Lingua italiana da difendere in Europa e in Italia

L’italiano va difeso, l’Unione europea non lo discrimini

di Alessandro Masi

(Segretario generale della Società Dante Alighieri)

Cercate qualche informazione sul portale dell’Unione Europea? Avete per caso bisogno di informarvi sull’ultimo bando di concorso? Vi interessate di politica o di diritti umani? Clic ed ecco fatto! C’è tutto quello che volevate sapere, ma solo in lingua inglese, francese o tedesca e di recente anche in spagnolo. Italiano? No grazie. Nonostante che l’articolo 290 del Trattato che istituisce la Comunità Europea e il regolamento CE 1/1958 prevedano che il regime linguistico delle istituzioni europee (fatta eccezione per la Corte di Giustizia) debba essere stabilito all’unanimità dal Consiglio e che le lingue ufficiali dell’Unione siano quelle degli Stati membri con pari dignità politica, non c’è verso di far cambiare idea a chi pone su quel sito web unicamente le sigle EN/DE o FR. Eppure vi assicuro che l’italiano non è scomparso né dall’art. 1 del Regolamento plurilinguistico del 1958, dal quale si evince che “le lingue ufficiali e le lingue di lavoro delle istituzioni della Comunità sono la lingua francese, la lingua italiana, la lingua olandese e la lingua tedesca”; né dall’Art. 1 del 2008, ove si riporta testualmente che “le lingue ufficiali e le lingue di lavoro delle istituzioni dell’Unione”. Misterioso giallo questo, complicato e difficile a comprendersi quanto la stessa poca fiducia che gli Stati membri stanno riponendo ultimamente verso la stessa idea comune d’Europa con la bocciatura a sorpresa, prima di Francia e poi Irlanda, dei decreti di ratifica del nuovo Trattato sorto a Lisbona dalle ceneri di quello di Roma. Avrà forse ragione Silvio Berlusconi quando afferma che questa Europa “ha bisogno di un drizzone” oppure è davvero iniziato il lento declino della più antica macchina di idee dell’era moderna, incapace perfino di gestire la propria cultura per mezzo di un unico documento sottoscritto? Per ovviare a questi e a tanti altri motivi che hanno fatto della nostra lingua, della lingua di Dante, una sorta di museo nel museo della moderna storia europea, si è pensato bene di avviare un processo di contrasto, o meglio ancora, di difesa dell’italiano in sede UE con un’azione congiunta del Ministero degli Esteri e la Società Dante Alighieri, stipulata in un memorandum stilato a Roma dal Segretario Generale della Farnesina, Giampiero Massolo e dall’ambasciatore Bruno Bottai lo scorso 19 giugno. Il documento, composto semplicemente da 4 articoli, mira a denunciare “casi di discriminazione della lingua italiana da parte delle istituzioni e degli organi dell’Unione Europea” con il chiaro intento di “intraprendere azioni nei confronti del Mediatore europeo e della Commissione Petizioni del Parlamento Europeo”. Ma chi è il Mediatore europeo? Esiste davvero e cosa dovrebbe fare? In effetti il portale dell’UE lo dichiara esistente con tanto di foto. Si chiama P. Nikiforos Diamandouros ed è nato ad Atene nel 1942. Difensore Civico nazionale della Grecia dal 1998 al 2003, il nostro paladino si è laureato in America nel 1963 e da allora si occupa di Diritti umani e scienze della sociologia, non tralasciando, tra una bega e l’altra, l’amata lettura, la passione per il cinema e l’ascolto della musica classica. Chissà se tra i suoi tanti ascolti ci saranno orecchie anche per qualche nostra sacrosanta osservazione, non propriamente sinfonica, in difesa della bistrattata lingua italiana? Mi auguro proprio di sì. Nel frattempo sarà bene che, tra una lirica e un bel film, Diamandouros rilegga anche il rapporto redatto da un gruppo di intellettuali per conto della Commissione europea, documento che non più di due mesi fa il Commissario per il Multilinguismo, il giovane e simpatico romeno Leonard Orban, ha presentato all’Accademia della Crusca sotto il titolo persuasivo “Una sfida salutare. Come la molteplicità delle lingue potrebbe rafforzare l’Europa” (Bruxelles, 2008). Tra quelle pagine si troverebbe scritto che l’italiano rientra a pieno titolo nei primi tre posti occupati dal neoconcetto di “lingua personale adottiva”, ossia una vera e propria lingua materna da alternare all’uso dell’internazionale e sempre vivo inglese.

