"Questo disco parla di me, della mia storia": si chiama "Marco Iacampo", proprio come il suo autore, ed è il primo album che l’ex-Good Morning Boy ha scritto e cantato completamente in italiano. Il lavoro è uscito lo scorso 23 aprile per l’etichetta "Adesiva Discografica". "Comporre le nuove canzoni all’inizio è stato più difficile", racconta Marco, "Ma alla fine mi sono reso conto che il risultato era molto naturale, genuino. Per questo ho deciso di intitolarlo con il mio nome". Iacampo, nato a Venezia, ha iniziato la sua carriera nel 1997 come cantante della rock band Elle, con cui ha pubblicato due lavori. Poi dopo quattro anni ha deciso di prendere un’altra strada: ha pubblicato due dischi da solista, sotto lo pseudonimo di Good Morning Boy, a metà strada tra blues e rock lo-fi. Ora ha deciso di fare il cantautore nella nostra lingua. Ma da cosa è nato il cambio stilistico così netto dai precedenti lavori? "Prima scrivevo in inglese, spesso partendo da un giro di accordi o da una musica che mi suonava in testa, ma stavolta è stato diverso. Sono partito dalle parole, dalla lingua, ho voluto evitare qualsiasi trucco e mettermi a nudo". Una scelta che lo ha portato a riscoprire le proprie radici culturali, quelle italiane ma soprattutto quelle venete. "Sono partito da ritmi semplici, quasi elementari, e da spunti quotidiani", confessa l’artista: "Ad esempio mi sono ispirato alle canzoni popolari delle Dolomiti. E in `Navigo nell’oro´ ho riciclato quel detto veneto che dice: `Guarda il mare e tieni il culo a terra´". Addio ai modelli americani dunque: "Prima consumavo Sparklehorse e Beatles, ora ascolto anche Edoardo Bennato e Paolo Conte, ma continuo anche ad apprezzare la musica straniera, soprattutto il blues". Quello con l’America per lui è da sempre un rapporto quasi di odio-amore. "Quando ho visto Mark Linkous dal vivo per la prima volta avevo un’aspettativa altissima, ma sono rimasto deluso. L’ho trovato fragile, quasi povero musicalmente. Il suo suicidio comunque mi ha lasciato con l’amaro in bocca".
Certo fare il cantautore richiede anche molti sacrifici, soprattutto in Italia. E per arrotondare non sono mancati i classici lavoretti: "Cerco di arrotondare con la pittura, ogni tanto vendo qualche quadro. Ma in passato ho fatto un sacco di lavori diversi, dal camionista all’operaio. Ho persino fatto l’inserviente all’ippodromo, dovevo spostare gli ostacoli tra una gara e l’altra. Un giorno ho fatto una lista dei lavori che ho fatto e mi scappava da ridere: era infinita".
"Marco Iacampo" è come detto un disco molto personale, che ha voluto dare un taglio netto con il passato, con quel suono indie nel quale il cantautore si sentiva forse un po’ intrappolato. E canzoni come il singolo "Miracolo eccezionale", che l’artista definisce "Una preghiera pop di cui abbiamo molto bisogno" lo testimoniano. Tra i brani dell’album c’è anche "Che bella carovana", canzone apparsa nella raccolta "Il Paese è reale", voluta fortemente dagli Afterhours di Manuel Agnelli per promuovere la musica indipendente italiana. "È stata un’iniziativa molto interessante, ma io non mi sento a mio agio in questo genere di cose. Sono un lupo solitario, ho bisogno di seguire la mia strada. La mia carriera dopotutto è stata piena di abbandoni e di fughe". Ora Marco Iacampo spera di raggiungere un pubblico più vasto: "Penso che la musica indie usi un linguaggio ancora troppo difficile, rischia di restare un fenomeno troppo di nicchia – conclude – sentivo il bisogno di staccarmi da quella realtà. Se sono da solo, riesco a camminare meglio".
Marco Iacampo: Basta con l’inglese, ora canto solo in italiano
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