IL MANIFESTO 29.10.2004 p. 1
Mezza Carta
di CARLA CASALINI
La retorica, prima di tutto. E' l'ingrediente, scontato ma non perciò meno fastidioso, che accompagna la «storica» firma, oggi a Roma, del Trattato per una Costituzione europea. Propaganda a uso popolare di contorno alle stanze chiuse che raccolgono i governi nazionali, affidata al concerto dei media e alle foto ricordo dei «grandi», dovrebbe affamiliare all'evento milioni di «cittadini» europei che programmaticamente ne sono esclusi.
Difficile, però, che l'operazione riesca, già qui in Italia.
Scelta come luogo simbolico (e non ne caverà lustro Berlusconi) perché già sede del Trattato di Roma che nel 1957 riunì i primi sei paesi «fondatori» dell'Europa. E' però anche luogo di una campagna martellante che ci ha già ossessionato con lo sventolio di tricolori per rinfocolare un amor di patria teso a disconoscere i conflitti sociali e politici che mordono la nostra realtà. Figuriamoci se la retorica patriottarda può essere esportata, può innamorarci di questa Europa. decisa in scelte lontane, tradotta in una Carta che dietro la proclamazione di «valori» cela un vuoto di politica, del senso di una società e del suo futuro. Tutto ciò che la storia ci ha abituati a pretendere dalle Costituzioni democratiche.
Difficile, però, che l'operazione riesca anche nelle società degli altri «stati membri». La diffidenza seguita ai primi entusiasmi nei nuovi paesi dell'est, tradotta nell'astensione elettorale, ne è una spia preoccupante. Ma sarebbe fuorviante riassumerla nello spettro delle spinte xenofobe, reazionarie che pure risorgono qui come nella «vecchia» Europa
C'è infatti, nel Trattato, la prescrizione di una regressione che colpirà diritti e poteri nei lavoro, nel vivere sociale, nella proprietà condivisa di beni comuni fondamentali materiali e immateriali. C'è l'avvilimento di quel «modello europeo» che a parole continua a essere vantato mentre se ne scrive l'obsolescenza, la chiusura del ciclo della cultura e della forza politica che l'aveva reso possibile. Si dirà che questo già lo sperimentiamo nelle singole realtà nazionali e purtroppo assai poco se ne leggono le connessioni con le pratiche di Bruxelles, ed è vero. Ma la Carta lo sancisce e legittima, in un testo che si pretende costituzionale.
E principio cardine e ordinatore fondamentale della realtà europea, vi si afferma, è il «mercato» aperto alla «libera concorrenza». Non casualmente, perciò, la parola «sicurezza» vi ricorre centinaia di volte, la «libertà» pochissimo, 1'«uguaglianza» quasi mai. La chiusura all'interno, verso i migranti, corrisponde a un'attitudine ostile all'esterno nel mondo globalizzato. Non casualmente ricompare il riarmo in questa Europa Lette così, le contese con l'altra sponda dell'Atlantico possono approdare a una concorrenza di potenza, ma il terreno è il medesimo.
Davanti al testo che oggi viene firmato, nel disincanto di tanti che pure vi avevano sperato, nella sconfitta del costituzionalismo europeo più avanzato, occorre però una disamina cruda di ciò che è mancato. Non rendere vana la presa di parola dei movimenti, dell'agire nelle società europee di energie consistenti, visibili già, ma non solo, nelle grandi manifestazioni per la pace, impone di riconoscere l'inconsistenza, la perdita di cultura politica della sinistra in questo processo.
Quel che può suggerire il Trattato perché tale è, non una vera Costituzione è di avvalersi della nuova cornice che esso unifica, come terreno «europeo» di conflitti politici: per aprire un processo che le élite nazionali oggi sperano invece di chiudere.
Mezza Carta
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