(Da Italia Oggi, 11/7/2008).

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  • L’italiano va difeso, l’Unione europea non lo discrimini

    di Alessandro Masi

    (Segretario generale della Società Dante Alighieri)

    Cercate qualche informazione sul portale dell’Unione Europea? Avete per caso bisogno di informarvi sull’ultimo bando di concorso? Vi interessate di politica o di diritti umani? Clic ed ecco fatto! C’è tutto quello che volevate sapere, ma solo in lingua inglese, francese o tedesca e di recente anche in spagnolo. Italiano? No grazie. Nonostante che l’articolo 290 del Trattato che istituisce la Comunità Europea e il regolamento CE 1/1958 prevedano che il regime linguistico delle istituzioni europee (fatta eccezione per la Corte di Giustizia) debba essere stabilito all’unanimità dal Consiglio e che le lingue ufficiali dell’Unione siano quelle degli Stati membri con pari dignità politica, non c’è verso di far cambiare idea a chi pone su quel sito web unicamente le sigle EN/DE o FR. Eppure vi assicuro che l’italiano non è scomparso né dall’art. 1 del Regolamento plurilinguistico del 1958, dal quale si evince che “le lingue ufficiali e le lingue di lavoro delle istituzioni della Comunità sono la lingua francese, la lingua italiana, la lingua olandese e la lingua tedesca”; né dall’Art. 1 del 2008, ove si riporta testualmente che “le lingue ufficiali e le lingue di lavoro delle istituzioni dell’Unione”. Misterioso giallo questo, complicato e difficile a comprendersi quanto la stessa poca fiducia che gli Stati membri stanno riponendo ultimamente verso la stessa idea comune d’Europa con la bocciatura a sorpresa, prima di Francia e poi Irlanda, dei decreti di ratifica del nuovo Trattato sorto a Lisbona dalle ceneri di quello di Roma. Avrà forse ragione Silvio Berlusconi quando afferma che questa Europa “ha bisogno di un drizzone” oppure è davvero iniziato il lento declino della più antica macchina di idee dell’era moderna, incapace perfino di gestire la propria cultura per mezzo di un unico documento sottoscritto? Per ovviare a questi e a tanti altri motivi che hanno fatto della nostra lingua, della lingua di Dante, una sorta di museo nel museo della moderna storia europea, si è pensato bene di avviare un processo di contrasto, o meglio ancora, di difesa dell’italiano in sede UE con un’azione congiunta del Ministero degli Esteri e la Società Dante Alighieri, stipulata in un memorandum stilato a Roma dal Segretario Generale della Farnesina, Giampiero Massolo e dall’ambasciatore Bruno Bottai lo scorso 19 giugno. Il documento, composto semplicemente da 4 articoli, mira a denunciare “casi di discriminazione della lingua italiana da parte delle istituzioni e degli organi dell’Unione Europea” con il chiaro intento di “intraprendere azioni nei confronti del Mediatore europeo e della Commissione Petizioni del Parlamento Europeo”. Ma chi è il Mediatore europeo? Esiste davvero e cosa dovrebbe fare? In effetti il portale dell’UE lo dichiara esistente con tanto di foto. Si chiama P. Nikiforos Diamandouros ed è nato ad Atene nel 1942. Difensore Civico nazionale della Grecia dal 1998 al 2003, il nostro paladino si è laureato in America nel 1963 e da allora si occupa di Diritti umani e scienze della sociologia, non tralasciando, tra una bega e l’altra, l’amata lettura, la passione per il cinema e l’ascolto della musica classica. Chissà se tra i suoi tanti ascolti ci saranno orecchie anche per qualche nostra sacrosanta osservazione, non propriamente sinfonica, in difesa della bistrattata lingua italiana? Mi auguro proprio di sì. Nel frattempo sarà bene che, tra una lirica e un bel film, Diamandouros rilegga anche il rapporto redatto da un gruppo di intellettuali per conto della Commissione europea, documento che non più di due mesi fa il Commissario per il Multilinguismo, il giovane e simpatico romeno Leonard Orban, ha presentato all’Accademia della Crusca sotto il titolo persuasivo “Una sfida salutare. Come la molteplicità delle lingue potrebbe rafforzare l’Europa” (Bruxelles, 2008). Tra quelle pagine si troverebbe scritto che l’italiano rientra a pieno titolo nei primi tre posti occupati dal neoconcetto di “lingua personale adottiva”, ossia una vera e propria lingua materna da alternare all’uso dell’internazionale e sempre vivo inglese.

    (Da Italia Oggi, 11/7/2008).

