Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale
DIREZIONE GENERALE PER L’UNIONE EUROPEA
IL DIRETTORE GENERALE
Prof. Giorgio Kadmo Pagano
Segretario generale
ERA onlus, ROMA
Trasmesso via PEC
Roma, 27.4.2021
Gentile Segretario generale, riscontro la sua lettera del 24 aprile al Ministro Di Maio e, contestualmente, su indicazione della Presidenza della Repubblica, Le fornisco alcuni elementi informativi a riscontro dell’istanza rivolta al Presidente Mattarella lo scorso 19 marzo da ERA Onlus sull’italiano “lingua procedurale” dell’Unione Europea.
Desidero rassicurarLa sul fatto che il Governo italiano ha adottato da anni una posizione molto netta a difesa della diversità linguistica nell’Unione Europea e a sostegno del ruolo della lingua italiana e la sua diffusione a Bruxelles. Su tale terreno, è in particolare nota la nostra ostilità all’imposizione di un “trilinguismo” de facto (inglese-francese-tedesco), cui continuiamo ad opporci con un’attiva e costante opera di sensibilizzazione a livello diplomatico e – ove necessario – giudiziario nelle sedi competenti.
Tale azione viene svolta ad ogni livello, a Bruxelles e nelle Capitali, spesso in coordinamento con la Spagna, in maniera discreta ma incisiva. È per sua natura poco visibile, ma ha ottenuto successi che non possiamo dare per scontati. Fra gli ultimi esempi, posso ricordare quello dei siti web ufficiali delle Presidenze di turno UE. Se il sito web ufficiale della Presidenza croata è stato tradotto anche in italiano lo dobbiamo ad una efficace azione di lobbying da parte del Ministro e dell’Ambasciata. Analogo modello sarà adottato dalla Presidenza slovena.
Assai nota è la lunga serie di successi ottenuti con i ricorsi presentati dall’Italia alla Corte di Giustizia UE sulle modalità di svolgimento della fase preselettiva dei concorsi EPSO, che limitava senza alcun motivo le lingue di svolgimento delle prove all’inglese, al francese e al tedesco. Il Tribunale, in una serie di sentenze che definiscono un corpus giurisprudenziale ormai coeso, ha accolto le fondate motivazioni italiano, imponendo alla Commissione Europea e a EPSO il ripensamento delle modalità organizzative del concorso.
L’adozione di un nuovo modello che riconosca identico peso alle 24 lingue ufficiali UE è tuttora in corso, in attesa che la CGUE si pronunci entro giugno sull’ennesimo controricorso (fondato su motivazioni assai deboli) presentato dalla Commissione.
L’Italia continua a seguire da vicino questa importante battaglia per la difesa e valorizzazione dell’italiano.
Non va dimenticato, infine, che la strategia a difesa dell’italiano in sede UE comporta ogni anno un importante investimento finanziario per il tramite del contributo versato dall’Italia al bilancio UE per le spese di interpretariato. Tale contributo – rimasto sostanzialmente invariato negli ultimi anni nonostante le politiche di austerità e la crisi economica – consente di mantenere l’italiano lingua viva e adoperata nel corso delle riunioni dei comitati tecnici della galassia decisionale brussellese, con indubbio vantaggio per una migliore articolazione e difesa della posizione e degli interessi negoziali.
Alla luce di quanto sopra, è evidente come il Governo condivida in pieno gli obiettivi dell’iniziativa su cui Lei ha attirato l’attenzione della Presidenza della Repubblica. Tali obiettivi continueranno a rimanere una costante dell’azione diplomatica italiana a Bruxelles.
Riguardo più nello specifico alla proposta di trasformare l’italiano in “lingua procedurale” dell’Unione Europea, accanto o in sostituzione dell’inglese, corre tuttavia l’obbligo di precisare quanto segue.
Il cardine della posizione italiana nei contenziosi EPSO in alto menzionati, su cui si fonda tutta la giurisprudenza a noi favorevole della CGUE è proprio la messa in discussione del concetto stesso di “lingua di lavoro”: e ciò in base ad un’interpretazione letterale e rigorosa dell’art. 1 del Regolamento 1/1958, in base al quale non vi può essere differenza fra lingue ufficiali e lingue di lavoro dell’UE. Non può pertanto esservi la pretesa di far prevalere alcune lingue (fra le attuali 24) su altre, dichiarandole strumentalmente “veicolari” o “procedurali”. Da tale consolidata posizione nazionale non converrebbe allontanarsi per non fornire munizioni a coloro che sostengono tesi opposte.
Resta semmai da vedere se l’inglese debba rimanere una delle lingue ufficiali dell’Unione. A tal proposito, l’interpretazione data dalla Commissione Europea al Regolamento 1/1958 appare tuttavia difficilmente contestabile, almeno fino a quando alcuni Stati membri (Irlanda e Malta) continueranno a considerarlo come loro lingua ufficiale.
Le propongo di continuare il dialogo su possibili evoluzioni della posizione dei “Mille” a difesa del multilinguismo nella UE. La prego di gradire i miei cordiali saluti.
Vincenzo Celeste