Corriere della Sera, 19.11.04
L'INTERVISTA L'autore del «Nuovo disordine mondiale» difende principi e
risultati dell'integrazione
«L'Europa è stata costruita da umanisti e artigiani»
Per Todorov «l'Unione è legata indissolubilmente all'America, dev'essere
diversa senza cercare l'antagonismo»
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PARIGI – «L'uomo europeo è già nato e l'idea di Europa non è un sogno
irrealizzabile, ma un formidabile processo in atto». E' utile l'immagine
banale della bottiglia mezza piena o mezza vuota, quando Tzevetan Todorov
tradisce l'ottimismo dell'intellettuale dell'Est che ha tratto «fino in
fondo» le conseguenze della caduta del Muro di Berlino. Storico e filosofo
di origini bulgare, dal '63 a Parigi, dove è direttore delle ricerche del
Cnrs, Todorov ha appena pubblicato «Il nuovo disordine mondiale» (Garzanti).
Sottotitolo: le riflessioni di un europeo.
Perché tanto scetticismo sulla Costituzione?
«Si tende a credere che sia un trattato a far nascere l'Europa e scomparire
gli Stati nazionali. E' invece in atto uno straordinario fenomeno di unità
dal basso, in molti ambiti. Il progetto Erasmus, ad esempio, ha cambiato la
mentalità delle nuove generazioni, che si sentono a casa propria in
qualsiasi Paese europeo. L'euro, lo spazio Schengen, il superamento delle
frontiere sono esempi di una sempre maggiore integrazione economica e
politica».
Alcuni critici, come il sociologo Ralf Dahrendorf in un'intervista al
Corriere , sostengono che le istituzioni europee sono irrealistiche e
nemmeno democratiche.
«Non sono d'accordo. Il Parlamento europeo a suffragio universale è la
massima espressione di democrazia e di confronto di opinioni. Il caso
Buttiglione ha suscitato polemiche, ma è la dimostrazione che il Parlamento
controlla anche la Commissione».
Eppure esiste un problema di partecipazione e di rappresentatività.
«E' innegabile. Ma non dobbiamo pensare alla costruzione dell'Europa con la
mentalità degli ingegneri. L'Europa è un bricolage fatto da artigiani e
umanisti che mettono insieme materiali antichi per costruire qualche cosa di
nuovo. La cosa più sbagliata è paragonare la costituzione americana a quella
europea, il modo con cui sono nati gli Stati Uniti (per annessione di
territori) e il modo in cui nasce l'Europa (per adesione di popoli).
Se non fossi cresciuto in Bulgaria, forse non sarei così ottimista. Ma dalla
caduta del Muro sono passati solo quindici anni!».
Che peso dare a spinte nazionalistiche, allo scetticismo britannico, al
rischio che i referendum sulla Costituzione si risolvano in una bocciatura
dell'Europa?
«Non c'è questo rischio, salvo che per la Gran Bretagna che è un caso a
parte e comunque un caso dentro il processo europeo. La maggioranza dei
popoli europei approverà la Costituzione. Se ci saranno eccezioni, non sarà
grave, perché il bricolage è irreversibile e condiviso. Non dobbiamo
fermarci a meschine questioni di politica interna che talvolta condizionano
il dibattito.
Piuttosto mi preoccupa la mancanza di coraggio e d'inventiva di gran parte
della classe politica. Ci vorrebbero leader più visionari e più in sintonia
con i sentimenti degli europei».
L'Europa, su questioni fondamentali come la guerra in Iraq e sul rapporto
con gli Stati Uniti è divisa. La rielezione di Bush può allargare questa
divisione?
«La grande maggioranza dei popoli europei, inglesi compresi, erano contro la
guerra. Non lo erano tutti i governi, ma i processi democratici stanno
cambiando le cose. La Spagna di Zapatero è un esempio concreto. Gli
attentati di Madrid hanno colpito il suolo europeo e il terrorismo ha già
fatto l'unificazione dell'Europa come obiettivo. Dobbiamo trarne le
conseguenze. Se in Costa d'Avorio ci fosse stata un'iniziativa europea, la
Francia non si troverebbe nell'imbarazzante posizione di ex colonia. Sono
esempi che c'insegnano a lasciar da parte le questioni di principio e ad
andare avanti sui terreni dove si è in sintonia. Le cose con Bush potrebbero
andare peggio. E' quindi il momento maggiore dimostrazione di autonomia
dell'Europa. Dobbiamo costruire una potenza tranquilla in alternativa ad una
potenza imperiale. Essere alleati ma non vassalli. Ma questo è possibile se
l'Europa riesce ad avere sempre meno bisogno degli americani per la propria
difesa. Se gli europei devono seguire le scelte americane, allora dovrebbero
aver il diritto di votare anche loro per la Casa Bianca. Al di là
dell'utopia, ha ragione Berlusconi quando dice che l'Europa è in debito con
gli Stati Uniti. Un debito che deve essere saldato per essere una potenza
autonoma».
