Articolo Business Week 1

13 Agosto 2001.


Campo internazionale – cronaca europea della prima pagina.

La frattura della grandiosa lingua inglese


In Europa, parlare la lingua franca separa i ricchi dai poveri.


Antonio Sanz potrebbe anche aver vinto la lotteria. Nel 1965, quando il piccolo, riccio spagnolo aveva 10 anni, una professoressa americana chiese ai suoi genitori se l’avesse potuto portare negli Stati Uniti e se avesse potuto iscriverlo alla scuola pubblica. Acconsentirono. L’America sembrava offrire un futuro più promettente di quello dei casefici sulle colline a nord di Madrid dove lavorava il padre. Senz partì, ma ritornò in Spagna ogni estate con le storie di Philadelphia e scatole di gadget del nouvo mondo: super ball, figurine di baseball, dischi di Bob Dylan.

Il suo vero premio, però, fu l’inglese. Sanz imparò presto, e per l’ultimo anno di scuola ebbe la meglio su molti dei suoi compagni inglesi ottenendo la lode nella sezione orale del Test Scolastico Attitudinale. In quei giorni, tornato nella città natale di Colmenar Viejo, l’inglese sembrava così esotico che i bambini lo fermavano spesso per strada e gli chiedevano di pronunciare qualche frase. Per quando si laureò all’Hamilton College di Clinton, N.Y. e tornò in Spagna, c’erano delle compagnie americane eccitate quasi quanto lui. Approdò alla Procter & Gamble Co.

Sanz ora ha 46 anni ed è padre di tre figli, si serve del suo inglese di Philadelphia in qualità di dirigente alla Vodafone PLC a Madrid. Ma è successo qualcosa di buffo alla sua seconda lingua. Oggigiorno, l’inglese non è più speciale, o insolito o persino straniero. A Parigi, Düsseldorf, Madrid, ed addirittura per le strade di Colmenar Viejo, l’inglese ha impiantato le radici. “Cos’altro potremmo parlare tutti?” Chiede Sanz.

STRUMENTO BASILARE. Senza sorpresa. L’inglese è saldamente radicato quasi ovunque come la lingua internazionale degli affari, della finanza e della tecnologia. Ma in Europa, si sta diffondendo rapidamente oltre le elites. Certamente, l’inglese sta diventando l’agente unificante di un continente, collegando i finlandesi ai francesi e ai portoghesi mentre si muovono verso l’unione politica ed economica. “Una lingua comune è cruciale”, dice Tito Boeri, un professore di economia all’Università Bocconi di Milano, “per sfruttare il mercato integrato del lavoro dell’Europa.”

L’inglese, in breve, è la lingua dell’Europa. E mentre alcuni adulti sono lenti nel capirlo, è chiaro come il sole per i bambini europei. “Se voglio parlare con una persona francese, devo parlare in inglese,” dice Ivo Rowekamp di 11 anni di Heidelberg, Germania.

Le implicazioni per gli affari sono enormi. Non sono più soltanto gli alti dirigenti ad avere bisogno di parlare inglese. Ognuno nella catena alimentare delle aziende sta sentendo la pressione per imparare una lingua comune mentre le compagnie si globalizzano e si democratizzano. In questi giorni in aziende precedentemente nazionali come la Renault e la BMW, i manager, gli ingegneri, e persino i lavoratori dal colletto blu che sono alla guida chiamano e mandano costantemente e-mail ai colleghi in Europa, negli Stati Uniti, in Giappone. Abitualmente la lingua è l’inglese, uno strumento di lavoro fondamentale quanto un cacciavite.

Ma c’è un nonnulla che rovina tutto. Mentre l’inglese sta velocemente diventando un prerequisito per ottenere un buon posto di lavoro in Europa, soltanto il 41% delle persone del continente lo parlano – e solo il 29% lo parla abbastanza bene per portare avanti una conversazione, secondo quanto risulta da un rapporto della Commissione Europea. Il risultato è che la carenza nella conoscenza della lingua inglese è quel che separa i ricchi dai poveri in Europa. Nel 19° e nel 20° secolo, gli europei hanno assunto nel personale degli ignoranti insegnando loro a leggere e a scrivere la lingua nazionale. In questi giorni, la sfida equivalente è padroneggiare la lingua internazionale dell’Europa. Quelli che falliscono – paesi, compagnie, e in modo simile gli individui – rischiano di rimanere decisamente indietro.

Qual è il valore dell’inglese? Nei posti di lavoro, dagli uffici ai reparti produzione, i reclutatori dicono che i lavoratori che parlano inglese spesso percepiscono stipendi superiori del 25-35% rispetto a coloro che non lo parlano. Ancora più importante, possono aspirare ad una grande quantità di lavori di livello superiore che sono preclusi ai monolingue. “L’inglese è un imperativo,” dice Didier Vuchot, presidente in Europa dei reclutatori Korn/Ferry International.

