L’ITALIA GIOCHI ALL’ATTACCO SULLA DIFESA EUROPEA

16/07/2004 Corriere delle Sera, pag. 12

L’ITALIA GIOCHI ALL’ATTACCO SULLA DIFESA EUROPEA

Di Massimo Gaggi

Quella della Ue è una storia di integrazione, ma anche di tentativi di creare qualche forma di direttorio. Non è quindi necessario fasciarsi la testa anzitempo per le iniziative che francesi, tedeschi e inglesi hanno adottato negli ultimi mesi in campo militare, escludendo dalle consultazioni l’Italia e gli altri partner europei. Qualcosa del genere accadde anche nel ’98: l’allora ministro della Difesa, Nino Andreatta, intervenne subito e il primo organismo di coordinamento tra Francia e Germania fu allargato anche all’Italia.
Il problema che si presenta oggi è, però, più complesso, le insidie che lo circondano, maggiori. La nuova Europa dei 25 è un impianto costituzionale che – garantendo autonomia delle nazioni e diritti di veto – non assicura una vera governabilità, spingeranno ancor più i Paesi-guida a ricercare intese separate. Ciò accadrà in modo particolare nella politica per la difesa: i contrasti emersi un anno e mezzo fa in occasione della guerra in Iraq sono stati in buona parte riassorbiti, ma le cicatrici restano evidenti e con esse l’esistenza di modi assai diversi di interpretare i rapporti atlantici e l’opportunità di interventi militari o di “emergenza umanitaria” al di fuori dei confini del Continente.
Scosso da una profonda crisi, il governo Berlusconi rischia di non agire con sufficiente determinazione in questo campo, pur avendo alla Farnesina e al ministero della Difesa osservatori sicuramente attenti.
Una forte guida politica è necessaria nella gestione dei rapporti internazionali, per definire una visione il più possibile condivisa del ruolo dell’Italia, ma anche per incidere su un problema industriale solo apparentemente secondario. Alleanze e integrazioni tra i vari Paesi in campo militare condizionano inevitabilmente anche il riassetto delle aziende che producono sistemi per la difesa. Negli Stati Uniti le imprese del settore si sono concentrate in cinque gruppi. L’Europa, che destina molte meno risorse dell’America all’acquisto di sistemi per la difesa, produce mezzi meno progrediti e più costosi.
Ogni Paese si è fin qui tenuto stretto i suoi “campioni nazionali”. Da qualche anno, però, anche l’Europa sta cambiando strada, soprattutto per la stretta alleanza di francesi e tedeschi in Eads. In Italia il grosso dell’industria è concentrato in Finmeccanica che ha fatto scelte in parte diverse dai partner transalpini. Fuori da Airbus e sub-contraente dell’industri Usa(prima Douglas, poi Boeing) per i jet civili, in campo militare ha puntato su un asse privilegiato con gli inglesi di Bae Systems nell’elettronica senza però rinunciare ad altre intese (come l’accordo coi francesi di Alcatel per i satelliti) e ora cerca una sponda in America attraverso un rapporto privilegiato con la Lockheed (elicottero Agusta EH 101 offerto all’Esercito e alla Casa Bianca per il servizio presidenziale, bimotore da trasporto militare C 27 J per la Guardia Nazionale, partecipazione al caccia di nuova generazione JSF 35).
Una strategia coraggiosa che offre varie opportunità, ma non priva di punti vulnerabili: leader praticamente solo nella costruzione di elicotteri (Finmeccanica sta acquistando il 50% britannico di Agusta-Westland) e in alcune produzioni elettroniche e radaristiche, il gruppo italiano è presente in molti settori con partecipazioni minoritarie. Questo rende particolarmente necessario un forte sostegno politico e impone grandi sforzi per rendere efficienti le produzioni. Anche perché con la creazione dell’Agenzia per la Difesa, l’Europa punta per la prima volta a unificare le commesse militari e a selezionare i prodotti più competitivi. A tutto vantaggio dei gruppi più forti. Firmata dai capi francesi e tedeschi di Eads, da quelli di Thales (Francia) e di Bae, la lettera appena inviata dalle industrie europee ai governi per sollecitare la rapida costituzione dell’Agenzia è un campanello d’allarme per Finmeccanica, anche se da parte italiana si fa notare che Turner (Bae) ha firmato la missiva anche come presidente della federazione europea delle industrie aerospaziali.
Non è una questione da trascurare: l’industria bellica non è certo popolare, ma le tecnologie per la difesa sono fatte sempre meno di cannoni ed esplosivi e sempre più di sensori, sistemi di trasmissione, laser, software, innovazioni destinate a un effetto-traino nell’industria civile. E Finmeccanica è oggi l’unico significativo presidio rimasto all’Italia nelle tecnologie avanzate.

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