-
Il presidente Macron non dice mai di essere dispiaciuto per coloro che hanno perso un occhio o una mano (…) per l’estrema brutalità della polizia. Piuttosto, ha chiesto al parlamento francese di approvare una legge che abolisce quasi completamente il diritto di manifestare e la presunzione di innocenza, e che consente l’arresto di chiunque, dovunque, anche immotivatamente. La legge è stata approvata.
- A giugno, il parlamento francese ha approvato un’altra legge, punendo severamente chiunque dica o scriva qualcosa che potrebbe contenere “incitamento all’odio”. La legge è così vaga che un giurista americano, Jonathan Turley, si è sentito in dovere di reagire. “La Francia”, egli ha scritto, “è ora diventata una delle maggiori minacce internazionali alla libertà di parola”.
- La principale preoccupazione di Macron e del governo francese non sembra essere il rischio di rivolte, il malcontento pubblico, la scomparsa del Cristianesimo, la disastrosa situazione economica o l’islamizzazione e le sue conseguenze. La loro preoccupazione maggiore è il cambiamento climatico.
Parigi, Champs-Élysées, 14 luglio. Giorno della presa della Bastiglia. Poco prima dell’inizio della parata militare, il presidente Emmanuel Macron percorre il viale a bordo di un’auto militare per salutare la folla. Migliaia di persone si sono radunate lungo la strada al grido di “Macron dimettiti!”, fischiando e lanciando insulti.
Al termine della sfilata, poche decine di persone fanno volare dei palloncini gialli e distribuiscono dei volantini con su scritto: “I gilet gialli non sono morti”. La polizia li disperde, rapidamente e con fermezza. Poco dopo, arrivano centinaia di anarchici “Antifa”, lanciano in aria le barriere di sicurezza poste in strada, per erigere barricate, accendere fuochi e distruggere le vetrine di molti negozi. La polizia ha difficoltà a padroneggiare la situazione, ma verso sera, dopo qualche ora, ripristina la calma.
Poche ore dopo, migliaia di giovani arabi delle banlieue si ammassano nei pressi dell’Arc de Triomphe. Sono lì per “festeggiare” a modo loro la vittoria di una squadra di calcio algerina. Molte vetrine vengono distrutte, molti negozi saccheggiati. Le bandiere algerine sono ovunque. Campeggiano slogan del tipo: “Lunga vita all’Algeria”, “La Francia è nostra”, “Morte alla Francia”. I cartelli con i nomi delle vie vengono rimpiazzati da altri cartelli che riportano il nome di Abd El Kader, il leader religioso e militare che ha combattuto contro l’esercito francese all’epoca della colonizzazione dell’Algeria. La polizia si limita a reprimere la violenza nella speranza che non dilaghi.
Verso mezzanotte, tre leader del movimento dei “gilet gialli” escono da una stazione di polizia e dicono a un giornalista televisivo che sono stati arrestati la mattina presto e trattenuti per il resto del giorno. Il loro avvocato afferma che non hanno fatto nulla di male e che sono stati arrestati solo “preventivamente”. Il legale sottolinea che una legge approvata nel febbraio scorso consente alla polizia francese di arrestare chiunque sia sospettato di partecipare a una manifestazione di protesta; non è necessaria l’autorizzazione da parte di un giudice e non è possibile presentare ricorso.
Venerdì 19 luglio, la squadra di calcio algerina incassa un’altra vittoria. Altri giovani arabi si radunano nei pressi dell’Arc de Triomphe per nuovi “festeggiamenti”. Il danno è addirittura maggiore rispetto a otto giorni prima. Le forze di polizia sono più massicce; non fanno quasi nulla.
Il 12 luglio, due giorni prima del Giorno della presa della Bastiglia, diverse centinaia di migranti illegali clandestini privi di documenti entrano nel Pantheon, il monumento che ospita le tombe degli eroi che hanno avuto ruoli importanti nella storia della Francia. Lì i migranti annunciano la nascita del movimento dei “gilet neri”. Chiedono la “regolarizzazione” di tutti gli immigrati illegali sul territorio francese e alloggi gratuiti per ciascuno di loro. La polizia è presente, ma rifiuta di intervenire. La maggior parte dei manifestanti se ne va pacificamente. Alcuni che insultano la polizia vengono arrestati.
