george Bush e la voce dell’Europa.

George Bush e la voce dell’Europa

Dopo aver visitato sei Paesi in sette giorni, ieri George W. Bush ha chiuso gli occhi in Europa e li ha riaperti a casa, che per lui è l’America. Con grande sollievo, perché il presidente USA si sobbarca per puro dovere (stavolta l’occasione principale è stata la riunione del G8 in Germania) queste corvè Oltreoceano che implicano contatti con lingue diverse («Voi tedeschi sapete l’inglese, è proprio necessario tradurre?», ha chiesto ad Angela Merkel), incognite culinarie (il suo stomaco ha protestato), incertezze meccaniche (la sua limousine si è improvvisamente fermata mentre percorreva a Roma via del Tritone, creando attimi di panico nei servizi di sicurezza), incomprensibili regole protocollari («Sissignore», ha risposto molto informalmente al Papa).
Ma in complesso questo viaggio è servito: non tanto sul piano dei contenuti (i risultati del G8 non rivestono caratteri di eccezionalità) quanto su quello della buona volontà (il piccolo gesto di apertura di Bush sul clima) e del rafforzamento dei rapporti vicendevoli tra le due sponde dell’Atlantico.
Ciò non vuol dire che siano scomparse le differenze tra «vecchia» e «nuova» Europa, secondo la definizione coniata nel 2003 dall’allora ministro della Difesa Donald Rumsfeld sulla base del sostegno fornito all’intervento militare americano in Iraq. Tali differenze esistono tuttora, ma oggi sono determinate soprattutto da chi vuole sentirsi un alleato non acritico degli Stati Uniti e chi, come Polonia, Repubblica ceca, Albania e Bulgaria preferisce affidarsi totalmente all’aiuto di Washington per creare o consolidare una propria situazione all’interno dell’Europa. E ciò spiega perché ancora oggi Bush venga contestato od osannato mano a mano che percorra il Vecchio Continente da ovest ad est. C’è chi dice che una vera distensione transatlantica potrà realizzarsi solamente una volta che Bush abbia lasciato, alla fine del 2008, la Casa Bianca. Ma non occorre attendere fino a quella scadenza per verificare che già fin d’ora ha avuto luogo un riavvicinamento ancora poco tempo fa insperabile. Un riavvicinamento tutt’altro che incondizionato, ma costruttivo in quanto tre nuovi protagonisti apparsi sulla scena politica europea (Angela Merkel in Germania, Nicolas Sarkozy in Francia e, prossimamente, Gordon Brown nel Regno Unito) stanno rendendo più agevole il rapporto con Washington in quanto privo di vecchie pregiudiziali e più proiettato verso il futuro. Bush può dire di aver trovato in Europa un fronte compatto soprattutto di fronte all’aggressività del Cremlino. Lo scudo antimissilistico che gli Stati Uniti intendono installare in Europa e che tanto fa infuriare Putin non si dimostra oggetto di contestazione da parte europea. Piuttosto, la minaccia di veto da parte di Mosca sull’indipendenza del Kosovo dalla Serbia, l’ostruzionismo russo sul programma nucleare iraniano, i ricatti energetici all’ex-spazio sovietico, la cyberguerra contro l’Estonia e la repressione dell’opposizione interna hanno convinto la «vecchia» Europa dell’inefficacia della politica della compiacenza. Ciò non significa necessariamente la creazione di un fronte euro-atlantico anti-Putin ma la volontà di aderire ad una base comune in grado, se necessario, di esercitare le opportune pressioni.
Negli attuali rapporti transatlantici la vera novità è comunque un’altra. Oggi non sembra più valere la celebre domanda che Henry Kissinger si poneva trent’anni fa («Chi chiamo quando voglio parlare con l’Europa?»). Washington si sta convincendo – e questo va al di là del fatto contingente della presidenza Bush – di poter trovare nel «triumvirato» Merkel-Sarkozy-Brown interlocutori presenti e affidabili. Ma la loro efficacia potrà realizzarsi solo a condizione che nei prossimi mesi l’Unione europea giunga a negoziare una nuova Costituzione che snellisca le sue letargiche istituzioni e offra la base per la creazione di un’unica voce per quanto riguarda l’espressione di una comune politica estera europea. Solo allora potrà aver luogo una vera interconnessione tra le due sponde dell’Atlantico. Per il momento esistono ancora numerose interferenze tra più stazioni emittenti

di Gerardo Morina

www.cdt.ch (corriere del ticino)

12/06/07
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