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  • L’italiano va difeso, l’Unione europea non lo discrimini

    di Alessandro Masi

    (Segretario generale della Società Dante Alighieri)

    Cercate qualche informazione sul portale dell’Unione Europea? Avete per caso bisogno di informarvi sull’ultimo bando di concorso? Vi interessate di politica o di diritti umani? Clic ed ecco fatto! C’è tutto quello che volevate sapere, ma solo in lingua inglese, francese o tedesca e di recente anche in spagnolo. Italiano? No grazie. Nonostante che l’articolo 290 del Trattato che istituisce la Comunità Europea e il regolamento CE 1/1958 prevedano che il regime linguistico delle istituzioni europee (fatta eccezione per la Corte di Giustizia) debba essere stabilito all’unanimità dal Consiglio e che le lingue ufficiali dell’Unione siano quelle degli Stati membri con pari dignità politica, non c’è verso di far cambiare idea a chi pone su quel sito web unicamente le sigle EN/DE o FR. Eppure vi assicuro che l’italiano non è scomparso né dall’art. 1 del Regolamento plurilinguistico del 1958, dal quale si evince che “le lingue ufficiali e le lingue di lavoro delle istituzioni della Comunità sono la lingua francese, la lingua italiana, la lingua olandese e la lingua tedesca”; né dall’Art. 1 del 2008, ove si riporta testualmente che “le lingue ufficiali e le lingue di lavoro delle istituzioni dell’Unione”. Misterioso giallo questo, complicato e difficile a comprendersi quanto la stessa poca fiducia che gli Stati membri stanno riponendo ultimamente verso la stessa idea comune d’Europa con la bocciatura a sorpresa, prima di Francia e poi Irlanda, dei decreti di ratifica del nuovo Trattato sorto a Lisbona dalle ceneri di quello di Roma. Avrà forse ragione Silvio Berlusconi quando afferma che questa Europa “ha bisogno di un drizzone” oppure è davvero iniziato il lento declino della più antica macchina di idee dell’era moderna, incapace perfino di gestire la propria cultura per mezzo di un unico documento sottoscritto? Per ovviare a questi e a tanti altri motivi che hanno fatto della nostra lingua, della lingua di Dante, una sorta di museo nel museo della moderna storia europea, si è pensato bene di avviare un processo di contrasto, o meglio ancora, di difesa dell’italiano in sede UE con un’azione congiunta del Ministero degli Esteri e la Società Dante Alighieri, stipulata in un memorandum stilato a Roma dal Segretario Generale della Farnesina, Giampiero Massolo e dall’ambasciatore Bruno Bottai lo scorso 19 giugno. Il documento, composto semplicemente da 4 articoli, mira a denunciare “casi di discriminazione della lingua italiana da parte delle istituzioni e degli organi dell’Unione Europea” con il chiaro intento di “intraprendere azioni nei confronti del Mediatore europeo e della Commissione Petizioni del Parlamento Europeo”. Ma chi è il Mediatore europeo? Esiste davvero e cosa dovrebbe fare? In effetti il portale dell’UE lo dichiara esistente con tanto di foto. Si chiama P. Nikiforos Diamandouros ed è nato ad Atene nel 1942. Difensore Civico nazionale della Grecia dal 1998 al 2003, il nostro paladino si è laureato in America nel 1963 e da allora si occupa di Diritti umani e scienze della sociologia, non tralasciando, tra una bega e l’altra, l’amata lettura, la passione per il cinema e l’ascolto della musica classica. Chissà se tra i suoi tanti ascolti ci saranno orecchie anche per qualche nostra sacrosanta osservazione, non propriamente sinfonica, in difesa della bistrattata lingua italiana? Mi auguro proprio di sì. Nel frattempo sarà bene che, tra una lirica e un bel film, Diamandouros rilegga anche il rapporto redatto da un gruppo di intellettuali per conto della Commissione europea, documento che non più di due mesi fa il Commissario per il Multilinguismo, il giovane e simpatico romeno Leonard Orban, ha presentato all’Accademia della Crusca sotto il titolo persuasivo “Una sfida salutare. Come la molteplicità delle lingue potrebbe rafforzare l’Europa” (Bruxelles, 2008). Tra quelle pagine si troverebbe scritto che l’italiano rientra a pieno titolo nei primi tre posti occupati dal neoconcetto di “lingua personale adottiva”, ossia una vera e propria lingua materna da alternare all’uso dell’internazionale e sempre vivo inglese.

    (Da Italia Oggi, 11/7/2008).

