Europa, sì alla Turchia con otto condizioni

Europa, sì alla Turchia con otto condizioni

La Commissione: aprire i negoziati. Deciderà il Consiglio Ue. Berlusconi. «Serve una data precisa»
I) DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

BRUXELLES-E' un «sì qualificato», annuncia Romano Prodi agli europarlamentari. La Commissione «raccomanda» ai capi di Stato e di governo di «aprire i negoziati di adesione» con la Turchia, elencando otto condizioni. Per tutta la giornata di ieri Prodi, spalleggiato dal titolare dell'Allargamento, il tedesco Gùnther Verheugen, ha cercato di rassicurare prima un bel gruppetto di colleghi, tra i quali l'olandese Frits Bolkestein, poi una nutrita pattuglia di deputati, a cominciare dal capogruppo del Ppe, Hans-Gert Póttering, infine «le opinioni pubbliche turche ed europee».Il documento di Bruxelles ruota su tre punti essenziali. 11 primo è la frase che Ankara aspetta, come una svolta storica, da almeno quarant'anni. «La Commissione considera che la Turchia soddisfa, in modo sufficiente, i criteri politici e raccomanda l'apertura dei negoziati di adesione». Il secondo e il terzo passaggio dovrebbero placare le paure «delle opinioni pubbliche» appunto, specie quelle della Germania e della Francia, in maggioranza contrarie all'inclusione del grande Paese musuhnano (70 milioni di abitanti) nella Ue. E quindi: «Il negoziato potrà essere sospeso nel caso si verifichi una persistente violazione dei principi di libertà, democrazia, del rispetto per i diritti umani». Inoltre: «Possono essere considerate clausole permanenti di salvaguardia per limitare la libertà di movimento dei lavoratori». Si tratta, in sostanza, di una barriera fissa per arginare la temuta immigrazione di massa verso la Vecchia Europa.Il testo della Commissione ha suscitato le reazioni più diverse (dal richiamo ad Ataturk allo «scontro di civiltà»), a riprova di quale intrico di emozioni, interessi economici, impulsi politici sia legato alla «questione turca». Il Ppe è diviso tra pro e contro, anche nel Pse non mancano dubbi. Nella stessa Commissione il dibattito è stato aspro. A un certo punto Bolkestein ha tirato fuori il rapporto di «Amnesty Internationab>, compilato nel giugno del 2004, per dimostrare che in Turchia la tortura è ancora una realtà diffusa, che i diritti delle donne non sono garantiti e così via. Alla fine le raccomandazioni sono state approvate «quasi all'unanimità».Il primo ministro turco, Recep Tayyip Erdogan, si è subito dichiarato soddisfatto:,<­ Puntiamo all'inizio dei negoziati nella prima metà del 2005». Da que
sto punto di vista Prodi consegna un compito in bianco (non era obbligato a compilarlo). La decisione sarà presa, invece, dal Consiglio europeo, in programma il 17 dicembre. Il premier italiano, Silvio Berlusroni, è convinto che dal vertice uscirà «una data» precisa. In teoria il percorso potrebbe dunque essere questo: apertura del tavolo nel 2005, dieci anni (minimo) di negoziati, poi, dal 2014 in poi, ogni momento potrebbe essere quello buono per aggiungere la bandiera con la mezzaluna alle altre 27 (Romania e Bulgaria comprese) che sventolano a Bruxelles.L'orizzonte, comunque, è disseminato da tantissime incertezze. Per esempio i referendum sulla Costituzione europea in diversi Paesi della Ue o sulla stessa adesione della Turchia, annunciato da Jacques Chirac in Francia. Nel documento della Commissione, c'è però, un'indicazione interessante che forse spiega la «soddisfazione» di Erdogan. I criteri di adesione sono severi, e i capitoli di trattativa verranno chiusi solo se ci sarà l'unanimità dei capi di Stato e di governo. Ma non sarà così semplice mandare a monte le trattative: «Il Consiglio potrebbe decidere la sospensione con un voto a maggioranza qualificata». Che significa? Semplice: la Turchia non entra fino a quando non saranno d'accordo, fino all'ultima virgola, tutti e 25 (o 27) Paesi, dalla Svezia a Cipro. Ma per interrompere il negoziato ci vorrà il voto (qualificato) di un larghissimo schieramento. Per esempio il «no» di una Francia guidata da Nikolas Sarkozy, di una Germania in mano alla Cdu, più Olanda, Austria e Danimarca non basterà per riportare il «tavolo turco» nel ripostiglio dell'Unione. A Bruxelles dicono: in Europa quando una trattativa rimane aperta, prima o poi si chiude con un compromesso.
Corriere della sera p,13
07/10/2004
di Giuseppe Sarcina


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