MULTICULTURALISMO A SCADENZA
di Anna Momigliano pubblicato mercoledì, 20 marzo 2013 · Aggiungi un commento
Questo pezzo è uscito su Studio.
Qualcuno avrà visto Il Destino del Nome, film ormai vecchiotto di Mira Nair (quella che ha vinto il Leone d’Oro per Monsoon Wedding e che ha inaugurato l’ultima mostra di Venezia con Il fondamentalista Riluttante). Che riassumerò, snaturandolo, come segue: ragazzo americano un po’ nerd e figlio di immigrati indiani va al college, si mette con una bionda di buona famiglia, poi però gli muore il padre e, durante il funerale, si rende conto che le differenze culturali sono troppe, ergo pianta la bionda e si sposa con un’indiana cicciottella che cucina bene però ha anche un dottorato alla Sorbona. Per un po’ le cose vanno bene.
È quello che io chiamo il “multiculturalismo con data di scadenza”. Ovvero il fenomeno (tipicamente americano? è una domanda) in base al quale esci con chi vuoi, ti porti a letto chi vuoi, ti fidanzi con chi vuoi, fin tanto che stai sotto i 25-30 anni, poi però ti sistemi con uno della tua tribù. Un modello comportamentale che meriterebbe di finire nei manuali di etologia collegiale al pari di tropi ormai consolidati come Bug o Lug (Bisexual Until Graduation, Lesbian Until Graduation): anzi, strano che nessuno finora abbia aggiunto a urban dictionary la voce “Color Blind Until Graduation”…
Può non piacere (e a me non piace), però l’incidenza delle coppie multiculturali-con-data-di-scadenza nei campus americani è un dato di fatto, che viene quasi dato per scontato. Ai miei tempi, quando frequentavo un ateneo liberal della costa orientale, non fece neppure troppo scandalo quando qualcuno sentenziò sul giornale universitario che gli studenti ebrei “passavano i primi tre anni a cercare trombamiche che i loro genitori avrebbero disapprovato e l’ultimo anno a cercare una moglie che i loro genitori avrebbero approvato”. Touché. Lo stesso, del resto, si sarebbe potuto dire di qualsiasi altro gruppo etnico-religioso: indiani, afro-americani, musulmani, e anche i buoni vecchi bianchi wasp.
Con una, notevole, eccezione: gli asiatici, o, meglio, le ragazze asiatiche. Americane di origine cinese, coreana, taiwanese, giapponese, ecc. Quelle, lo si sa che alla fine sposano un tipo bianco.
Messa così pare una cosa un tantino razzista da dirsi, eppure in America (in una certa America) l’equazione Asian-girl-marries-white-guy è un luogo comune talmente radicato che non solo è accettabile parlarne senza giri di parole (e pensare che siamo nella patria del politicamente corretto!), ma che addirittura si finisce per stupirsi quando lo stereotipo non viene confermato. E qui veniamo al punto.
Qualche tempo fa è uscito uno studio del Pew Research Center secondo cui i matrimoni inter-razziali sono in aumento negli Usa. In questo contesto di crescente multiculturalità, le donne asiatiche restano il gruppo maggiormente predisposto a sposare qualcuno con un diverso background etnico… però lo sono un pochino meno di prima. (Nota per i più puntigliosi: negli Usa, diversamente da quanto avviene in Gran Bretagna, il termine “Asian” viene utilizzato per indicare persone originarie del lontano oriente, indiani e pachistani invece sono “South Asian”)
A questo punto, il New York Times pubblica un articolo in cui si annuncia che sempre più Asian Americans preferiscono sposarsi tra di loro. La notizia – per una certa stampa: non solo il Nyt, ma anche il Wall Street Journal, come vedremo più avanti – non è che i matrimoni misti sono in aumento. Ma che l’assioma Asian-girl-marries-white-guy sta perdendo colpi.
Per arrivare alla ricerca del Pew, si parte dalla storia di tale Liane Young, 29 anni, una ex studentessa di Harvard, figlia di immigrati cinesi, che la scorsa estate si è sposata con il fidanzato Xin Gao: parlano tutti e due cantonese e mandarino, pensate un po’. Quando era a Harvard, racconta la giornalista del Nyt, Liane usciva quasi solo con ragazzi bianchi e lo stesso facevano le sue amiche, di origine cinese come lei. Oggi non solo lei si è sposata con un altro americano di origine cinese, ma grazie a Facebook sa che la maggior parte delle sue ex compagne asiatiche di Harvard ha messo su famiglia con “uno dei loro”. E qui, proprio come nel film di Mira Nair, entra in gioco la dinamica del “Color Blind Until Graduation”. Perché, alla fine, la famiglia è importante, si avverte il bisogno di tornare alle origini, eccetera, eccetera.
Vuoi vedere che la moda del multiculturalismo con data di scadenza ha finito per diffondersi con l’unico gruppo che, finora, ne era rimasto esente?
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