Così scoprimmo il Topolino italiano

Topolino con la bandiera italiana
Topolino con la bandiera italiana

Nel ‘68 la rivelazione a Canzonissima: disegnato da noi
il 60% delle storie del personaggio Disney

La scoperta avvenne un sabato sera del ‘68. Quando milioni di italiani incollati davanti alla tv per seguire «Canzonissima» condotta da Mina e Walter Chiari si trovarono di fronte un signore che aveva reso felici diverse generazioni di ragazzini. Il tipo in questione si chiamava Mario Gentilini, storico direttore di Topolino, che, di fronte a una platea sterminata di telespettatori, svelò un segreto orfico a conoscenza di un gruppo ristrettissimo di adepti del fumetto: Topolino è italiano! O meglio, Topolino è molto più italiano che americano. Il 60 per cento delle tavole dei personaggi Disney, già nel 1968, era prodotto nel Belpaese. Negli anni successivi si arriva al 75 per cento. Nel 2009 le pagine tricolori, tra novità e ristampe, arrivano a 41 mila. Ma torniamo, per un momento, a quel sabato sera. Alle spalle di Gentilini si alternavano due giovani disegnatori che nel giro di 30 secondi tratteggiarono un Topolino e un Paperino che si stringevano la mano. Erano Romano Scarpa e Giovan Battista Carpi, due giganti del fumetto italiano.

È la grande epopea dei Disney italiani. Una storia sommersa, nascosta, di tanti grandi autori e disegnatori il cui nome è rimasto celato per anni come l’ostia nel tabernacolo, perché Walt Disney amava essere ritenuto l’unico padre delle sue creature. Generazioni sott’acqua. Da Carpi a Scarpa, da Luciano Bottaro a Pier Lorenzo De Vita, da Giuseppe Perego a Giulio Chierchini, da Luciano Capitano a Sergio Asteriti. Per arrivare ai giorni nostri con Giorgio Cavazzano e Massimo De Vita. Fu solo dopo la morte di Disney (nel 1966) che cominciò lentamente a circolare l’identità dei talenti nascosti. Per un motivo molto banale: tra i milioni di lettori adolescenti del pianeta, serpeggiava la paura che con la scomparsa del fondatore sparissero anche topi e paperi. Meglio rassicurarli. Non c’era solo Walt a creare storie paperomorfe. Il movimento era globale e l’Italia faceva la parte del leone.

Un’avventura cominciata 82 anni fa, nel 1932, quando il sorcio disneyano sbarcò dagli Stati Uniti per essere pubblicato dall’editore fiorentino Nerbini e passare poi nel 1935 a Mondadori, nel 1988 alla Walt Disney Italia e nel settembre del 2013 alla Panini. Solo per capire la portata della mano italiana nella storia di topi e paperi è sufficiente ricordare che nel 1949 debutta la prima delle famose parodie disneyane, «L’inferno di Topolino», trasposizione in chiave umoristica della Divina Commedia, con Topolino nei panni di Dante e Pippo in quelli di Virgilio. È il capolavoro di Guido Martina e Angelo Bioletto. Accanto alle solite nuvolette che accompagnano le storie Disney, Martina ha tratteggiato una sua personalissima Divina Commedia fatta di terzine incatenate. Un’operazione a metà tra Derrida e la goliardia universitaria. C’è un testo principale con le nuvolette e un controcanto di rime serpeggianti per tutta l’avventura che smontano, deridono, invertono il senso della storia a fumetti. Topolino-Dante e Pippo-Virgilio vagano per un Inferno a cavallo tra Gustave Doré e un film di Luis Buñuel. Lo sberleffo letterario diventa operazione grafica e testuale. Schiaffi, frizzi e lazzi. Che si dipanano nella lunga serie delle parodie disneyane, tutte di matrice italiana: da «Paperodissea» a «Paperiade», da «Paperino e il Canto di Natale» a «Dracula di Bram Topker», dai «Promessi Paperi» alle «Avventure di Top Sawyer».

Sarà una palestra formidabile anche per il Topolino libretto perché traccia la cosiddetta strada italiana al mondo Disney: decontestualizzare i personaggi lasciando inalterati i loro caratteri. Paperino sarà sempre Paperino con la sua iracondia, la dose equina di jella, la gelosia verso Gastone. Ma intanto porterà il suo temperamento fuori da Paperopoli, in universi diversi, e soprattutto il suo carattere stravolgerà quello del nuovo personaggio storico, letterario o di cronaca che dovrà incarnare. È il sigillo tricolore di Topolino e soci.

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