C'è anche il rischio che siano gli Stati Uniti a fare a meno dell'Europa e
che guardino sempre più al Pacifico più che all'Atlantico. Il loro deficit è
finanziato da Cina e Giappone. Paradossalmente, la guerra in Iraq è pagata
dai cinesi. Un giorno gli americani potrebbero dire: arrangiatevi.
«L'Europa resta il più importante mercato del mondo. I legami con l'America
sono indissolubili in tutti i campi. Ma oggi esiste la necessità di
rafforzare un modello politico, sociale, etico, diverso che non vuol dire
antagonista.
Ad esempio, la nostra società secolarizzata rispetto allo spiritualismo dei
neoconservatori americani».
Quindi l'Europa non dovrebbe far riferimento a radici cristiane?
«In questo sono d'accordo con Dahrendorf. Ma si badi che la secolarizzazione
è un'eredità cristiana. Date a Cesare quel che è di Cesare…»
Il dibattito sulla Turchia riflette però preoccupazioni di tipo religioso.
«E' interesse dell'Europa che le sue frontiere non confinino con nazioni
troppo diverse. L'Europa non può estendersi all'infinito, magari fino alle
porte dell'Iran o della Russia. E' invece interesse dell'Europa avere
rapporti intensi con vicini amici, come la Turchia o il Maghreb, anche
perché abbiamo bisogno di immigrazione e di un mercato più vasto. Ma non sul piano politico e militare».
Un altro dibattito lacerante, che divide ad esempio i socialisti francesi, è
sul carattere dell'Europa. Sociale o liberale?
«E' un dibattito mal posto, che mi ricorda le dottrine sovietiche sul
governo dell'economia. L'Europa sarà sociale o liberale a seconda delle
maggioranze politiche espresse dai cittadini. Altra cosa sono la qualità del
processo di unificazione e i valori dell'azione politica. La Costituzione ne
afferma alcuni. La tolleranza, le diversità culturali, la secolarizzazione,
la libertà di espressione, l'uguaglianza dei sessi, il pluralismo
dell'informazione non sono valori negoziabili. Se si accetta che
l'informazione sia monopolizzata da potentati economici, sono appunti i
valori di fondo e la democrazia a essere minacciati. Senza pluralismo, non
saranno i cittadini a decidere il modello, ma i potentati».
Massimo Nava
[addsig]
L'INTERVISTA L'autore del «Nuovo disordine mondiale» difende principi e
risultati dell'integrazione
«L'Europa è stata costruita da umanisti e artigiani»
Per Todorov «l'Unione è legata indissolubilmente all'America, dev'essere
diversa senza cercare l'antagonismo»
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PARIGI – «L'uomo europeo è già nato e l'idea di Europa non è un sogno
irrealizzabile, ma un formidabile processo in atto». E' utile l'immagine
banale della bottiglia mezza piena o mezza vuota, quando Tzevetan Todorov
tradisce l'ottimismo dell'intellettuale dell'Est che ha tratto «fino in
fondo» le conseguenze della caduta del Muro di Berlino. Storico e filosofo
di origini bulgare, dal '63 a Parigi, dove è direttore delle ricerche del
Cnrs, Todorov ha appena pubblicato «Il nuovo disordine mondiale» (Garzanti).
Sottotitolo: le riflessioni di un europeo.
Perché tanto scetticismo sulla Costituzione?
«Si tende a credere che sia un trattato a far nascere l'Europa e scomparire
gli Stati nazionali. E' invece in atto uno straordinario fenomeno di unità
dal basso, in molti ambiti. Il progetto Erasmus, ad esempio, ha cambiato la
mentalità delle nuove generazioni, che si sentono a casa propria in
qualsiasi Paese europeo. L'euro, lo spazio Schengen, il superamento delle
frontiere sono esempi di una sempre maggiore integrazione economica e
politica».
Alcuni critici, come il sociologo Ralf Dahrendorf in un'intervista al
Corriere , sostengono che le istituzioni europee sono irrealistiche e
nemmeno democratiche.
«Non sono d'accordo. Il Parlamento europeo a suffragio universale è la
massima espressione di democrazia e di confronto di opinioni. Il caso
Buttiglione ha suscitato polemiche, ma è la dimostrazione che il Parlamento
controlla anche la Commissione».
Eppure esiste un problema di partecipazione e di rappresentatività.
«E' innegabile. Ma non dobbiamo pensare alla costruzione dell'Europa con la
mentalità degli ingegneri. L'Europa è un bricolage fatto da artigiani e
umanisti che mettono insieme materiali antichi per costruire qualche cosa di
nuovo. La cosa più sbagliata è paragonare la costituzione americana a quella
europea, il modo con cui sono nati gli Stati Uniti (per annessione di
territori) e il modo in cui nasce l'Europa (per adesione di popoli).
