Per quanto si sforzi l’italiano non riesce a essere bipartisan
di Cristiano Carocci
Dal 1° al 19 novembre è stata usata dai principali quotidiani italiani più di 1500 volte. Nei giornali radio e nei telegiornali il suo utilizzo è ancora più massiccio e sorprendente. La parola in questione, che ha letteralmente conquistato i media e il linguaggio politico italiani, è “bipartisan”. Un vocabolo che rivela la sua origine inglese non solo per la forma, recepita identica nella lingua italiana, ma anche per il significato che rimanda immediatamente al sistema bipolare di tradizione anglosassone. Sembra paradossale, ma è così: proprio una delle lingue più ricche e sofisticate, come la nostra, sente la necessità di adottare parole ed espressioni appartenenti ad un altro idioma, nonché a diverso ambito storico culturale. Quello che meraviglia ancor di più che con il termine in questione si registra uno squilibrio, una non perfetta aderenza tra il significato originario e la realtà politico-istituzionale italiana, che acutamente Maurizio Lupi definisce “flusso giuridico”.
Il termine “bipartisan” si affaccia nel linguaggio politico italiano nel 1994 ed è diventato un modo per internazionalizzare i discorsi, ma anche un invito alla condivisione di iniziative e progetti, malgrado lo squilibrio originario rappresentato dal presupposto, sbagliato, di avere un sistema politico uguale a quello britannico… Sicuramente della stessa partita, anche se in modo non così massiccio, fanno parte altri termini inglesi come question time o cross examination o, più recentemente, class action.
Non c’è dubbio che il fenomeno è strettamente italiano, in quanto inglesi, tedeschi o spagnoli non se la sentirebbero mai di confessare l’insufficienza della loro madre lingua cedendo ad una invasione così prepotente di un vocabolo straniero. Ai francesi, poi, considerato il loro sciovinismo culturale e i loro ripetuti rifiuti di idiomi stranieri, non passerebbe mai per la testa un tale uso e abuso. Anche se c’è da sottolineare che in Italia ciò si verifica solo tra gli addetti ai lavori. Avete mai sentito, infatti, il vostro portiere o medico o direttore di banca pronunciare la parola bipartisan?
Ciononostante il bombardamento, scritto e orale, continua imperterrito, non mancando di causare almeno nel linguaggio parlato una grande confusione. Tutti sono innamorati della parolina magica, tutti la vogliono usare, ma quasi nessuno la pronuncia in modo corretto. Deve essere un ulteriore effetto del provincialismo italico. Dire bipartisan fa erudito, anche se nove volte su dieci la pronuncia è sbagliata. Ministri, senatori, deputati e giù discorrendo commentatori politici e conduttori televisivi. Tutti, con pochissime eccezioni, pronunciano bipartisan in modo da far assumere alla parola un significato assolutamente opposto a quello che si vorrebbe esprimere. Se, infatti, si pronuncia “bipartisan”, piuttosto che, correttamente, “baipartisan” si usa un’espressione che non solo non riassume “condivisione e larghezza del consenso”, ma addirittura significa l’esatto contrario: “be partisan” e cioè “prendi una posizione, sii di parte!”.
(Da Libero, 23/11/2008).
[addsig]