La Francia oggi è un paese alla sbando. Tensioni e illegalità continuano a guadagnare terreno. Il disordine è diventato parte della vita quotidiana. I sondaggi mostrano che una grande maggioranza di intervistati boccia il presidente Macron. Sembrano detestare la sua arroganza ed essere inclini a non perdonarlo. Sembrano essere risentiti del suo disprezzo nei confronti dei poveri; del modo in cui ha schiacciato il movimento dei “gilet gialli” e del fatto che Macron non ha prestato la minima attenzione alle più piccole richieste, come il diritto di indire un referendum come quello tenutosi in Svizzera. Macron non può più andare da nessuna parte senza correre il rischio di suscitare rabbia da parte dei cittadini.
Pare che i “gilet gialli” abbiano smesso di manifestare: in troppi sono stati mutilati o sono rimasti feriti. Il loro malcontento, tuttavia, è ancora acceso. Sembra in attesa di esplodere di nuovo.
La polizia francese appare feroce quando si occupa dei manifestanti pacifici, ma riesce a malapena a impedire a gruppi come “Antifa” di provocare la violenza. Pertanto, “Antifa” ora si presenta alla fine di ogni manifestazione. La polizia francese sembra essere particolarmente cauta quando ha a che fare con i giovani arabi e con i migranti illegali. La polizia ha ricevuto ordini. Gli agenti sanno che i giovani arabi e gli immigrati clandestini potrebbero creare rivolte su vasta scala. Tre mesi fa, a Grenoble, la polizia stava inseguendo alcuni giovani arabi in sella a una moto rubata, che erano accusati di furto. Durante la fuga, hanno avuto un incidente. Ne sono seguiti cinque giorni di disordini.
Il presidente Macron sembra un leader autoritario di fronte agli indigenti contrariati. Non dice mai di essere dispiaciuto per coloro che hanno perso un occhio o una mano o che hanno subito un danno irreversibile al cervello a causa dell’estrema brutalità della polizia. Piuttosto, ha chiesto al parlamento francese di approvare una legge che abolisce quasi del tutto il diritto di manifestare, la presunzione di innocenza e che consente l’arresto di chiunque, dovunque, anche immotivatamente. La legge è stata approvata.
A giugno, il parlamento francese ha approvato un’altra legge, punendo severamente chiunque dica o scriva qualcosa che potrebbe contenere “incitamento all’odio”. La legge è così vaga che un giurista americano, Jonathan Turley, si è sentito in dovere di reagire. “La Francia”, egli ha scritto, “è ora diventata una delle maggiori minacce internazionali alla libertà di parola”.
Ma Macron non sembra autoritario con gli anarchici violenti. Di fronte ai giovani arabi e ai migranti illegali, appare decisamente debole.
Sa cosa ha detto nel novembre 2018 l’ex ministro dell’Interno, Gérard Collomb, mentre dava le dimissioni dal governo:
“In Francia, le comunità sono sempre più in conflitto tra loro, un conflitto che sta diventando molto violento (…) oggi viviamo fianco a fianco, ma temo che domani potremmo ritrovarci gli uni contro gli altri”.
Macron sa anche cosa ha detto l’ex presidente François Hollande dopo aver concluso il suo mandato presidenziale: “La Francia è sull’orlo della partizione”.
Macron sa che la partizione della Francia esiste già. La maggior parte degli arabi e degli africani vive nelle no-go zones, separate dal resto della popolazione, dove si accetta sempre meno la presenza di non arabi e non africani. Non si definisconofrancesi, tranne quando affermano che la Francia apparterrà a loro. Dalle notizie emerge che la maggior parte di loro nutre un profondo rifiuto della Francia e della civiltà occidentale. Un numero crescente sembra porre la propria religione al di sopra della cittadinanza; molti sono radicalizzati e pronti a combattere.
Macron sembra non volere combattere. Piuttosto, ha deciso di rabbonirli. Persegue senza esitazione i suoi piani per istituzionalizzare l’Islam in Francia. Tre mesi fa, è stata creata l’Associazione musulmana per l’Islam di Francia (AMIF). Una sezione di questa associazione si occuperà dell’espansione culturale dell’Islam e della “lotta contro il razzismo anti-musulmano”. Un altro ramo sarà responsabile dei programmi di formazione degli imam e della costruzione delle moschee. Questo autunno verrà istituito un “Consiglio degli imam di Francia”. I principali leader dell’AMIF sono (lo erano fino a poco tempo fa) membri dei Fratelli Musulmani, un movimento designato come organizzazione terroristica in Egitto, Bahrein, Siria, Russia, Arabia Saudita e negli Emirati Arabi Uniti – ma non in Francia.
Macron è a conoscenza dei dati demografici, i quali indicano che in Francia la popolazione musulmana aumenterà in modo significativo nei prossimi anni. (L’economista Charles Gave ha scritto di recente che entro il 2057, la Francia avrà una popolazione a maggioranza musulmana.) Macron può constatare che presto sarà impossibile per chiunque essere eletto presidente senza contare sul voto musulmano, pertanto, agisce di conseguenza.