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  • L’italiano va difeso, l’Unione europea non lo discrimini

    di Alessandro Masi

    (Segretario generale della Società Dante Alighieri)

    Cercate qualche informazione sul portale dell’Unione Europea? Avete per caso bisogno di informarvi sull’ultimo bando di concorso? Vi interessate di politica o di diritti umani? Clic ed ecco fatto! C’è tutto quello che volevate sapere, ma solo in lingua inglese, francese o tedesca e di recente anche in spagnolo. Italiano? No grazie. Nonostante che l’articolo 290 del Trattato che istituisce la Comunità Europea e il regolamento CE 1/1958 prevedano che il regime linguistico delle istituzioni europee (fatta eccezione per la Corte di Giustizia) debba essere stabilito all’unanimità dal Consiglio e che le lingue ufficiali dell’Unione siano quelle degli Stati membri con pari dignità politica, non c’è verso di far cambiare idea a chi pone su quel sito web unicamente le sigle EN/DE o FR. Eppure vi assicuro che l’italiano non è scomparso né dall’art. 1 del Regolamento plurilinguistico del 1958, dal quale si evince che “le lingue ufficiali e le lingue di lavoro delle istituzioni della Comunità sono la lingua francese, la lingua italiana, la lingua olandese e la lingua tedesca”; né dall’Art. 1 del 2008, ove si riporta testualmente che “le lingue ufficiali e le lingue di lavoro delle istituzioni dell’Unione”. Misterioso giallo questo, complicato e difficile a comprendersi quanto la stessa poca fiducia che gli Stati membri stanno riponendo ultimamente verso la stessa idea comune d’Europa con la bocciatura a sorpresa, prima di Francia e poi Irlanda, dei decreti di ratifica del nuovo Trattato sorto a Lisbona dalle ceneri di quello di Roma. Avrà forse ragione Silvio Berlusconi quando afferma che questa Europa “ha bisogno di un drizzone” oppure è davvero iniziato il lento declino della più antica macchina di idee dell’era moderna, incapace perfino di gestire la propria cultura per mezzo di un unico documento sottoscritto? Per ovviare a questi e a tanti altri motivi che hanno fatto della nostra lingua, della lingua di Dante, una sorta di museo nel museo della moderna storia europea, si è pensato bene di avviare un processo di contrasto, o meglio ancora, di difesa dell’italiano in sede UE con un’azione congiunta del Ministero degli Esteri e la Società Dante Alighieri, stipulata in un memorandum stilato a Roma dal Segretario Generale della Farnesina, Giampiero Massolo e dall’ambasciatore Bruno Bottai lo scorso 19 giugno. Il documento, composto semplicemente da 4 articoli, mira a denunciare “casi di discriminazione della lingua italiana da parte delle istituzioni e degli organi dell’Unione Europea” con il chiaro intento di “intraprendere azioni nei confronti del Mediatore europeo e della Commissione Petizioni del Parlamento Europeo”. Ma chi è il Mediatore europeo? Esiste davvero e cosa dovrebbe fare? In effetti il portale dell’UE lo dichiara esistente con tanto di foto. Si chiama P. Nikiforos Diamandouros ed è nato ad Atene nel 1942. Difensore Civico nazionale della Grecia dal 1998 al 2003, il nostro paladino si è laureato in America nel 1963 e da allora si occupa di Diritti umani e scienze della sociologia, non tralasciando, tra una bega e l’altra, l’amata lettura, la passione per il cinema e l’ascolto della musica classica. Chissà se tra i suoi tanti ascolti ci saranno orecchie anche per qualche nostra sacrosanta osservazione, non propriamente sinfonica, in difesa della bistrattata lingua italiana? Mi auguro proprio di sì. Nel frattempo sarà bene che, tra una lirica e un bel film, Diamandouros rilegga anche il rapporto redatto da un gruppo di intellettuali per conto della Commissione europea, documento che non più di due mesi fa il Commissario per il Multilinguismo, il giovane e simpatico romeno Leonard Orban, ha presentato all’Accademia della Crusca sotto il titolo persuasivo “Una sfida salutare. Come la molteplicità delle lingue potrebbe rafforzare l’Europa” (Bruxelles, 2008). Tra quelle pagine si troverebbe scritto che l’italiano rientra a pieno titolo nei primi tre posti occupati dal neoconcetto di “lingua personale adottiva”, ossia una vera e propria lingua materna da alternare all’uso dell’internazionale e sempre vivo inglese.

    (Da Italia Oggi, 11/7/2008).

