SE RENZI INNOVA (ANCHE IL LESSICO) MA È OSSESSIONATO DA GUFI E ROSICONI.
Gli attacchi (non originali) del rottamatore a «parrucconi» e «disfattisti».
di PIERLUIGI BATTISTA
Matteo Renzi ha il grande merito di aver portato una ventata di innovazione.
Nella politica. Nello stile pubblico. Nella modernità dei riferimenti culturali. Nella
composizione anagrafica del governo.
Anche nel lessico. Con qualche dolorosa eccezione, però. Quando Renzi accusa i
suoi critici di voler «remare contro» non sente che l’ha già detto qualcuno? Non
percepisce forse il contrario dell’innovazione, un tuffo nel passato, un sapore di
già detto, qualcosa che abbiamo già abbondantemente sentito in questi anni di
Seconda Repubblica e anche prima, un tic mentale che identifica nel dubbioso,
nel perplesso, non sia mai nell’oppositore, un sabotatore, un nemico della Patria?
Il suo collega di governo Franceschini ha già riesumato la triste e bellicosa categoria
del «disfattista». No, già dato. Occorre innovare di più: anche nel linguaggio.
E invece la sana spavalderia, il ritmo arrembante, l’energia che sprigiona dalla
persona del giovane presidente del Consiglio ogni tanto, nella loro precipitazione,
appannano gli usi buoni del linguaggio.
Come è possibile che chi, legittimamente e giustamente, chiede quali siano le coperture finanziarie per ridurre il cuneo di 8o euro a dieci milioni di italiani, venga additato al pubblico scherno come un «gufo». E chi è perplesso su questa particolare riforma del Senato deve essere per forza bollato come uno «che rema contro»? Ci sarà pure la possibilità che qualche obiezione sia mossa da qualche buona intenzione e che non debba essere messa a tacere dal cerchio magico renziano pronto a indossare i panni del neo-arditismo giovanilista: «parruccone». Oppure
prevale il modo manicheo: chi è con Renzi con entusiasmo è un patriota, chi obietta è un riottoso che «gufa» contro la Nazione, deve essere per forza un frenatore, insensibile all’alacre attivismo di
chi si spende con tanta generosità alla guida del governo? Occhio, perché i «regimi»
(linguistici) possono cominciare anche così, malgrado le migliori intenzioni.
Renzi fa bene ad accelerare, a imprimere un ritmo che metta fine alle inconcludenze
del passato, alle infinite discussioni che paralizzano ogni attività e impediscono ogni riforma. Ma farsi qualche domanda non dovrebbe essere deprecata come malsana e patologica inclinazione
«antidemocratica». C’è poi l’orribile predominio di una nuova parola, un tempo
adoperata nella suburra romana e oggi assurta a sublime categoria politico: «rosicone».
Rosicone è chi rosica, è chi gode delle disgrazie altrui ed è corroso («roso»:
rosicone) da un’insana voglia di augurarsi l’insuccesso di chi merita successo.
Ecco, un fiorentino orgoglioso, perché chi parla un buon italiano dovrebbe
manzonianamente immergersi nell’Arno, non dovrebbe cedere al plebeismo del «rosicone». Anche «uccellacci del malaugurio» non va bene per niente. E’ vecchio, non è giovanile. E’ superstizioso,
non è moderno. Dubitare che dalla spending review annunciata vengano tutti i denari per le misure annunciate non è augurarsi il malaugurio, è essere realisti.
E se alcune cose annunciate non possono essere realizzate (il piano di edilizia scolastica
rimandato, per esempio) non è perché qualche «gufo» l’ha tirata, ma più prosaicamente perché i soldi non bastano; lo dice la contabilità, non chi «rosica».
Ecco, «rosicare» va bene per una curva, non per le opinioni politiche. Si «rosica» se la squadra odiata o temuta miete successi, non si «rosica» se si avanzano dubbi sulla fattibilità di mirabolanti
progetti. Se poi si disseppellisce il luogo comune trito e consunto del «disfattismo»
allora la democrazia e la pluralità di opinioni cominciano a venir percepite come un oltraggio. Un tradimento. E infatti il «disfattismo» diventa centrale nelle guerre quando la trasparenza di un
dibattito libero e democratico è destinata ad appannarsi. Mentre invece Matteo Renzi vuole fare le riforme, non la guerra. Vuole realizzare programmi ambiziosi, non mettere il bavaglio (morale) a chi dissente. Anche lui è stato in minoranza e da lì ha combattuto una battaglia coraggiosa.
Ora che è maggioranza non ha bisogno di umiliare le opinioni dissenzienti e concorrenti. Non sono «gufi», sono solo in cerca di risposte convincenti. Che male c’è? Domanda, non «rosicata».
(Dal Corriere della Sera, 10/4/2014).