Corriere della Sera, 1.10.04
L'ASSO IN MANO ALL'EUROPA
di SERGIO ROMANO
Se il lettore si addentrasse nel labirinto dei Protocolli di Kyoto
scoprirebbe che l'adesione della Russia agli accordi sulla limitazione dei
gas tossici permetterà ad alcuni Paesi, probabilmente, di mantenere tassi
d'inquinamento superiori ai limiti consentiti. La ragione del paradosso è
questa. Nessun Paese di Kyoto deve superare le emanazioni di cui fu
responsabile nel 1990, ma gli inquinatori potranno saldare i propri conti
con l'ambiente, se necessario, comprando «crediti» là dove il tasso
d'inquinamento è inferiore a quello dell'anno di riferimento. La Russia
(insieme con la Cina uno dei maggiori «avvelenatori» del pianeta) inquina
oggi meno di quanto non accadesse nel 1990, quando l'industria sovietica
copriva di fumo e smog il cielo delle sue città. E potrà quindi, dopo il
declino industriale negli anni Novanta, garantire per qualche tempo, con un
certo beneficio finanziario, i peccati ambientali degli altri. Ma perché,
allora, la sua adesione ha richiesto un negoziato così lungo? Perché tanti
consiglieri di Putin hanno cercato di impedirla? Semplicemente perché la
Russia, in questa fase – così sostiene il partito anti-Kyoto – deve crescere
rapidamente senza lasciarsi frenare da laccioli ambientalisti. Non appena il
Paese avrà raggiunto le emissioni del 1990 i vincoli dei Protocolli
diverranno validi anche per le sue industrie e saranno un onere che potrebbe
rallentarne lo sviluppo. Di questi argomenti coglieremo l'eco nel dibattito
per la ratifica che comincerà ora alla Duma.
Gli ambientalisti europei, quindi, hanno ottime ragioni, nonostante tutto,
per compiacersi della decisione di Putin. Dopo il rifiuto di Bush, la sorte
dei Protocolli dipendeva dall'adesione di Mosca. Se la Russia, responsabile
del 17% dei gas tossici nel mondo, li avesse respinti, quegli accordi
sarebbero divenuti, secondo una cinica espressione della diplomazia
ottocentesca, chiffons de papier , stracci di carta. Per i Verdi europei,
questa è una vittoria. Per i Verdi americani è l'arma di cui potranno
servirsi, forse già nei prossimi giorni, perché l'ambiente diventi materia
di dibattito elettorale. Ma la vera vittoria è quella dell'Ue.
L'adesione russa è il risultato di un lungo negoziato condotto dalla
Commissione di Bruxelles. La Russia desidera entrare nell'Organizzazione
mondiale del commercio e l'Unione era perfettamente in grado di bloccarle la
strada.
Quella strada oggi è probabilmente aperta. Non conosciamo ancora i termini
del negoziato. Non sappiamo se le parti si siano accordate anche sul prezzo
del gas russo, modesto in patria e quattro volte più caro sui mercati
internazionali.
Ma sappiamo che i buoni rapporti con l'Ue sono parsi a Putin, per il futuro
del suo Paese, molto più importanti di qualsiasi considerazione domestica.
E' questo l'aspetto più significativo dell'accordo. Quando manovra l'arma
dell'economia, l'Unione diventa una superpotenza. Lo ha dimostrato nei suoi
rapporti con gli Usa in materia di dazi sull'acciaio, fusioni industriali e
benefici fiscali per gli esportatori americani. Lo dimostra ora nei suoi
rapporti con la Russia in materia di ambiente. Quale sarebbe il suo ruolo
nel mondo se il peso economico venisse messo al servizio di una politica
estera comune?
Passo la domanda agli euroscettici e concludo con un altro paradosso.
L'adesione ai Protocolli di Kyoto coincide con un manifesto firmato da molti
intellettuali che rimproverano a Putin le sue tendenze autoritarie. Sono
sentimenti onorevoli e opinioni comprensibili. Ma i governi dovranno
chiedersi se il terreno dell'economia non sia quello su cui l'Europa può
meglio contribuire alla crescita, anche civile, del suo grande vicino.