Quando la Crusca vendette l’italiano all’inglese.

Tomba di Dante a Ravenna

Translimen! del 4 febbraio 2018

In un Paese occupato, più o meno virtualmente, dagli Stati Uniti d’America, sia con basi militari proprie che attraverso i media, con il 70% di cinematografia mandata in prima serata da RAI e private, con colossi multinazionali che entrano nella vita di ogni giorno di ciascuno di noi, a cominciare da Facebook che, peraltro, avrà la sua banca, mentre noi continuiamo a discutere di Etruria o Banco di Vicenza. Infatti Facebook, grazie ad una licenza irlandese, opererà presto in tutta Europa, con tutto ciò che significa rispetto ai 2 miliardi di utenti che ha questa multinazionale statunitense. Per non parlare, poi, del sistema finanziario che arriva fino alle agenzie di rating che sono loro, quelle e non altre, a mettere i voti allo stato di salubrità degli Stati, con i criteri che ovviamente sono loro e solo i loro. Ad esempio, mai una volta che abbia sentito citare l’agenzia cinese di rating Dagong. Per non parlare poi della dittatura linguistica inglese che, nel momento in cui vede uscire la Gran Bretagna, dovrebbe, persino, l’inglese uscire dall’Unione europea dal novero delle lingue comunitarie. Ebbene invece no, non si discute di questo!
Ma la sentenza finale della Consiglio di Stato, che dichiara illegittimi i corsi totalmente in inglese della nostra Università, sta scatenando veramente un pandemonio. Il rettore del politecnico con parole assolutamente eversive rispetto a quanto prescritto dalla sentenza dice “noi tireremo dritto” e, però, io oggi voglio parlarvi delle precise responsabilità dell’Accademia della Crusca in tutta questa storia di colonialismo linguistico inglese.

E lo faccio risalendo addirittura ad 11 anni fa, al 2007, all’intervento di Francesco Sabatini in occasione del convegno sul “Ruolo del multilinguismo nella comunicazione con i cittadini dell’Unione europea” alla presenza del Commissario per il multilinguismo Leonard Orban.

Intervento che ci costrinse, mi costrinse, a scrivere direttamente una formale protesta alla Rappresentanza in Italia della Commissione.

Ma cosa ebbe a dire di tanto ottuso il Presidente della Crusca il 23 marzo del 2007, il cui intervento ascolterete più tardi dell’integralità addirittura del convegno stesso, ebbene Francesco Sabatini riuscì a fare tre tragici errori nel giro di 90 secondi:

  • primo, schierandosi per il monopolio della lingua inglese su tutte le altre lingue europee;
  • secondo, schierandosi contro l’oligopolio, e quindi un allargamento, certo più democratico rispetto al monopolio delle lingue di lavoro dell’Unione europea. Oligopolio al quale, evidentemente, proprio per la allargarne la componente democratica avrebbe dovuto dire “va aggiunta la lingua italiana”;
  • terzo tragico errore, l’ergersi a paladino di tutte le altre lingue europee che evidentemente sarebbero state subordinate rispetto al ruolo oligopolistico, là dove lo Statuto prescrive all’Accademia di occuparsi non di difesa delle lingue degli altri paesi europei bensì apro le virgolette dello statuto in vigore allora, che era quello del 1987 poi cambiato nel 2011, “destinata da sempre a promuovere e agevolare lo studio della lingua italiana”. Ebbene in quest’occasione Francesco Sabatini non promuove un bel niente. Non fa altro che rendere subalterna in modo definitivo la lingua italiana. E rinuncia al ruolo, quanto meno, di inserire la lingua italiana che, peraltro, non è solo legata all’Italia ma è anche la lingua di Città del Vaticano – riferimento territoriale di 1.300.000.000 di cattolici nel mondo -, richiedendo un allargamento più democratico legato alle lingue dei paesi che hanno più di 60 milioni di abitanti.

Questa incapacità totale di fare gli interessi della lingua italiana ha avuto gli effetti dirompenti che hanno portato poi alla situazione attuale dove lo sfascismo linguistico è la punta di un iceberg chiamato Repubblica italiana che si va sempre più sciogliendo.

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