D’Alema, per migliori rapporti con Usa serve Europa più unita


D'Alema, per migliori rapporti con Usa serve Europa più unita


Venezia, 28 mag (Velino) – “Uno degli errori” che gli Stati Uniti hanno fatto nel 2003, dopo l’attentato terroristico alle Torri gemelle, è stato “di costringere i loro principali alleati a scegliere un campo. Così facendo, hanno di fatto perduto il sostegno internazionale: è molto meglio anche per l’America potersi appoggiare non su un pugno di europei ma sulla forza collegiale dell’Europa”. Lo ha affermato il ministro degli Esteri Massimo D’Alema in un intervento, oggi a Venezia, al Council delle relazioni euro-americane. Secondo il titolare della Farnesina, rispetto al 2003 la situazione è però migliore: infatti “da entrambe le parti abbiamo imparato la dura lezione”. “Noi europei – ha affermato D’Alema – abbiamo capito che quando siamo divisi tra noi e sulle nostre relazioni con gli Stati Uniti, perdiamo la capacità di esercitare ogni influenza. È chiaro, ora, che l’identità europea non può essere costruita in opposizione agli Stati uniti; la teoria di un’Europa potenziale ‘contrappeso’ appartiene al passato. E’ anzi vero il contrario: noi abbiamo bisogno di un’Europa più forte e più unita, se vogliamo che i rapporti transatlantici funzionino”. Se è vero che il rapporto con gli Stati Uniti è cruciale sia per l’Italia che per l’Europa, esso non basta però per sviluppare una solida relationship transatlantica per il nuovo secolo. La solidità del rapporto transatlantico dipende infatti da una questione concreta, la dimensione con la quale Europa e Stati Uniti operano per trovare soluzioni in modo coeso alle nuove sfide-chiave”. Come il Medio Oriente, i rapporti con la Russia, l’Afghanistan.

D’Alema ha sottolineato che negli ultimi cinquant’anni i successi della politica estera italiana sono sempre stati basati sul tentativo di combinare un forte impegno pro-europea con una forte fede pro-atlantica, riconoscendo che “noi siamo in difficoltà quando siamo costretti a scegliere tra Europa e Stati Uniti”. Quanto all’Europa, ha osservato che “una più bilanciata e condivisa visione del rapporto con gli Stati Uniti sta gradualmente diventando realtà”. “Angela Merkel ha sempre visto in un’Europa politica più forte un miglior alleato per gli Usa: c’è su questo punto una tradizionale affinità tra Germania e Italia. (…) Con l’elezione di Nicolas Sarkozy, anche la Francia sta adottando una posizione simile, che potrebbe essere etichettata come ‘euro-atlantica’. Questo non significa un consensus forzato su tutti i fronti: come l’attuale governo italiano, sia la Merkel che Sarkozy continuano a credere che l’intervento in Iraq fu un errore. Le loro visioni, e la mia visione, è che un’Europa più forte è più utile agli Stati uniti anche se talvolta non è d’accordo con le scelte politiche americane. I disaccordi sono normali, vorrei addirittura dire che sono salutari, quando l’insieme del rapporto è positivo”, ha affermato ancora D’Alema il quale ha aggiunto di “sperare” che anche il Regno Unito “si renda conto gradualmente che un’Unione più forte è utile alle relazioni transatlantiche”.

Per svolgere un ruolo internazionale attivo anche nelle relazioni transatlantiche, l’Europa ha però bisogno di uscire dalla sua “crisi istituzionale”, “abbiamo bisogno di un accordo che consenta di salvaguardare le riforme istituzionali previste dalla prima parte del Trattato Costituzionale, che sono essenziali perché l’Unione a 27 possa decidere ed agire”; riforme che sono necessarie “quale che sia la forma che il Trattato prenderà”. Oltre ad una visione euro-atlantica aggiornata, è necessario però un altro “ingrediente”: Europa e Stati Uniti debbono accordarsi, ha affermato D’Alema, “su una nuova agenda comune, non più costruita come per il passato attorno alla difesa dell’Europa”. “Politicamente – ha spiegato – dobbiamo affrontare due sfide urgenti: come impedire che il Medio oriente affondi in tre parallele guerre civili (Iraq, Palestina e Libano); e come impedire che esploda una nuova sorta di Guerra fredda con la Russia. Dal punto di vista economico, abbiamo bisogno di una nuova convergenza sui cambiamenti climatici e sulla sicurezza energetica, di una più profonda integrazione capace di contrastare il rischio del protezionismo”.

