Vogliamo parlare dell’oro? Qui in America ci si preoccupa perché la Cina si è avvicinata pericolosamente agli Stati Uniti, 39 medaglie d’oro contro le 38 di Pechino. Ma sull’oro, tutti insieme, in Europa, dalla Grecia al Portogallo, dalla Lituania alla Croazia, abbiamo portato a casa 85 medaglie d’oro. Se poi vogliamo fare una conta complessiva, per l’Europa ci sono 286 medaglie contro le 113 americane e le 88 cinesi.
Si dirà che la statistica andrebbe ponderata dal fattore “federale”: nella finale del ciclismo su pista Italia contro Danimarca, ad esempio, in una federazione nazionale europea avremmo avuto come antagonista un altro paese (o federazione) e il conteggio formale delle medaglia sarebbe stato diverso. Ma non siamo qui a fare i pedanti, qui parliamo di un ideale, di uno spirito, di una motivazione. Del resto nella Coppa Europa non gioca la Gran Bretagna, ma giocano Inghilterra, Galles e Scozia. E l’Inghilterra da sola è arrivata in finale. Avrebbe potuto batterci se fosse stata con Galles e Scozia? Di nuovo, inutile fare confronti teorici.
Oggi la conta complessiva del medagliere dei 27 membri dell’Unione Europea vince in modo schiacciante su tutti. E anche se fossimo stati raggruppati sotto un’unica federazione – cosa non raccomandabile ovviamente, come avviene per il calcio inglese scozzese e gallese – di medaglie ne avremmo vinte un po’ meno, ma non ho dubbi che avremmo battuto di gran lunga le altre federazioni incluse quella americana e cinese. La prova l’abbiamo dalla Gran Bretagna che alle Olimpiadi si presenta con Inghilterra, Scozia e Galles sotto un’unica bandiera: insieme hanno portato a casa ben 22 medaglie d’oro e 65 medaglie complessive posizionandosi al quarto posto complessivo persino davanti alla Russia. L’Italia da sola, con le sue dieci d’oro e 40 complessive si piazza al settimo posto davanti a Germania e Francia. Risultato che oggi dobbiamo considerare incredibile anche per la qualità delle vittorie nell’atletica leggera.
Il fatto è che ancora oggi fatichiamo a parlare di Europa. Non solo, come Europa, viviamo sempre con un po’ di soggezione il confronto con le due grandi potenze globali. Si parla di G2, quando si potrebbe e anzi, si dovrebbe parlare con facilità di G3. Il medagliere olimpico è solo un esempio schiacciante della forza e della potenziale superiorità dell’Unione Europea rispetto a Cina e Stati Uniti. Sul piano economico gli USA hanno un PIL nominale di 21.430 miliardi di dollari contro i 15.167 dell’Unione Europea (post Covid) e i 14.137 miliardi di dollari della Cina. Se poi facciamo un confronto ponderato con il ppp (potere d’acquisto) il PIL europeo sale a oltre 19.000 miliardi, per cui siamo comunque al numero due. Siamo anche in 448 milioni di abitanti contro i 331 milioni di americani e i 1,4 miliardi di persone in Cina, di nuovo numero due. Non solo, l’Euro è la seconda valuta di riserva globale e per tecnologia, meccanica informatizzata, innovazione, moda e alimentare l’Europa è certamente all’avanguardia rispetto alla Cina e forse un vicino secondo (dipende ovviamente dalla misurazioni) rispetto agli USA.
Se quest’anno il “feeling” europeo alle olimpiadi non si è affermato, prima o poi succederà. E nulla come un medagliere olimpico numero uno sotto ogni punto di vista, dovrebbe darci l’orgoglio per recuperare quello spirito europeo centrale per convincere chi fra i paesi membri ha ancora dubbi che l’unione fa davvero la forza. E per spiegare agli altri che l’Europa non è un vecchio cumulo di pensionati, ma riesce ad affermarsi sulla nuova frontiera, quella che guarda più lontano, quella dei giovani atleti che rappresentano il nostro futuro.