Venerdì scorso ci ha lasciato l'amb. Antonio Puri Purini, un grande europeista. Lo ricordiamo con il suo ultimo articolo sul Corriere della Sera.
L'Italia non sprechi con il populismo la credibilità riconquistata in Europa
di Antonio Puri Purini
Mai come in questa campagna elettorale si tocca con mano il drammatico errore di avere condotto per anni una politica europea distratta, di avere minimizzato le ragioni della crisi dell'euro, di avere ridotto la politica estera alla gestione degli affari correnti. Il presidente della Repubblica è rimasto solo a tenere la barra sull'Europa e sul mondo. Si profila nuovamente una «questione italiana» all'attenzione di tutti in Europa.
L'aggressività del Pdl contro la Germania all'insegna del motto «battere Berlino o addio euro», unitamente agli insulti lanciati a Mario Monti sulla politica europea, rivela l'esistenza di schegge impazzite non solo nella politica (che propone) ma anche nella società civile (che ascolta). Va presa sul serio o considerata un vaniloquio al vento, semplice spazzatura elettorale? Sarebbe una negligenza sottovalutarla. Possiede l'efficacia truffaldina tipica del populismo e può avere un effetto di trascinamento nel sentimento profondo di un'opinione pubblica frastornata e disinformata; viene proposta da un leader politico e da un partito a lungo al governo; diffonde in Europa la convinzione che esista ormai una destra italiana allineata al linguaggio di Marine Le Pen; è agghiacciante nella sua inconsistenza; va oltre ogni logica europea; indebolisce la capacità d'essere protagonisti in Europa; impedisce agli italiani di riflettere sulle proprie responsabilità. Quest'accanimento si collega alla ricorrente apologia della dittatura mussoliniana da parte della destra accentuatasi in questi giorni: è inconcepibile e offensivo nel mondo occidentale del 2013. Si aggiungono ulteriori fantasie, come l'ipotesi di accordo con la Svizzera sul rientro dei capitali.
La polemica avviata dall'ex presidente del Consiglio apre la rincorsa a qualunque avventura. Meglio dunque non sottovalutarla. L'irruente veemenza di Silvio Berlusconi suscita simpatia anche presso altri (da Beppe Grillo a settori della sinistra). Pier Luigi Bersani ha reagito bene. Nel recente soggiorno a Berlino, ha indicato un'efficace piattaforma di collaborazione italo-tedesca. Monti tutela gli interessi italiani con dignità: collabora strettamente con i Paesi amici; incalza Berlino per superare la contraddizione fra l'impegno sulla crescita e la riluttanza a utilizzare gli strumenti comunitari a disposizione; si accinge a condurre, praticamente solo, un impegnativo scontro sul bilancio europeo 2014-2020. Nessuno vuole un'egemonia tedesca ma sarebbe uno sbaglio dimenticare che la Germania, insieme alla Francia, è parte della soluzione, non del problema.
Perché si è arrivati a tanta irresponsabilità? Spagnoli, portoghesi, irlandesi, persino greci non sono vissuti nell'ignoranza della realtà politica ed economica europea. Hanno capito gli sforzi dei propri governi per correggere gli errori compiuti. Troppi italiani, viceversa, hanno vissuto nell'oblio del passato, nell'indifferenza e, molti, nell'ignoranza. Non è solo colpa loro. Non hanno potuto fare affidamento su media credibili (tranne alcuni quotidiani), hanno ascoltato spesso invettive, non ragionamenti; non si sono nemmeno posti il problema se il nostro Paese non avesse il suo carico di responsabilità nella crisi dei debiti sovrani, trasformatasi in una minaccia alla stabilità dell'euro. Hanno sottovalutato la spada di Damocle rappresentata dal debito pubblico. La pressione dei mercati è stata il detonatore della crisi. Il rigore, che non è un'invenzione tedesca, ne è conseguenza. L'accanimento con cui è stato perseguito esprime anche un'esasperazione diffusa verso partner che hanno ignorato per anni le regole dei trattati. La Germania ha sempre agito per salvare l'euro, fuori pericolo dopo l'intervento di Mario Draghi l'estate scorsa, impensabile senza l'appoggio di Angela Merkel e la successiva azione del governo Monti. Al tempo stesso, l'esecutivo tedesco ha il suo carico di responsabilità se tanti cittadini pensano oggi che l'euro sia una camicia di forza.
La mancanza di tenuta, anche etica, non sarebbe avvenuta se l'Italia avesse potuto contare su un'azione internazionale affidabile, radicata nella coscienza di un Parlamento e di un sistema politico civile e finalmente bipartisan. Nulla di tutto questo. Si è banalizzato quando occorreva drammatizzare. L'indifferenza dei governi per l'Europa come destino comune ha trascinato l'opinione pubblica verso la superficialità e il populismo. La debolezza della politica estera, condizionata dalle elezioni e dall'insipienza della classe politica, ha impedito di comprendere le gravi minacce che incombono da Medio Oriente e Nord Africa. La semplice solidarietà politica alla Francia è insufficiente. Urgono governanti competenti, che abbiano visione e capacità di guardare lontano. Un consenso fra Pd e Centro sulla politica estera è un passaggio prioritario per ricostruire un percorso condiviso di affidabilità che tenga veramente conto del bene di questo Paese così logorato e sfortunato. Va preparato da adesso.
Corriere della Sera, 7 febbraio 2013