Sul Medio Oiente, D'Alema ha osservato tra l'altro che “abbiamo perso tempo in uno sterile dibattito” sul fatto se l’Iraq dovesse essere considerato una più grande priorità rispetto alla questione israelo-palestinese”; ma, ha aggiunto, “è chiaro che i vari fronti sono tutti importanti“ e che nel lungo periodo “o noi vinceremo su tutti i fronti o noi perderemo su tutti: la mia opinione – ha affermato – è che un accordo di pace sul fronte palestinese rimane decisivo. Io penso che abbiamo ancora una finestra di opportunità per rovesciare il trend, se l’Europa e gli Stati Uniti dimostrano di essere capaci di coglierla”. A questo fine D’Alema ha citato la più aperta posizione assunta dai paesi arabi, aggiungendo che è anche interesse di Israele sostenere i moderati presenti nel campo arabo. In Medio Oriente secondo D’Alema bisogna “costruire un nuovo ordine” basato sui principi della sicurezza e della legittimità: “Questo significa pace e giustizia in Palestina (con uno stato palestinese), sicurezza per Israele, e legittimità per quel che riguarda il ruolo dell’Iran nella regione: un ruolo che, se deve essere riconosciuto dagli altri player regionali, deve essere basato sul pieno rispetto della sovranità dei suoi vicini (Iraq e Libano) e nel pieno rispetto delle regole internazionali sul nucleare. In più, un serio sforzo deve essere fatto per includere in questo quadro la Siria, naturalmente soltanto a condizione che riconosca la sovranità del Libano”.

Sulla Russia, il titolare della Farnesina ha sottolineato due punti. Primo, che nessuno può permettersi di tornare a una nuova guerra fredda, né l’Europa né la Russia. E poi che questo paese è un partner cruciale non solo per la sicurezza energetica ma anche per tentare di disinnescare una serie di crisi molto delicate, dal Kosovo all’Iran a quelle del Caucaso. Allo stesso modo la Russia ha bisogno dell’Europa e degli Stati Uniti: “Tutte le parti hanno un interesse comune ad essere prudenti e ad accentuale la cooperazione. Questo significa per esempio – ha sottolineato d’Alema – maneggiare con grande sensibilità il problema della difesa missilistica. Noi ovviamente non possiamo permettere alla Russia di esercitare una qualche sorta di veto sulle nostre decisioni relative alla sicurezza in Europa, ma dobbiamo capire la sensibilità della Russia, ed usare i fori di dialogo che già esistono, come il Nato-Russia Council”.

Sul “delicato problema dell’Afghanistan” il ministro degli Esteri ha ricordato che nonostante il “complesso dibattito interno”, l’Italia ha recentemente deciso di rafforzare la capacità operativa del contingente italiano. “Io credo – ha poi aggiunto – che non sia corretto puntare il dito sui caveat nazionali, tra le altre ragioni perché tutti i paesi della Nato, senza eccezione hanno dei propri caveat. Né dimenticare che l’Isaf e Enduring Freedom sono state avviate come missioni separate, e ad oggi rimangono distinte. C’è una buona ragione perché le consultazioni alleate su cosa bisogna fare in Afghanistan sono difficili e lunghe: è perché c’è un grande divario tra i nostri obiettivi e i risultati da raggiungere sul terreno”; ma soprattutto “c’è un insufficiente grado di sostegno da parte della popolazione afgana” e “non ci sarà un successo duraturo senza sostegno popolare”. Il punto debole, ha aggiunto D’Alema, è “la nostra strategia politica. Più la missione in Afghanistan è concepita essenzialmente come una Nato-first mission, più sarà difficile vincere la pace”.

Il Velino

28/05/07
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