L’ago della bilancia
L’Ue integrata non piace in America Trump lo dice, ma molti lo pensano
Nell’ottobre dell’anno scorso, durante una conversazione radiofonica con Nigel Farage, leader del partito britannico che si è maggiormente battuto per l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, Donald Trump ha detto che anche l’Italia starebbe molto meglio fuori dell’Ue. Abbiamo imparato a prendere le sortite del presidente americano con un pizzico di sale, ma credo che la prospettiva di una Europa meno integrata risponda al desiderio di una parte non piccola della società politica degli Stati Uniti. Nei suoi interventi pubblici e nei suoi scritti Henry Kissinger ha spesso lasciato intendere che l’unità dell’Europa poteva rappresentare una sfida alla leadership americana. Larry Summers, l’economista della Università di Harvard che è stato Segretario del Tesoro dal 2000 al 2001 durante la presidenza di Bill Clinton, ha spesso parlato dell’euro e della eurozona con un certo scetticismo. Quando hanno patrocinato l’adesione alla Nato dei Paesi che avevano fatto parte del Patto di Varsavia, i presidenti americani, da Bush a Clinton, avevano almeno due obiettivi: creare una cintura atlantica intorno alle frontiere della Russia postsovietica e legare agli Stati Uniti, per mezzo della Nato, quei satelliti dell’Urss che stavano diventando troppo frettolosamente membri della Unione Europea.
Non è sorprendente. Gli Stati Uniti non hanno mai nascosto la loro ostilità verso i Paesi che potevano essere potenziali concorrenti. Il caso più interessante e sorprendente è quello della Gran Bretagna. Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, vinta insieme agli Stati Uniti, il Regno Unito era ancora una potenza imperiale. Ma quando cercò di impedire, con la Francia, che il presidente egiziano Nasser nazionalizzasse il ci Suez, il generale Eisenhower, allora alla Casa Bianca, lanciò un ammonimento: se Londra non avesse fatto un passo indietro gli Stati Uniti, in un momento in cui le finanze britanniche erano messe a dura prova, non avrebbero sostenuto la sterlina alla Borsa di New York.
La minaccia ebbe per effetto le dimissioni del governo presieduto da Anthony Eden, la fine delle operazioni militari e, negli anni seguenti, la trasformazione dell’Impero britannico in un più democratico Commonwealth. La Francia non avrebbe obbedito a Washington, ma l’uscita di scena della Gran Bretagna la costrinse a ritirare le sue truppe.
Quando lascia comprendere la sua insofferenza per la Unione Europea, Donald Trump, quindi, non dice cose diverse da quelle che pensano molti suoi connazionali. Anzi, ha il merito di dire con chiarezza ciò che l’America pensa delle nostre legittime ambizioni e speranze.
Sergio Romano | Corriere della Sera | 3.5.2020