A quanto pare, Macron si rende conto che il malcontento che ha dato vita al movimento dei “gilet gialli” è ancora lì. Pensa che la repressione sarà sufficiente per prevenire ulteriori insurrezioni e non fa nulla per porre rimedio alle cause del malcontento.
Il movimento dei “gilet gialli” è nato da una rivolta contro le imposte eccessivamente elevate sul carburante e contro le severe misure prese dal governo contro le auto e i conducenti. Tali misure includevano limiti di velocità ridotti – 80 km/h sulla maggior parte delle autostrade – e più autovelox; un sensibile aumento delle sanzioni e complessi e costosi controlli annuali dei veicoli a motore. Le imposte francesi sui carburanti di recente sono aumentate di nuovo e ora sono le più alte d’Europa (il 70 per cento del prezzo pagato al distributore di benzina). Altre misure ancora in vigore, prese contro le auto e i conducenti, sono particolarmente dolorose per coloro che hanno difficoltà economiche. Questi ultimi sono già stati cacciati dalle banlieue dai nuovi arrivati intolleranti e ora sono costretti a vivere e – a recarsi in auto – ancora più lontano dal luogo di lavoro.
Macron non ha preso alcuna decisione per porre rimedio alla disastrosa situazione economica in Francia. Quando è stato eletto, tasse, imposte e oneri sociali rappresentavano quasi il 50 per cento del prodotto interno lordo. La spesa pubblica rappresentava il 57 per cento del Pil (la più elevata tra i paesi sviluppati). Il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo era quasi del 100 per cento.
Tasse, imposte, oneri sociali e spesa pubblica rimangono allo stesso livello di quando Macron è arrivato all’Eliseo. Il rapporto debito/Pil è del 100 per cento ed è in crescita. L’economia francese non crea posti di lavoro. La povertà rimane assai elevata: il 14 per cento della popolazione guadagna meno di 855 euro al mese.
Macron non presta attenzione al crescente disastro culturale che sta colpendo anche il paese. Il sistema scolastico si sta sgretolando. Una percentuale crescente di studenti si diploma alle scuole superiori senza sapere scrivere una frase priva di errori, rendendo incomprensibile tutto ciò che scrivono. Il Cristianesimo sta scomparendo. La maggior parte dei francesi non musulmani non si definisce più cristiana. L’incendio che ha devastato la cattedrale di Notre-Dame de Paris è stato ufficialmente considerato un “incidente“, ma è solo uno dei tanti edifici religiosi cristiani del paese che di recente sono stati distrutti. Ogni settimana le chiese vengono vandalizzate nell’indifferenza generale dei cittadini. Solo nella prima metà del 2019, ne sono state bruciate 22.
La principale preoccupazione di Macron e del governo francese non sembra essere il rischio di rivolte, il malcontento dei cittadini, la scomparsa del Cristianesimo, la situazione economica disastrosa o l’islamizzazione e le sue conseguenze. La loro preoccupazione maggiore è il cambiamento climatico. Sebbene la quantità di emissioni di anidride carbonica della Francia sia infinitesimale (meno dell’1 per cento del totale globale), la lotta contro “il cambiamento climatico indotto dall’uomo” sembra essere la priorità assoluta di Macron.
Una ragazza svedese, Greta Thunberg, 16 anni – nonché guru della “lotta per il clima” in Europa – è stata di recente invitata all’Assemblea nazionale francese dai membri del parlamento che appoggiano Macron. La giovane ha tenuto un discorso, assicurando che la “distruzione irreversibile” del pianeta inizierà molto presto. Ha aggiunto che i leader politici “non sono abbastanza maturi” e hanno bisogno di lezioni impartite da bambini. I parlamentari che appoggiano Macron hanno applaudito calorosamente. Greta ha ricevuto il Prix Liberté, un premio appena istituito e che verrà assegnato ogni anno alle persone impegnate “nella lotta a difesa dei valori in cui credettero coloro che sbarcarono in Normandia nel 1944 per liberare l’Europa”. È probabilmente ragionevole supporre che nessuno di coloro che sbarcarono in Normandia nel 1944 pensava che stesse combattendo per salvare il clima. Questi piccoli dettagli, tuttavia, sembrano sfuggire a Macron e ai parlamentari che lo appoggiano.
