FEDE E VITA PUBBLICA
EUROPA,
UN SOTTILE
DISCRIMINE
LUIGI GENINAZZI
Che ne sarà della fede della nuova Europa? Che posto avranno le religioni nel futuro del continente? E quale sarà il ruolo del cristianesimo nell’Unione che tende ad allargare sempre più i suoi confini? Sono interrogativi che negli ultimi tempi si sono intrecciati con l’attualità politica dentro l’angoscia crescente per il terrorismo e nella percezione drammatica della nostra fragilità e del vuoto spirituale in cui siamo immersi. Domande e sollecitazioni che inevitabilmente sono entrate nel dibattito sul Trattato costituzionale della Ue e sul mancato riconoscimento delle radici cristiane dell’Europa.
C’è chi ha liquidato l’insistenza per un esplicito riferimento dell’eredità cristiana come il tentativo d’ottenere una fra setta in più,un pegno da pagare ad un fantasma del passato per tacitare la cattiva coscienza dell’Europa secolarizzata. Peccato che sia esattamente il contrario. Solo nel riconoscere le proprie radici sorgive l’Europa può trovare forza ed energia per affrontare il futuro. E’un compiti urgente e ne abbiamo avuto la riprova nelle recenti elezioni europee.
L’Unione si allarga,diventa sempre più grande,ma rischia di smarrire le proprie ragioni ideali. L’Europa non mobilita,anzi sta diventando sinonimo di apatia e di indifferenza. Proprio nei giorni in cui gli abitanti dei 25 Paesi dell’Unione erano chiamati alle urne le Chiese d’Europa si sono ritrovate per una riflessione comune sul ruolo del cristianesimo nel nostro continente. La riunione,cui hanno partecipato i segretari generali delle Conferenze episcopali europee,si è svolta a Belgrado,una sorte di limbo dove l’Unione Europea è ancora un miraggio lontano. Da qui,con occhio disincantato,hanno guardato all’Europa dei 25. Sono state le Chiese dell’Est a porre le domande più scomode. Durante il comunismo,hanno osservato,i cristiani erano emarginati e umiliati;saranno così anche nella nuova Europa?
La Bruxelles degli burocrati non è certo la Mosca sovietica. Quel che si teme è che la fede sia ridotta ad un fatto privato e marginale da un’Unione sempre più invadente nella sfera dell’etica sociale dove tende ad imporre un’omologazione laicista di comportamenti e costumi. E’ la dittatura che viene esercitata in nome di una falsa tolleranza e distrugge l’onore e la dignità di chi rimane attaccato alla fede dei padri.
Si ha l’impressione a volte che nell’Unione Europea “ciò che è sacro per i cristiani può venir tranquillamente deriso e vilipeso”,come ha notato recentemente il cardinale Ratzinger.
Dai cristiani dell’Est emerge la richiesta che la casa comune europea sia davvero una democrazia che riconosca il ruolo del cristianesimo per ciò che il cristianesimo dà alla democrazia. Da questo punto di vista acquista grande importanza il dialogo tra le Chiese e le istituzioni comunitarie,così come viene garantito dall’articolo 51 del Trattato Costituzionale. Quel che è emerso dalla riunione di Belgrado è una certa idea d’Europa che rispetta profondamente il legame intimo dell’uomo con Dio. E’ l’idea di un’Europa,come ha scritto il filosofo francese Rémi Brague,”dove l’unità fra gli uomini non è costruita attorno ad un’ideologia ma cresce ogni giorno nei rapporti fra persone concrete che vivono in continuità con una storia”.
Un’idea che prima o poi dovrà far breccia anche nella nuova Unione.
Avvenire p.1
Questo messaggio è stato modificato da: martina.zeppieri, 17 Giu 2004 – 11:29 [addsig]