Una generazione fa, la situazione non era questa. La maggior parte delle aziende europee svolgeva il grosso del lavoro a casa. Per avere rapporti con le banche a Londra e con le officine meccaniche a Chicago conservavano una piccola schiera di “esperti internazionali” che parlavano inglese. Anglofoni ambiziosi come Antonio Senz spesso sono approdati alle multinazionali americane. “Stavo con un gruppo di aristocratici alla Procter,” ricorda Sanz. “In Spagna, erano quelli che parlavano inglese.”

Era così quando l’Europa vantava solo una manciata di multinazionali. Ora ce ne sono a centinaia. Quando i governi europei liberalizzarono le loro economie durante gli anni ’80-’90, sono apparse sulla scena una grande quantità di nuove aziende private. Non appena fecero pressione per l’espansione, giganti quali la Deutsche Telekom e la France Alcatel si sono diffuse lungo i confini in una frenesia di fusione ed acquisizione. I fornitori li seguirono nei mercati stranieri. Nella maggior parte delle aziende, i manager che non sapevano l’inglese spesso si trovavano confinati a sonnolente operazioni interne. I loro colleghi che conversavano in inglese, per contrasto, trasvolavano il globo ed avanzavano.

Il bisogno di una lingua franca è più impellente per i giocatori della tecnologia globale. “Abbiamo bisogno di una lingua comune,” dice Serge Tchuruk amministratore delegato della Alcatel. “Non ci sono molte scelte.” Così nei primi anni ’90, l’Alcatel e la Nokia della Finlandia hanno accettato l’inglese come lingua interna all’azienda. In Europa, dove i tedeschi e i francesi hanno combattuto a lungo per la supremazia, l’inglese ha pure un significato politico. E’ quel che è più vicino al territorio linguistico neutrale. Quando la Francia di Rhone Poulenc e la Germania di Hoechst unirono le loro forze per fondare Aventis due anni fa, organizzarono quartieri generali nella città limitrofa di Strasburgo. Ed adattando l’inglese come lingua dell’azienda neutralizzarono ulteriormente le tensioni culturali.

Le altre lingue europee sono dure a morire, di certo, e i manager inglesi ed americani che lavorano in Europa farebbero bene ad acquisire capacità bilingue. Ma nuove forze, includendo Internet, stanno spingendo l’Europa verso una lingua comune. Prendete KPNQwest, la compagnia telefonica pan-europea con base nei Paesi Bassi. Lì, tutte le e-mail devono essere scritte in inglese, persino le comunicazioni fra gli ingegneri tedeschi. Perché? L’amministratore delegato John A. McMaster vede le e-mail come dei fili della comunicazione che spesso si diffondono attraverso il sistema aziendale. “ Se cambi la lingua dallo spagnolo al tedesco, all’italiano lasci fuori tante persone,” dice.

Mentre le compagnie quali la KPNQwest scavalcano un confine dopo un altro, le compagnie al di là del continente stanno raddoppiando le scuole di lingue. Alla RWE, erogatrice del servizio idrico e del gas in Germania, non meno del 30% degli impiegati è occupato nello studio dell’inglese – una necessità per l’avanzamento in una compagnia che opera in più di 100 paesi. Alla Ravensburger, un produttore tedesco di giochi, i funzionari delle risorse umane erano soliti far sostenere i colloqui in tedesco. “Ora, hanno bisogno dell’inglese per esaminare i candidati in Pol onia o in Inghilterra”, dice Martin Hurtha, capo del personale. “Gli europei che non conoscono l’inglese,” dice Lorenzo Targetti, amministratore delegato della Targetti Sankey, una compagnia italiana di sistemi di illuminazione, “stanno correndo una maratona in pantofole.”

Sempre più, persino i bassi ranghi devono sapere l’inglese – o rischiano di lasciarsi sfuggire vitali opportunità di lavoro. Per esempio, un anno e mezzo fa la compagnia olandese di cavi elettrici Pan European Communications stava costruendo uno studio televisivo da 20 milioni di dollari ad Amsterdam. Questo lavoro richiedeva una grande quantità di elettricisti, molti di più di quelli che la UPC potesse trovare nei Paesi Bassi. A sole due ore di treno a sud di Amsterdam, comunque, nelle aree limitrofe del Belgio francofono e della Francia del Nord, erano disponibili elettricisti in abbondanza. Ma i manager olandesi e americani della UPC volevano che ciascuno nel progetto parlasse e capisse la stessa lingua. Così la UPC fece arrivare in aereo un plotone di elettricisti dall’Inghilterra, li fece soggiornare in hotel durante la settimana e li fece tornare a casa ogni weekend.