Macron e il governo francese sembrano anche non preoccuparsi del fatto che gli ebrei – spinti dall’intensificarsi dell’antisemitismo, e comprensibilmente preoccupati delle sentenze giudiziarie pervase dallo spirito di sottomissione all’Islam violento – continuano a fuggire dalla Francia.
Kobili Traore, l’uomo che uccise Sarah Halimi nel 2017 salmodiando sure coraniche e gridando che gli ebrei sono Sheitan (che in arabo sta per “Satana”) non è stato dichiarato colpevole. Pare che Traore prima dell’omicidio avesse fumato cannabis, pertanto i giudici hanno deciso che non era responsabile delle sue azioni. L’uomo sarà presto scarcerato; cosa succede se fuma di nuovo cannabis?
Poche settimane dopo l’uccisione di Sarah Halimi, tre membri di una famiglia ebrea erano stati aggrediti, torturati e tenuti in ostaggio nella loro abitazione da un gruppo di cinque uomini, secondo i quali “gli ebrei sono ricchi” e “devono pagare”. Gli uomini furono arrestati. Erano tutti musulmani. Il giudice ha stabilito che le loro azioni “non erano antisemite”.
Il 25 luglio 2019, in occasione della partita disputata a Strasburgo dalla squadra di calcio israeliana Maccabi Haifa, il governo francese ha limitato a 600 il numero dei tifosi israeliani presenti nello stadio. Migliaia di persone avevano acquistato il biglietto aereo per recarsi in Francia e assistere alla partita. Il governo francese ha inoltre vietato ai tifosi di sventolare le bandiere israeliane durante la disputa calcistica o in altrove in città. Tuttavia, in nome della “libertà di espressione”, il dipartimento francese dell’Interno ha consentito lo svolgimento di manifestazioni anti-israeliane davanti allo stadio, e l’utilizzo di bandiere palestinesi e di striscioni con su scritto: “Morte a Israele!”. Alla vigilia della partita, in un ristorante nei pressi dello stadio, alcuni israeliani sono stati brutalmente aggrediti. “Le manifestazioni contro Israele vengono approvate in nome della libertà di espressione, ma le autorità vietano ai tifosi del Maccabi Haifa di alzare la bandiera israeliana, è inaccettabile”, ha dichiarato Aliza Ben Nun, ambasciatore di Israele in Francia.
L’altro giorno, un aereo pieno di ebrei francesi che hanno lasciato la Francia è arrivato in Israele. Altri ebrei francesi se ne andranno presto. Il trasferimento degli ebrei in Israele comporta sacrifici: alcuni agenti immobiliari francesi sfruttano il desiderio di molte famiglie ebree di lasciare il paese, acquistando e vendendo le loro proprietà immobiliari a un prezzo molto inferiore al loro valore di mercato.
Il mandato presidenziale di Macron scadrà nel maggio 2022. Numerosi leader dei partiti di centrosinistra (come il Partito Socialista) e di centrodestra (Les Républicains) si sono uniti a La République en marche, il partito fondato da Macron due anni fa. Successivamente, il Partito Socialista e Les Républicains hanno subìto un crollo elettorale. Il principale avversario di Macron nel 2022 sarà probabilmente lo stesso del 2017: Marine Le Pen, la leader del populista Rassemblement national.
Sebbene Macron sia ampiamente impopolare e detestato, probabilmente utilizzerà gli stessi slogan del 2017: che lui rappresenta l’ultimo bastione della speranza contro il “caos” e il “fascismo”. Ha un’ottima chance di essere rieletto. Chiunque legga il programma politico di Rassemblement national può vedere che Marine Le Pen non è fascista. Inoltre, chiunque analizzi la situazione in Francia potrebbe chiedersi se la Francia non abbia già iniziato a precipitare nel caos.
La triste situazione che regna in Francia non è poi così diversa da quella di molti altri paesi europei. Alcune settimane fa, un cardinale africano, Robert Sarah, ha pubblicato un libro, Le soir approche et déjà le jour baisse (Si fa sera e il giorno ormai volge al declino). “Alla radice del crollo dell’Occidente,” egli scrive, “c’è una crisi culturale e d’identità. L’Occidente non sa più chi sia, perché non sa e non vuole sapere chi lo ha formato, chi lo ha costituito, come è stato e com’è. (…) Questa auto-asfissia conduce naturalmente a una decadenza che apre la strada a nuove civiltà barbariche”.
Questo è esattamente ciò che sta accadendo in Francia e in Europa.
Guy Millière | gastoneinstitute.org | 11.08.2019 | Traduzione di Angelita La Spada
Guy Millière, insegna all’Università di Parigi ed è autore di 27 libri sulla Francia e l’Europa.