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  • L’italiano va difeso, l’Unione europea non lo discrimini

    di Alessandro Masi

    (Segretario generale della Società Dante Alighieri)

    Cercate qualche informazione sul portale dell’Unione Europea? Avete per caso bisogno di informarvi sull’ultimo bando di concorso? Vi interessate di politica o di diritti umani? Clic ed ecco fatto! C’è tutto quello che volevate sapere, ma solo in lingua inglese, francese o tedesca e di recente anche in spagnolo. Italiano? No grazie. Nonostante che l’articolo 290 del Trattato che istituisce la Comunità Europea e il regolamento CE 1/1958 prevedano che il regime linguistico delle istituzioni europee (fatta eccezione per la Corte di Giustizia) debba essere stabilito all’unanimità dal Consiglio e che le lingue ufficiali dell’Unione siano quelle degli Stati membri con pari dignità politica, non c’è verso di far cambiare idea a chi pone su quel sito web unicamente le sigle EN/DE o FR. Eppure vi assicuro che l’italiano non è scomparso né dall’art. 1 del Regolamento plurilinguistico del 1958, dal quale si evince che “le lingue ufficiali e le lingue di lavoro delle istituzioni della Comunità sono la lingua francese, la lingua italiana, la lingua olandese e la lingua tedesca”; né dall’Art. 1 del 2008, ove si riporta testualmente che “le lingue ufficiali e le lingue di lavoro delle istituzioni dell’Unione”. Misterioso giallo questo, complicato e difficile a comprendersi quanto la stessa poca fiducia che gli Stati membri stanno riponendo ultimamente verso la stessa idea comune d’Europa con la bocciatura a sorpresa, prima di Francia e poi Irlanda, dei decreti di ratifica del nuovo Trattato sorto a Lisbona dalle ceneri di quello di Roma. Avrà forse ragione Silvio Berlusconi quando afferma che questa Europa “ha bisogno di un drizzone” oppure è davvero iniziato il lento declino della più antica macchina di idee dell’era moderna, incapace perfino di gestire la propria cultura per mezzo di un unico documento sottoscritto? Per ovviare a questi e a tanti altri motivi che hanno fatto della nostra lingua, della lingua di Dante, una sorta di museo nel museo della moderna storia europea, si è pensato bene di avviare un processo di contrasto, o meglio ancora, di difesa dell’italiano in sede UE con un’azione congiunta del Ministero degli Esteri e la Società Dante Alighieri, stipulata in un memorandum stilato a Roma dal Segretario Generale della Farnesina, Giampiero Massolo e dall’ambasciatore Bruno Bottai lo scorso 19 giugno. Il documento, composto semplicemente da 4 articoli, mira a denunciare “casi di discriminazione della lingua italiana da parte delle istituzioni e degli organi dell’Unione Europea” con il chiaro intento di “intraprendere azioni nei confronti del Mediatore europeo e della Commissione Petizioni del Parlamento Europeo”. Ma chi è il Mediatore europeo? Esiste davvero e cosa dovrebbe fare? In effetti il portale dell’UE lo dichiara esistente con tanto di foto. Si chiama P. Nikiforos Diamandouros ed è nato ad Atene nel 1942. Difensore Civico nazionale della Grecia dal 1998 al 2003, il nostro paladino si è laureato in America nel 1963 e da allora si occupa di Diritti umani e scienze della sociologia, non tralasciando, tra una bega e l’altra, l’amata lettura, la passione per il cinema e l’ascolto della musica classica. Chissà se tra i suoi tanti ascolti ci saranno orecchie anche per qualche nostra sacrosanta osservazione, non propriamente sinfonica, in difesa della bistrattata lingua italiana? Mi auguro proprio di sì. Nel frattempo sarà bene che, tra una lirica e un bel film, Diamandouros rilegga anche il rapporto redatto da un gruppo di intellettuali per conto della Commissione europea, documento che non più di due mesi fa il Commissario per il Multilinguismo, il giovane e simpatico romeno Leonard Orban, ha presentato all’Accademia della Crusca sotto il titolo persuasivo “Una sfida salutare. Come la molteplicità delle lingue potrebbe rafforzare l’Europa” (Bruxelles, 2008). Tra quelle pagine si troverebbe scritto che l’italiano rientra a pieno titolo nei primi tre posti occupati dal neoconcetto di “lingua personale adottiva”, ossia una vera e propria lingua materna da alternare all’uso dell’internazionale e sempre vivo inglese.

    (Da Italia Oggi, 11/7/2008).

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