L’italiano di Pape Diaw
AmAca
MICHELE SERRA
Chi ha visto in tivù o in rete Pape Diaw, portavoce dei senegalesi di Firenze, chi lo ha sentito parlare nel suo italiano evoluto e preciso, non può permettersi equivoco o distrazione o distorsione. Siamo di fronte a una comunità del tutto partecipe della vita sociale del nostro Paese, dei nostri diritti e dei nostri doveri. Chiunque alzi la mano contro queste persone accampando come pretesto la loro incompatibilità con la nostra comunità nazionale mente, e mente prima di tutto a se stesso. E chiunque, negli ultimi anni, ha diffuso la fola stupida e malvagia dell`invasione" straniera come
subdolo piano (di chi, poi?) per snaturare le nostre radici e la nostra identità, come hanno fatto anche politici di governo, e giornali a larga diffusione, è il cattivo maestro che alimenta la paranoia dei fanatici e arma la mano dei violenti. Mentre Pape Diaw parlava, la mia "identità" di italiano non solo non si sentiva in pericolo, ma percepiva, con orgoglio, come la mia vecchia lingua madre, nobile e marginale, grazie all'immigrazione può riacquistare nuova vita e nuova centralità. Mi chiedo
quanti italiani razzisti siano capaci di onorare la nostra lingua come Pape Diaw.
(Da La Repubblica, 16/12/2011).