Se non fossi cresciuto in Bulgaria, forse non sarei così ottimista. Ma dalla
caduta del Muro sono passati solo quindici anni!».
Che peso dare a spinte nazionalistiche, allo scetticismo britannico, al
rischio che i referendum sulla Costituzione si risolvano in una bocciatura
dell'Europa?
«Non c'è questo rischio, salvo che per la Gran Bretagna che è un caso a
parte e comunque un caso dentro il processo europeo. La maggioranza dei
popoli europei approverà la Costituzione. Se ci saranno eccezioni, non sarà
grave, perché il bricolage è irreversibile e condiviso. Non dobbiamo
fermarci a meschine questioni di politica interna che talvolta condizionano
il dibattito.
Piuttosto mi preoccupa la mancanza di coraggio e d'inventiva di gran parte
della classe politica. Ci vorrebbero leader più visionari e più in sintonia
con i sentimenti degli europei».
L'Europa, su questioni fondamentali come la guerra in Iraq e sul rapporto
con gli Stati Uniti è divisa. La rielezione di Bush può allargare questa
divisione?
«La grande maggioranza dei popoli europei, inglesi compresi, erano contro la
guerra. Non lo erano tutti i governi, ma i processi democratici stanno
cambiando le cose. La Spagna di Zapatero è un esempio concreto. Gli
attentati di Madrid hanno colpito il suolo europeo e il terrorismo ha già
fatto l'unificazione dell'Europa come obiettivo. Dobbiamo trarne le
conseguenze. Se in Costa d'Avorio ci fosse stata un'iniziativa europea, la
Francia non si troverebbe nell'imbarazzante posizione di ex colonia. Sono
esempi che c'insegnano a lasciar da parte le questioni di principio e ad
andare avanti sui terreni dove si è in sintonia. Le cose con Bush potrebbero
andare peggio. E' quindi il momento maggiore dimostrazione di autonomia
dell'Europa. Dobbiamo costruire una potenza tranquilla in alternativa ad una
potenza imperiale. Essere alleati ma non vassalli. Ma questo è possibile se
l'Europa riesce ad avere sempre meno bisogno degli americani per la propria
difesa. Se gli europei devono seguire le scelte americane, allora dovrebbero
aver il diritto di votare anche loro per la Casa Bianca. Al di là
dell'utopia, ha ragione Berlusconi quando dice che l'Europa è in debito con
gli Stati Uniti. Un debito che deve essere saldato per essere una potenza
autonoma».
C'è anche il rischio che siano gli Stati Uniti a fare a meno dell'Europa e
che guardino sempre più al Pacifico più che all'Atlantico. Il loro deficit è
finanziato da Cina e Giappone. Paradossalmente, la guerra in Iraq è pagata
dai cinesi. Un giorno gli americani potrebbero dire: arrangiatevi.
«L'Europa resta il più importante mercato del mondo. I legami con l'America
sono indissolubili in tutti i campi. Ma oggi esiste la necessità di
rafforzare un modello politico, sociale, etico, diverso che non vuol dire
antagonista.
Ad esempio, la nostra società secolarizzata rispetto allo spiritualismo dei
neoconservatori americani».
Quindi l'Europa non dovrebbe far riferimento a radici cristiane?
«In questo sono d'accordo con Dahrendorf. Ma si badi che la secolarizzazione
è un'eredità cristiana. Date a Cesare quel che è di Cesare…»
Il dibattito sulla Turchia riflette però preoccupazioni di tipo religioso.
«E' interesse dell'Europa che le sue frontiere non confinino con nazioni
troppo diverse. L'Europa non può estendersi all'infinito, magari fino alle
porte dell'Iran o della Russia. E' invece interesse dell'Europa avere
rapporti intensi con vicini amici, come la Turchia o il Maghreb, anche
perché abbiamo bisogno di immigrazione e di un mercato più vasto. Ma non sul piano politico e militare».
Un altro dibattito lacerante, che divide ad esempio i socialisti francesi, è
sul carattere dell'Europa. Sociale o liberale?
«E' un dibattito mal posto, che mi ricorda le dottrine sovietiche sul
governo dell'economia. L'Europa sarà sociale o liberale a seconda delle
maggioranze politiche espresse dai cittadini. Altra cosa sono la qualità del
processo di unificazione e i valori dell'azione politica. La Costituzione ne
afferma alcuni. La tolleranza, le diversità culturali, la secolarizzazione,
la libertà di espressione, l'uguaglianza dei sessi, il pluralismo
dell'informazione non sono valori negoziabili. Se si accetta che
l'informazione sia monopolizzata da potentati economici, sono appunti i
valori di fondo e la democrazia a essere minacciati. Senza pluralismo, non
saranno i cittadini a decidere il modello, ma i potentati».
Massimo Nava