Ora l'Europa ha dei buoni ministri Meno avida e meno fiscale, dai tempi di Prodi la musica è cambiata È difficile entusiasmarsi per questioni di nomine e poltrone. Come insegna la bella inchiesta di Libero su “Stipendiopoli”, si può essere esponenti politici, o si puo essere persone oneste. L'una cosa e l'altra vanno raramente insieme. Si aggiunga il fatto che ruberie e corruzione sono, da tanti di punti di vista, l'inevitabile conseguenza dei meccanismi democratici: la formazione di clientele, che vendono voti in cambio del drenaggio a loro favore di spesa pubblica, è una costante in ogni socialdemocrazia. Però, ogni tanto è lecito spezzare una lancia a favore del nuovo, regalarsi un secondo di ottimismo. Per esempio nel caso della nuova Commissione europea. Se ne è parlato male, specie da noi, per almeno due ragioni, comprensibilissime. Per prima cosa, il peso del nostro Paese è abbondantemente ridimensionato, rispetto alla Commissione precedente. Non c'è più Prodi, quindi dobbiamo disabituarci all'idea che un nostro connazionale (amato o odiato, apprezzato o criticato, ma comunque un signore che parla italiano) sia presidente dell'Ue. E non c’è più nemmeno Mario Monti, cui è stata sottratta con fare furtivo una poltrona apparentemente intoccabile. Monti, piacesse o meno, aveva il prestigio, la reputazione e la statura del grande tecnico. Rocco Buttiglione è agli occhi di tutti ormai un politico di lungo corso, a dispetto della cattedra, e pertanto non vanta quell'alone di cordialità bipartisan che avvolgeva il Commissario uscente. In secondo luogo, l'ingresso dei nuovi Stati membri ha avuto un effetto destabilizzante. Intendiamoci, l'asse franco-tedesco è intatto, l'ingresso in società della “new Europe” è ben poca cosa rispetto all'architrave della politica agricola comune, del sistema dei sussidi, e della politica estera, materie sulle quali gli interessi di Schroeder e Chirac sono perfettamente sintonizzati. Però qualcosa è cambiato. Non si può allargare una compagine pensando che il bilanciamento dei poteri resti quello che era. Ruoli formali e competenze reali devono convergere, se non altro per la buona tenuta di un'organizzazione. Dice bene il Presidente del PPE, Wilfried Martens, quando sottolinea che le scelte di Barroso tengono conto della (nuova) composizione geografica dell'Unione. I Paesi dell'Est hanno avuto voce in capitolo sulle nomine, il Presidente si è fatto scudo della sua buona fede e ha preso l'allargamento sul serio. Nella Commissione ci sono, oggi, voci impensabili in epoca Prodi. L'olandese Neelie Kroes, issata sulla seggiola che fu di Monti, ha un curriculum di tutto rispetto, dal quale non traspare alcuna antipatia per il libero mercato, ed una visione più rilassata e meno dogmatica della concorrenza. La Kroes, che nel suo Paese ha sostenuto le privatizzazioni (a cominciare da quella delle poste, avvenuta quando era ministro dei trasporti), faceva parte del consiglio di amministrazione della Volvo. Ora, la cosa è particolarmente interessante perché Monti bocciò la fusione di Volvo e Scania. C'è da sperare, quindi, che la Kroes abbia un atteggiamento più tollerante verso fusioni ed acquisizioni: nella consapevolezza che se, da una parte, è assai difficile prevederne l'impatto con realismo, dall'altra l'allargamento della quota di mercato di un'impresa non è un crimine contro la concorrenza, se non ci sono barriere all'entrata di nuovi competitori. Il commissario al mercato interno è oggi l'irlandese Charlie McCreevy, già ministro delle finanze in una stagione in cui il suo Paese ha sperimentato una crescita imprevista (l'8% di media negli scorsi sette anni), come cristallina conseguenza di una vigorosa potatura delle imposte – fra cui spicca una tassazione sulle imprese di appena il 12,5%. Quando francesi e tedeschi portarono sul banco degli imputati quella politica fiscale, McCreevy rispose che non c'era nulla di scandaloso nello smussare i canini del fisco, e che anche quei Paesi avrebbero dovuto diminuire le tasse, mirando così ad attirare più capitali dall'estero. Un commissario al mercato interno che non crede nell'inevitabilità dell'armonizzazione, un'armonizzazione per giunta fatta di ritocchi verso l'alto, è una novità positiva. Specie se non è il solo: a occuparsi di tassazione sarà Ingrida Udre, lettone, proveniente cioè da un Paese che ha scelto di ridurre aggressivamente imposte e dazi, per attrarre nuovi capitali ed energie. E che, dettaglio non da poco, criticato per questo dal gigante tedesco (geloso dei quattrini in fuga dalla lenta e pesante corazzata teutonica), ha deciso nondimeno di perseverare nella propria eresia. Poi la politica è un gioco strano, e anche dagli ingredienti migliori può saltar fuori un pessimo cocktail. Ma se quello che ci sta a cuore, come cittadini europei, è un'Unione meno occhiuta, meno fiscale, meno avida, meno illiberale, meno assurda, il gusto della speranza, per un attimo, lo possiamo assaporare: la Commissione Barroso sembra partire col piede giusto. L'olandese Kroes, al posto di Monti ha un curricululm di tutto rispetto.