Il Terzo Mondo Europeo

ALLARME Lo scrittore Predgrad Matvejevic, in un'intervista, mette in guardia contro l'altra faccia (pericolosa) dell'allargamento
«Nasce il Terzo Mondo europeo»
«Sono i Paesi che non entreranno né oggi né domani, cioè Macedonia, Montenegro e Albania. I nuovi esclusi»

Di qua confini che si abbattono ed economie che si rendono reciprocamente permeabili, e permeandosi si integrano. Di là un confine che si fa barriera e diventa il muro di un Terzo mondo europeo, condannato a un sottosviluppo intriso di nazionalismi e inefficienze. Chi entra, entra. Chi sta fuori, rischia l'esclusione definitiva.
«L'allargamento dell'Europa, che io chiamo riunificazione, è un evento straordinario. Ma rischia di farci dimenticare la sorte di chi ne è escluso e non ha la forza di rialzarsi. L'Europa a 25 creerà così tanti problemi, che io temo non sarà più seguita da un'ulteriore estensione, o lo sarà in tempi molto più lunghi di quanto prevediamo oggi. L'Europa sta abbracciando l'Est “buono”, quello sloveno e polacco. Ma ce la faranno la Croazia, la Romania e la Bulgaria a entrare in pochi anni, come si ipotizza? E chi penserà più alla Macedonia, al Montenegro, all'Albania? Fra l'Europa continentale e quella meridionale si sta creando un fossato incolmabile».
È lo scrittore Predgrad Matvejevic a mettere in guardia contro l'altra faccia dell'allargamento d'Europa che si compierà nella notte tra venerdì e sabato prossimi, con l'ingresso di dieci nuovi Paesi nell'Unione (Slovenia, Ungheria, Polonia, Cechia, Slovacchia, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta e Cipro). Il rischio è il precipizio economico e sociale dell'altra Europa: i Balcani, l'Albania e l'estremo Est, con la Russia e le Repubbliche ex sovietiche. Non c'è chi più di Matvejevic sia adatto a raccontare angosce, pulsioni, ricchezze e miserie di un mondo a cui egli dedica la sua passione di scrittore veramente unico nel panorama europeo, in opere come Mediterraneo e Mondo ex. Nato a Mostar nel 1932 da padre russo e madre croata, già docente all'Università di Zagabria e alla Sorbona, Matvejevic è cittadino italiano da sette anni e insegna Slavistica alla Sapienza di Roma. Lo scorso luglio, con il libro L'altra Venezia, ha vinto il primo Premio Strega Europeo. Con Umberto Eco e Tullia Zevi, è membro del Comitato di saggi per il Mediterraneo creato da Romano Prodi nella Commissione europea.
Cosa la rende così pessimista sulle conseguenze dell'allargamento all'esterno?
«La storia recente dell'Est Europa, anzitutto. Alla Slovenia, di gran lunga il più avanzato tra i Paesi neo-aderenti, dopo l'indipendenza del '91 ci son voluti sette anni per tornare ai livelli di prodotto interno precedenti. La Germania Ovest ha dovuto investire 1.250 miliardi di euro, una cifra immane, per integrare la Germania Est. Dove mai si troveranno le risorse per finanziare lo sviluppo di Paesi arretrati come quelli esclusi dall'allargamen to? Già la transizione dell'Est ormai integrato è stata molto sofferta, con privatizzazioni scandalose ed economie che si sono riprese a rilento. Ma gli altri? La Croazia paga la poca collaborazione sui criminali di guerra, Romania e Bulgaria il loro scarso sviluppo. Prima o poi entreranno, ma ci vorrà più tempo. Il dramma sarà per gli altri ancora: dalla Serbia all'Albania e a est fino alla Russia, troviamo popoli devastati da guerre, dalla povertà, dai drammi di due milioni di esiliati a causa del demone delle frontiere e delle nazionalità. Difficile essere ottimisti».
Come evitare la frattura tra le due «Europe»?
«Il punto è che non si è trovato il modo per regolare un partenariato economico con l'Europa mediterranea, L'interesse dell'Unione europea è spostato verso l'Est “buono”, a scapito dell'Europa meridionale, che non interessa più. Eppure nel Sud del continente troviamo grandi strati di storia ed economie potenzialmente rilevanti, ma che rischiano d'essere dimenticate. Mi preoccupala situazione del Mediterraneo. E pervaso da conflitti che non lo rendono più un insieme politico ed economico, ma solo geografico. Bisogna intervenire».
Come?
«L'area balcanica ha tanti passi da fare e l'Europa è in grave ritardo. Basti pensare a ciò che resta della Jugoslavia: un alternarsi di divisioni dove non c'è Stato e non c'è economia, perché non c'è integrazione. Così le divisioni alimentano la povertà».
Per questi Paesi l'Europa allargata può essere un boomerang?
«L'allargamento in sé è positivo. Tutti questi Paesi sono sempre stati parte dell'Europa, Russia compresa. Forse che Dostoevskij è meno europeo di Dante o di Shakespeare? Il punto è che dobbiamo dare ai Balcani e alle altre aree arretrate un'opportunità d'integrazione politica ed economica. Lo spostamento delle frontiere tra pochi giorni non sarà facile. E il problema è tutto nostro, è europeo. Le regole le detta la Ue, e il ruolo economico e politico dei nuovi confini sarà determinante. Vogliamo farne una porta o un muro? Un baluardo o un ponte? Il futuro dell'Europa dipende dalla risposta».

ROBERTO MORELLI
CORRIERE ECONOMIA, 26.04.2004 , p. 7

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