono altres` stabilite le modalita` per la costituzione di cattedre e di incarichi di insegnamento della lingua internazionale esperanto.

    ART. 2.
    1. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 1, comma 1, il Ministro puo` istituire, con proprio decreto, l’insegnamento della lingua e della letteratura esperanto, in conformita` alle disposizioni vigenti per gli insegnamenti e i programmi di lingue e di letterature straniere, nelle scuole e negli istituti il cui piano di studi comprende l’insegnamento di almeno due lingue straniere.
    2. Il Ministro provvede a fornire adeguata informazione e sensibilizzazione sulle motivazioni della scelta della lingua internazionale esperanto.

    ART. 3.
    1. Con decreto del Ministro, ai sensi dell’articolo 40 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sono stabiliti i titoli validi per l’ammissione ai corsi di abilitazione di lingua e letteratura esperanto e le relative classi di concorso.
    2. Fino a quando non siano istituiti i corsi universitari di lingua e letteratura esperanto, possono essere ammessi ai corsi di abilitazione candidati in possesso del diploma di laurea e del diploma di magistero, rilasciato dall’Istituto italiano di esperanto, oppure in possesso di diplomi universitari stranieri riconosciuti equipollenti alla laurea italiana in lingua e letteratura esperanto.

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