06/01/2005, Il Riformista, pag.2
Modelli. per colmare il fossato Atlantico. di Luigi Mazzella
La pace di Westfalia divide Europa e Usa
Nella attuale situazione politica mondiale i rapporti degli Statì Uniti d’America con l’Unione Europea rappresentano un motivo di preoccupazione per l’unità dell’Occidente. Le ragioni della divaricazione sembrano essere soprattutto di natura economica e di diritto internazionale. E sia sotto il primo che sotto il secondo profilo l’asse di divisione sembra passare più che tra Usa ed Unione europea “tout court”, tra democrazie anglosassoni, da un lato, e democrazie dell’Europa continentale, dall’altro.
Dal punto di vista economico, la contrapposizione sembra essere tra una concezione liberistica, propria, pur con diverse sfumature, delle democrazie statunitense e britannica ed una visione per così dire socialdemocratica o “welfaristica” che appare prevalente o comunque massicciamente presente nell’Europa continentale. Le voci dissonanti sono presenti nell’uno e nell’altro campo ma questo, se alimenta la dialettica tra studiosi della materia, non muta gli aspetti della diversità che nelle loro linee essenziali sono abbastanza delineati.
Dal punto di vista del diritto internazionale, il punto di dissenso sembra riguardare l’uso della forza bellica: si può agire in modo unilaterale, come inclinano a pensare gli Stati Uníti d’America e, con qualche “distinguo”, la Gran Bretagna o bisogna abbracciare una politica estera multilaterale, come sostengono soprattutto Francia e Germania, che ritengono in omaggio al principio della non ingerenza nelle sovranità nazionali di dovere escludere azioni preventive di guerra senza l’autorizzazione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu?
Il problema è complesso e trae origine da una vecchia, dibattuta e mai risolta questione circa la natura e la valenza di organizzazioni internazionali come la Società delle nazioni, prima, e l’Onu, dopo. Se, cioè, debba riconoscersi in astratto un’uguaglianza inviolabile e sovrana di tutte le nazioni del mondo, grandi o piccole, democratiche o tiranniche, civili o barbare che siano o se debba prevalere sul rispetto dell’integrità della sovranità nazionale la diffusione della democrazia, dei diritti umani o di qualsiasi altro bene morale nonché l’intolleranza per ogni brutale repressione di gruppi etnici in qualunque luogo perpetrata.
Si tratta di un quesito cui sono state date risposte, sostanzialmente diverse e persino contraddittorie, come dimostrano i giudizi che sono stati espressi sull’uso della forza in Kosovo ed in Iraq. Entrambi i paesi, com’è noto, sono stati attaccati, l’uno da forze sostanzialmente europee, l’altro da contingenti anglo-americani senza alcuna autorizzazione del consiglio di sicurezza.
Forse è nelle rispettive storie patrie che si rinvengono motivazioni per giudicare le differenti scelte operate neì secoli dalle democrazie anglosassoni e da quelle dell’Europa continentale. La pace di Westfalia ed il principio della non ingerenza nelle sovranità nazionali contigue o vicine sono stati alla base ed hanno costituito il cemento dell’unità, della pace e del benessere dell’Europa. La guerra calda contro il nazifascismo e quella fredda contro il comunismo hanno fatto considerare necessarie la forza, la deterrenza armata e l’ingerenza nella sovranità di altri Stati, alla popolazione ed ai capi di governo statunitensi.
Comprendere i motivi del dissenso potrebbe servire a far superare l’attuale situazione conflittuale. E ciò sarebbe, senza dubbio, un bene per l’Occidente intero.
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