In questo articolo si mostra come il declino dell’italiano sia solo uno degli aspetti del declino del peso del Paese nella UE. Berlusconi sembra non voglia insistere per la difesa dell’italiano.
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A rischio i finanziamenti per il Mezzogiorno, declassato l’italiano, ridotte le poltrone di rilievo. E le liti maggioranza-opposizione peggiorano le cose
Aiuti, lingua, incarichi: così Roma perde peso a Bruxelles
DAL NOSTRO INVIATO
BRUXELLES – Non sono isolate le decisioni della Commissione di Josè Manuel Barroso di declassare la lingua italiana e di nominare portavoce sei francesi, cinque tedeschi, cinque britannici e nessun italiano. Una penalizzazione ben più pesante rischia di privare l’Italia dei fondi strutturali di Bruxelles per alcune aree del Mezzogiorno. Questo perché Germania, Francia e Gran Bretagna (e altri Paesi) intendono ridurre i contributi al bilancio comunitario. A Berlino non vogliono tagliare i costi per le non necessarie traduzioni in tedesco dell’attività della Commissione europea (che è già in francese e in inglese). A Parigi rifiutano riduzioni dei sussidi Ue per gli agricoltori transalpini o di cancellare l’assurdo e costosissimo trasferimento mensile a Strasburgo dell’intero Europarlamento di Bruxelles. A Londra difendono lo «sconto» sui loro contributi all’Ue, spuntato negli anni della Thatcher. Preferirebbero così risparmiare a spese del Mezzogiorno, già colpito nell’attribuzione dei fondi dall’ingresso nell’Ue dei meno sviluppati Paesi dell’Est.
Stavolta l’Italia sembrava voler reagire per non farsi ancora calpestare in Europa dai Paesi più influenti. Il ministro degli Esteri, Gianfranco Fini, e i principali gruppi italiani dell’Europarlamento hanno dichiarato di voler tutelare il Mezzogiorno e la lingua nazionale. Ma Berlusconi ieri ha frenato sulla difesa dell’italiano nell’Ue. E resta il declino del «sistema Paese», che è evidente ed è stato caratterizzato dall’assenza di un «gioco di squadra» dell’apparato politico-governativo e istituzionale-burocratico. La litigiosità tra maggioranza e opposizione ha prodotto rovinosi autogol, come lo stop della nomina di tre magistrati italiani all’antifrode Olaf di Bruxelles: ordinato dal ministro Roberto Castelli, non dall’asse franco-tedesco.
In questo contesto le penalizzazioni contro l’Italia sono dilagate. Vanno dall’idioma all’assegnazione degli incarichi importanti. Vari eurocrati sostengono che il «Regolamento n.1» considera ufficiali tutte le lingue dei Paesi membri. L’uso nella Commissione di solo tre delle lingue dei quattro Stati più grandi si sarebbe consolidato per esigenze pratiche (francese e inglese) e per accontentare il governo più influente (tedesco). Ne è scaturito un vantaggio competitivo per gli eurocrati francesi, britannici e tedeschi in un’attività dove è decisivo anche scrivere. Oggi tutta la documentazione della Commissione è diffusa in inglese, francese e tedesco. Una disposizione consente ulteriori traduzioni, ma per un numero minimo di pagine. Pertanto gli atti in italiano e nelle altre lingue minori sono spesso sintesi incomplete. Perfino i bandi di gara comunitari possono escludere «a priori» le imprese italiane che non hanno accesso a un adeguato apparato di traduzione.
Quando a Bruxelles c’erano Romano Prodi nel ruolo più prestigioso (presidente) e Mario Monti in quello di maggior potere (Antitrust), l’Italia sembrava rilanciata. A livello direttivo, però, ha continuato a perdere terreno. Le hanno tolto le importanti direzioni generali dell’Economia e dell’Industria, passate ai tedeschi (che hanno anche Mercato interno, Controllo finanziario e Olaf). In cambio ne è arrivata una di seconda fascia (Società dell’Informazione), una dimezzata (la Sviluppo privata dei fondi per la cooperazione) e una marginale (Servizio interpreti). L’Italia vanta anche un condirettore di fatto senza superiore, ma segue l’Allargamento (ormai quasi tutto avvenuto). La Francia controlla Servizio giuridico, Energia e trasporti, Affari sociali, Fiscalità . I britannici dirigono Antitrust, Affari regionali, Giustizia, Sanità e protezione dei consumatori. Perfino la Spagna ha maggiore peso dell’Italia (Relazioni estere, Agricoltura e Bilancio). Nei gabinetti dei commissari ormai l’unico capo italiano è con Franco Frattini, responsabile della Giustizia. Questo portafoglio è stato offerto al governo Berlusconi dopo il rifiuto della Francia, che ha preferito i Trasporti (in aggiunta alla presidenza della Banca centrale europea). La Germania ha in Günter Verhugen il supervisore della politica economico-industriale della Commissione. La Gran Bretagna, che non è nemmeno nell’euro, cura il Commercio estero. La Spagna somma gli Affari economici, la politica estera del Consiglio e la presidenza dell’Europarlamento. Qui i leader dei principali gruppi politici sono due tedeschi (Ppe e Pse), un britannico (liberali), un franco-tedesco (verdi) e un francese (comunisti). Per trovare italiani bisogna scendere ai co-presidenti di verdi e destra e al vertice di commissioni parlamentari secondarie (Sviluppo, Giuridica, Affari sociali e Trasporti). In compenso all’Europarlamento, alla Commissione o al Consiglio si incontrano tanti uscieri italiani.
Ivo Caizzi[addsig]