Draghi “liquida” con, bisogna dirlo, grande disinvoltura la NATO in relazione alla Difesa europea.
Scrive, a pagina 46, nel documento “Il futuro della competitività europea” (unicamente in lingua inglese!) presentato oggi a Bruxelles:
“Il deterioramento delle relazioni geopolitiche crea anche nuove esigenze di spesa per la difesa e la capacità industriale della difesa. L’Europa ora affronta una guerra convenzionale sul suo confine orientale e una guerra ibrida ovunque, compresi attacchi alle infrastrutture energetiche e alle telecomunicazioni, interferenze nei processi democratici e la militarizzazione delle migrazioniiv. Allo stesso tempo, la dottrina strategica degli Stati Uniti si sta allontanando dall’Europa e si sta dirigendo verso la fascia del Pacifico, ad esempio nel formato AUKUS, guidata dalla minaccia percepita della Cina. Di conseguenza, una crescente domanda di capacità di difesa viene soddisfatta da un’offerta in calo, un divario che l’Europa stessa deve colmare. Tuttavia, grazie a un prolungato periodo di pace in Europa e all’ombrello di sicurezza degli Stati Uniti, solo dieci Stati membri ora spendono più o uguale al 2% del PIL in linea con gli impegni della NATO, sebbene le spese per la difesa siano in aumento [vedi Figura 1]. L’industria della difesa richiede massicci investimenti per recuperare terreno. Come punto di riferimento, se tutti gli Stati membri dell’UE che sono membri della NATO e che non hanno ancora raggiunto l’obiettivo del 2% lo facessero nel 2024, la spesa per la difesa aumenterebbe di 60 miliardi di euro. Sono inoltre necessari investimenti aggiuntivi per ripristinare le capacità perse a causa di decenni di sottoinvestimenti e per ricostituire le scorte esaurite, comprese quelle donate per sostenere la difesa dell’Ucraina dall’aggressione russa. A giugno 2024, la Commissione ha stimato che saranno necessari ulteriori investimenti per la difesa pari a circa 500 miliardi di euro nel prossimo decennio”.
Chiavi: Draghi