Gentili Presidente del Parlamento Europeo, Presidente del Consiglio dell’UE e Presidente della Commissione Europea,
Vi siete appena incontrati alla Casa Jean Monnet a Bazoches, in Francia, per discutere delle sfide politiche dell’Europa e della Conferenza sul futuro dell’Europa, e vorremmo condividere con voi e con i consiglieri più vicini alcune riflessioni su questo imminente grande esercizio democratico.
Siamo un gruppo di universitari in diverse discipline e impegnati a contribuire in modo costruttivo al progetto europeo e al suo futuro. Avendo non solo assistito personalmente ma anche studiato da vicino e contribuito ai precedenti tentativi istituzionali (falliti) (tra cui la Convenzione 2002-03, le consultazioni dei cittadini europei del 2006-2007, il gruppo di riflessione 2009-10) di ripensare l’assetto istituzionale dell’Ue, ci prendiamo la libertà di esprimere la nostra più profonda preoccupazione per le molte conseguenze indesiderate derivanti dall’imminente avvio della Conferenza sul futuro dell’Europa.
C’è il rischio tangibile che, generando aspettative che non possono essere facilmente soddisfatte, la Conferenza possa erodere la fiducia dei cittadini in un momento in cui la domanda di impegno pubblico è ai massimi livelli in tutto il continente. L’Europa e la vostra leadership politica difficilmente se lo possono permettere.
A causa del suo approccio dall’alto verso il basso il progetto proposto dalla Conferenza contraddice il suo stesso scopo: essere “un esercizio dal basso verso l’alto in cui i cittadini europei sono ascoltati e le loro voci contribuiscono alle discussioni sul futuro dell’Europa”.
Ecco perché.
In primo luogo, né il progetto presentato dal Parlamento né quello proposto dalla Commissione prevedono la partecipazione delle organizzazioni della società civile, con la sola eccezione dei sindacati europei e di BusinessEurope, l’organizzazione delle imprese. Eppure, se non mobiliterà scatenare il potenziale della società civile europea, la Conferenza non sarà mai fatta propria e sentita dai cittadini. Questo contrasta nettamente con l’esperienza positiva del coinvolgimento delle organizzazioni della società civile nella promozione dell’affluenza alle elezioni europee: se le istituzioni europee pensano che la società civile si accontenterà di agire solo come promotrice di una Conferenza in cui non ha voce in capitolo, rischiano una spiacevole sorpresa.
In secondo luogo, l’unica dimensione partecipativa della Conferenza è data da sei assemblee di cittadini – chiamate agorà nella proposta del Parlamento – che delibereranno su un insieme di tematiche politiche predefinite, dalla crisi climatica alla rivoluzione digitale alla rielaborazione della legge elettorale delle europee. Non è ancora chiaro come le agorà – che nel progetto della Commissione sono state declassate a dialogo con i cittadini – saranno effettivamente gestite e moderate e, cosa ancora più importante, come le loro conclusioni alimenteranno il lavoro e le conclusioni finali della Conferenza e, soprattutto, come il feedback tra i responsabili decisionali e i cittadini che partecipano alle assemblee avrà luogo e come saranno risolti i disaccordi. Inoltre, in questo approccio i cittadini non sono coinvolti nella definizione dell’agenda.
In terzo luogo, anche se nella proposta del Parlamento ai giovani viene dedicata un’agorà, c’è il pericolo che questo venga percepito come una mera formalità e che i giovani vengano trattati come un accessorio piuttosto che come il futuro dell’Unione europea.
In quarto luogo, la vaghezza metodologica e l’improvvisazione che caratterizza i primi progetti della Conferenza contrasta con le innumerevoli e consolidate innovazioni democratiche che stanno già prendendo forma in tutto il continente, dalla Convenzione costituzionale dei cittadini irlandesi, che ha rivisto la carta fondamentale dell’Irlanda, al Consiglio dei cittadini di Ostbelgien nella comunità di lingua tedesca del Belgio orientale – un meccanismo permanente e inedito, che permette ai cittadini comuni scelti a caso di partecipare con i parlamentari all’elaborazione di raccomandazioni per il parlamento locale. Anche l’innovazione democratica dell’Ue sotto forma di iniziative dei cittadini non è inclusa nel progetto.
Quinto, c’è una fiorente letteratura sullo stato della democrazia europea e su alcune delle sue possibili soluzioni. Tuttavia, le attuali proposte per – e il dibattito intorno alla – Conferenza sembrano trascurare beatamente una simile ricchezza di analisi. Nessuna costruzione democratica avrà successo in assenza di un’architettura informata e progettata dai suoi migliori architetti costituzionali e dai suoi esperti carpentieri.
Sesto, il successo finale della Conferenza sarà definito dalla sua durata. L’Europa deve ideare un meccanismo efficace in grado di catturare le proposte più pertinenti e promettenti provenienti dai cittadini e trasformarle in un metodo permanente che alimenti il processo decisionale quotidiano dell’Ue. La partecipazione dei cittadini ha bisogno di istituzionalizzazione, non di processi a termine o ad hoc.
È giunto il momento di investire nella nostra democrazia europea, lontano dalle polemiche politche quotidiane, e in stretta collaborazione con i cittadini che si impegnano anima e cuore come attivisti e sostenitori del nostro futuro comune.
L’Europa, e la vostra nuova e già contestata leadership politica, difficilmente possono permettersi di essere associate a un’iniziativa che potrebbe essere presto percepita come un’iniziativa dall’alto verso il basso, non autentica, antiquata e slegata dalla vita quotidiana dei cittadini dell’Ue.
Affinché la Conferenza abbia successo, le tre istituzioni più importanti dell’Unione dovrebbero dare l’esempio, facendo un passo indietro e ritagliando un ruolo significativo ed efficace per il contributo dei cittadini all’interno della Conferenza, in modo da poter costantemente co-creare il futuro che l’Ue merita. In particolare, a seguito delle carenze degli attuali modelli, le nostre raccomandazioni concrete sarebbero le seguenti:
- Dare alla società civile un ruolo di primo piano nella Conferenza, assegnandole un posto di voto al tavolo della plenaria, a fianco delle parti sociali.
- Garantire che il processo sia costruito in modo tale che la reale deliberazione possa avvenire tra i cittadini, e tra i cittadini e i responsabili decisionali, e i governi: questo significa consentire ai cittadini di fissare l’agenda su un piano di parità con i governi (come avviene all’interno dell’Open Government Partnership – Partenariato aperto di governo), e permettere che il dibattito contraddittorio e il compromesso si svolgano nel corso dell’esercizio democratico.
- Dare ai giovani un ruolo decisivo nella Conferenza, responsabilizzandoli in plenaria e garantendo loro la presenza dei giovani nel Presidio o in altri organi di governo della Conferenza stessa.
- Prendetevi il tempo necessario per coinvolgere gli operatori, gli accademici e gli specialisti della società civile nella progettazione e nella gestione della Conferenza.
Infine, all’inizio dell’esercizio, impegnatevi affinché si tratti di un’evoluzione decisiva e a lungo termine del funzionamento della democrazia europea, e non di un esercizio una tantum.
Alberto Alemanno, Jean Monnet Professor of EU Law, HEC Paris and founder of The Good Lobby
Kalypso Nicolaïdis, Professor of International Relations, University of Oxford
Niccolò Milanese, founding director of European Alternatives