L'Europa da combattere
L'Ulivo importa una piccola Unione, il governo esporti un'Italia decenteIl Parlamento europeo ha votato, su commissione elettoralistica dell'opposizione italiana, un documento grottesco che annuncia la fine della libertà di opinione, di informazione e di stampa in Italia. Una robetta così, la solita produzione di carta a mezzo di carta, inutile ma anche irritante per chiunque conosca l'origine del conflitto di interessi nel nostro paese. Non vale la pena neanche di un commento, quella mozione grossolana e di pura propaganda. Interessante è invece capire che Romano Prodi e i suoi euroemissari della lista unitaria fanno un uso sporcificante dell'Europa burocratica, e ci ammaestrano e ci fanno lezioni dall'alto di un clamoroso fallimento, che sarebbe ora di denunciare per quel che è e per quel che ci è costato e ci costa. I numeri li fornisce prima di tutto il Fondo monetario internazionale, che analizza un mondo in crescita, dall'America alla Cina, dalla Russia al Giappone, con quel buco nero in cui è piombata l'Unione, prigioniera di un “patto stupido” che ingessa le economie continentali mentre viene violato ma non riformato, incapace di individuare una seria procedura costituzionale per entrare nella sua fase politica, ferma al più inetto ragionierismo e a principi di vincolismo e dirigismo sociale pagati da tutti, a partire dai ceti più deboli, dai giovani e dai settori produttivi più avanzati e più penalizzati dalla mancanza di incentivi all'innovazione competitiva delle imprese.Se i prodiani hanno deciso di importare la logica di quella piccola Unione che, fatto l'euro (e in modo non proprio smagliante), ha poi disfatto l'economia di eurolandia, i berlusconiani dovrebbero rispondere a tono. Dovrebbero uscire da ogni impaccio retorico ed esportare in Europa un'Italia decente, che non può limitarsi al pregevole piano per le opere infrastrutturali, nucleo di una politica economica europea prossima ventura. Se il rilancio annunciato della rivoluzione fiscale si combina con la disponibilità a governare in deficit, tagliando la spesa pubblica con riforme incisive e non indolori, bisogna che il governo italiano faccia sentire in Europa questa contraddizione, questa scelta pro mercato. Bisogna che il governo si faccia portavoce, mettendo al lavoro il Partito popolare, di una svolta nell'Unione, dalla Commissione al Consiglio europeo, e che questa svolta abbia un carattere sufficientemente radicale e generale, investendo il tema dei diritti, delle libertà economiche, sociali e politiche, delle procedure democratiche di ratifica di qualunque nuovo Trattato costituzionale. Blair docet. Non solo l'economia italiana, ma anche questo animale bolso che è l'Europa uscita dalla moneta unica, l'Unione bancaria incapace di capire che il problema di oggi non è la lotta all'inflazione, ha bisogno di una frustata. Se Berlusconi e i suoi portano questo programma alle elezioni del 13 giugno, e oltre, l'esistenza di questo governo e di questa maggioranza si giustificheranno. Se no, no.