eŭropa ina patria da inventare

CORRIERE DELLA SERA 13.05.2004 p. 37
IDENTITÀ Oltre la crisi degli Stati nazionali, fra spinte immigratorie e nuovo modello '
Figli d Europa, una patria da inventare

Se il vuoto lo riempie un «meltingpot» all'americana

di GIUSEPPE GALASSO
«Una società multietnica, multiculturale, multireligiosa»: è un pensiero già presente in Europa dagli inizi della grande immigrazione dal Terzo mondo. Sa un po' di giaculatoria ma, certo, si delinea così un progetto della realtà anche morale e culturale che dalle, immigrazioni dovrebbe scaturire. , inoltre, una parola d'ordine che certo risponde al senso profondo dello spirito europeo quale si è sviluppato dalle origni ellenico-romane e giudaico-cristiane all'Umanesimo, all'Illuminismo, al grande pensiero liberale e democratico degli ultimi due secoli. Le presumibili conseguenze di un tale progetto sulla struttura etico-politica tradizionale dei Paesi europei non appaiono, peraltro, davvero prese in considerazione. Questa struttura è culminata in ultimo nello Stato nazionale, fondato su quell'idea di nazione che, qualsiasi cosa se ne pensi, rimane una grandissima creazione della civiltà politica europea, da mettersi accanto alle sue più eminenti, a cominciare dalla polis greca. La singolarità dello sviluppo europeo sta, inoltre, nell'aver portato a una convivenza dell'idea nazionale coi principii liberaldemocratici, che non era affatto scontata. La convivenza si è retta sul presupposto che le nazioni europee siano personalità storiche con tradizioni irrinunciabili di cultura, di pensiero, di arte e in altri campi della vita civile. Perciò ognuna di loro ha la sua storia letteraria e artistica. la sua storia civile, le sue memorie e i suoi luoghi della memoria, i suoi modi di fare e di dire, anche se ciò non ha per nulla impedito un comune sentimento della civiltà europea L'ordinamento liberale e democratico non poteva disconoscere o contrastare tutto ciò. Doveva, invece riconoscerne tutto il valore di grande realtà civile, e anĉe vedere in ciò un propio elemento di forza e di sicurezza e di più alta vitalità etica e politica. Lord Namier affermava, a ragione, ĉe “la libertà è più sicura nella comunità aŭtolimitantesi, con una nazionalità territoriale”.Le modificazioni culturali, religiose, etiche in via di progressiva diffusione per le immigrazioni in Europa da Paesi di tutt'altro stampo civile e culturale permetteranno la sopravvivenza del modello naziozionale eŭropeo?. Non si facciano discorsi astratti di principii, vocazioni, che non sono in questione, ma non toccano la concretezza storica del problema. Non si porti l'esempio degli Stati Uniti, nati e cresciuti come un grande melting pot, in cui hanno trovato il sigillo della loro identità nazionale. Le nazioni europee hanno avuto storie specifiche su fondamenti molto diversi. Si continueranno a studiare nelle scuole con lo stesso animo nazionale gli elementi letterari, artistici, culturali, antropologico-culturali di una tradizione che è il più forte suggello delle loro identità? Continueranno fuori delle scuole quelle convenzioni che sono, per così dire, l'aria di famiglia e il lessico familiare di un Paese? La prospettiva attuale è quella di un rapporto con popolazioni tanto allogene da riuscire difficili, nonché ad assimilarsi, anche solo a integrare, ma che costituiranno parti crescenti delle nazioni europee e acquisteranno nella loro vita civile un peso corrispondente. Lo Stato nazionale eŭropeo è, perciò, destinato a una crisi terminale? Si determinerà così quella vera e propria “morte della patria”, di cui si è molto parce, riconoscerne tutto il valore di lato a sproposito e che in nessun grande realtà civile, e anche vedere so ha finora coinvolto la “nazione” in ciò un proprio elemento di forza nella sorte presunta o reale della “patria”? È credibile il persistere di una memoria e tradizione nazionale eŭropea equivalente a quella attuale, con popolazioni eterogenne come si cominciano a vedere? È credibile il fiorire delle attuali nazioni eŭropee con le mutazioni che si intravedono? Le vie e le astuzie della storia sono infinite e non consentono previsiono o profezie. E così anĉeche per il problema di cui parliamo. Potrà anche darsi, perciò, che, procurando un'effettiva crisi terminale dell'idea nazionale, si agevoli alla radice il processo unificante delle stesse nazioni europee nel vincolo della nascente Unione, concorrendo a vincere meglio e prima le resistenze e le difficoltà che alimentano e rendono comprensibili tanti euroscetticismi ed eurotiepidezze e delineando quindi per l'Europa magari proprio un futuro, “americano”, da melting pot. Poiché è, o dovrebbe essere, chiaro che al collante storico-culturale ed etico-politico fornito alle nazioni europee dal loro passato l'Europa unita ne dovrà pur accordare o sostituire uno suo, per ora lontano dal vedersi.

Romeno, marocchino, albanese: lingue d'Italia

Secondo gli ultimi dati, elaborati dalla Cmitas.ru fonti del mtnistero dell'Interno, i tre gntppi di immigrati larSanente prevalenti in Italia sono i romeni (con circa 239 mila unità), i marocchini (2J7mtla) egli albanesi (224 mila). Seguano, a notevole distanza, ucraútt (120 ntilal, Cinsi (97 mila) e filippini (7d mila). Fra i tttanerosi altri gruppi nazionali nmnerosi (oltre i 40 mila) ci sono polacchi. tunisini, senegalesi, ecuadoriani, pentviani, indiani, jugoslavi, egiziani e cittadini dello Sri Lanka.
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