Quali ragioni di una divisione che resta
LE DUE STRADE
DI EUROPA E USA
Di PIERO OSTELLINO
Stati Uniti e Gran Bretagna hanno riportato la questione irachena davanti alla Nazioni Unite per non doversi sobbarcare da soli i costi della stabilizzazione e della ricostruzione dell’Iraq.
Con la risoluzione approvata dal Consiglio di sicurezza – con il voto anche della Francia,della Germania,della Russia e della Cina che si erano opposte alla guerra – Washington e Londra hanno ceduto una parte della propria libertà di manovra in cambio della cooperazione della comunità internazionale nella gestione della crisi. Ma ciò non autorizza all’ottimismo né per un ritorno degli Stati Uniti al multilateralismo né per un loro riavvicinamento alla “vecchi Europa”. Sono anche troppo le ragioni che dividono americani ed europei.
L’11 settembre – ha scritto Timothy Gordon Ash – è stato un altro di quei momenti storici che definiscono la natura di certe circostanze e l’identità degli attori che ne sono coinvolti,”in cui l’Europa non si è lasciata definire”. Lo aveva scritto l’Herald Tribune:”Ciò che gli europei non comprendono è quanto l’America sia cambiata dall’11settembre”. L’ha ribadito il segretario generale della Nato,George Robertson:”Se vogliamo assicurarci che gli Stati Uniti non vadano né verso l’unilateralismo né verso l’isolazionismo,tutti i Paesi europei devono dimostrare una nuova disponibilità a sviluppare efficaci capacità di gestione delle crisi”. Ma,anche dopo l’approvazione all’Onu della nuova risoluzione,la freddezza del presidente francese,Chirac,per un possibile coinvolgimento della Nato in Iraq sembra confermare il giudizio del senatore americano Richard Lugar:malgrado i suoi indubitabili successi passati,l’Alleanza atlantica resta marginale rispetto alle nuove questioni sull’agenda internazionale.
Quanto,poi,all’unilateralismo,è davvero ingenua la convinzione di molti ambienti europei,fra i quali la nostra sinistra,che gli Stati Uniti tornerebbero al multilateralismo solo che alla casa Bianca arrivasse il democratico John F.Kerry e ne fossero allontanate le “teste d’uovo” neo-conservatrici che mal consiglierebbero Bush. L’unilateralismo americano ha radici antiche e motivazioni attuali. Le radici antiche affondano nell’incapacità degli Usa-dal lontano rifiuto della Società delle Nazioni a quelli recenti della Corte internazionale di giustizia e del Protocollo di Kyoto sull’ambiente-di conciliare la vocazione a promuovere regole e istituzioni internazionali con la volontà di lasciarsi poi coinvolgere da quelle stesse regole e da quelle stesse istituzioni. Le motivazioni attuali riguardano la convinzione – che,prima di Bush,era di Clinton – che,dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica,l’ordine internazionale abbia più una natura egemonica che multilaterale,cosche,-come ha detto Rumsfeld-“non siano le coalizioni a stabilire i termini della missione,ma che si debba lasciare alla missione di determinare le coalizioni”.
E qui si innesta un altro motivo di divisione:da un lato,l’inclinazione degli europei a costruire istituzioni comuni e sopranazionali;dall’altro,la gelosa difesa,da parte degli americani,della propria sovranità e la diffidenza per istituzioni che la condizionino e la limitino. Del resto,- e questo è,secondo Michael E. Cox,un altro motivo di divisione-“a)il divario di capacità militare sta ampliandosi invece di ridursi;b)il fatto che il divario aumenti comporta che i Paesi europei non solo avranno meno influenza sugli Stati Uniti,ma che questi ultimi prenderanno l’Europa meno sul serio”.
Corriere della Sera p.1