Con il crollo del congiuntivo

Il congiuntivo crollato assieme a noi

di Alfio Caruso

In fondo avremmo potuto intuire che il crollo del congiuntivo nella lingua parlata anticipava il crollo delle piccole regole del nostro vivere quotidiano così come il crollo del muro di Berlino anticipò il crollo del comunismo.

Il congiuntivo, infatti, rappresenta un rispetto puntiglioso della sintassi mal digerito da generazioni di studenti attratti dalla comodità dell’indicativo e convinti di non commettere una grave infrazione nell’usare il secondo al posto del primo…

Per acquistare la fluidità necessaria a onorare il congiuntivo da mattina a sera servivano la pazienza, la tenacia di schiere d’insegnanti e il rigore dei genitori. Finché la famiglia e la scuola hanno retto, finché ci sono stati padri e madri persuasi che l’insufficienza o la bocciatura del figlio non fosse addebitabile al malanimo dei professori e finché questi hanno creduto di esercitare una missione, non di svolgere un lavoro salariato, il congiuntivo è rimasto sulla breccia a ricordarci l’importanza della forma, la prevalenza del dovere sulla comodità…

Il congiuntivo valeva la soddisfazione di un lavoro ben fatto, ma non procurava attestati di benemerenza, men che meno buoni acquisti, biglietti gratuiti, riduzioni di tassa, tariffe scontate. D’altronde il disattenderlo non procurava gravi sanzioni: al massimo un po’ di esecrazione mista a ironia. Ma chi sa più che cosa sia l’esecrazione scevra da pene, da multe, da afflizioni?…

(Da La Stampa, 23/5/2007).

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