Per tutti i settori e tutte le cariche, coloro che non parlano inglese affrontano una ricerca più dura per posti di lavoro più scarsi e modesti. Molti dei principali datori di lavoro in Europa, includendo la Vivendi Universal e la CAP Gemini, raramente persino considerano candidati che non sappiano l’inglese. “Le segretarie che hanno la lacuna dell’inglese possono aspettarsi di guadagnare il 30% in meno – se sono abbastanza fortunate da trovare un lavoro,”dice l’agenzia di lavoro interinale Manpower Inc. E per i cacciatori di teste come Sarah Mulhern della Spencer Stuart di Parigi, l’inglese non è più un’opzione. “E’ un requisito.” Ricorda quando lavorava con un mago della tecnica che non sapeva l’inglese. Gli ha procurato un lavoro alla Excite – ma solo dopo aver completato un corso intensivo di lingua.

In realtà, gli operai in molte fabbriche di manufatti possono ancora cavarsela con la loro lingua madre. Ma i lavoratori che vogliono fare degli avanzamenti si scoprono come se stessero a scuola – ad imparare l’inglese. Alla DaimlerChrysler, i lavoratori che tentano di ottenere una promozione al gruppo leader della componente operaia prendono lezioni d’inglese dopo l’orario di lavoro. Persino il sindacato rappresentativo si tuffa in lezioni d’inglese agli stabilimenti Underturkheim della compagnia. Un funzionario sindacale dello stabilimento dice : ”Ne abbiamo bisogno per parlare ai funzionari sindacali in America.”

La frattura dell'inglese dell'Europa si rispecchia strettamente nella sua economia. Le parti benestanti – Svezia, Paesi Bassi, Germania dell'ovest, e città cosmopolite come Parigi e Milano – sono anche ricche nell'inglese, e stanno diventando più ricche. Le regioni povere d’inglese, dal Mediterraneo all’Europa dell’est, perdono terreno sugli investimenti e lavori stranieri. Solo il 5/10% del personale delle banche italiane parla un buon inglese, come stima Michele Appendino, cofondatore della European venture fund Net Partners. Se quelle banche si fondono con quelle tedesche o francesi, come ci si aspetta, la lingua comune sarà probabilmente l’inglese. Coloro che non lo parlano rischiano di diventare degli stranieri nella loro stessa banca – se sono abbastanza fortunati da conservare il loro posto di lavoro.

Per il rovescio della medaglia, guardate non più lontano dell’Irlanda. Dalla metà degli anni ’90 ha goduto di un incremento occupazionale del 5% in media all’anno, con molte delle nuove occupazioni derivanti dagli investimenti degli Stati Uniti. Il più grande vantaggio dell’Irlanda? “La sua forza lavoro giovane, che parla inglese, è la principale ragione per cui la Citigroup ha messo le sue radici qui,” dice Aidan Brady, amministratore delegato della Citigroup di Dublino.

“PERDENTI.” La pressione ad essere anglofoni ha portato la fortuna per le scuole d’inglese. Il Wall Street Institute di Barcellona, per esempio, ha aperto 35 nuovi centri di lingue in tutta Europa nello scorso anno e mezzo, raggiungendo un totale di circa 300 scuole nel continente. Gli studenti pagano una media di $1400 per 120 ore di corso. “Hanno realizzato che sono dei perdenti se non imparano l’inglese,” dice Natanael Wright, Presidente del Wall Street Institute di Parigi. I governi europei stanno anche intervenendo. In Francia, Italia e Spagna, i leader politici stanno spingendo per avviare all’inglese i bambini delle loro nazioni in età più giovane. Quest’anno circa 300000 spagnoli stanno affollando le scuole statali di lingue.

Ma insegnare l’inglese all’intero continente non è un compito facile. Gli insegnanti sono insufficienti: il loro inglese spesso gli procura opportunità più redditizie che insegnare nelle scuole private. “Tutti i nostri insegnanti d’inglese stano venendo assimilati dalla DaimlerChrysler,” lamenta un amministratore di una scuola vicino ai quartieri generali della compagnia Stuttgart. Quando non hanno la possibilità d’imparare l’inglese a scuola, i diplomati della scuola secondaria affluiscono a gran numero dal sud Europa e dall’est all’Inghilterra e all’Irlanda per servire ai tavoli ed imparare l’inglese in economia.

COMMEDIA FRANCESE. E’ stata combattuta una battaglia persa contro l’avanzata dell’inglese. Quando il ministro della difesa francese Alain Richard ha approvato l’inglese come lingua comune di un battaglione dell’esercito congiunto franco-tedesco, Le Figaro l’ha soprannominato “il becchino” della lingua francese. A Bruxelles, la Commissione Europea si sta facendo in quattro per evitare l’impressione che stia favorendo l’inglese, mentre l’inglese si stabilisce da sé come la lingua de facto della EC. Il suo sforzo attuale, conosciuto come “Europe’s Year of Languages” (l’anno europeo delle lingue), mette l’inglese come una delle 11 lingue, non più importante del greco o del finlandese.

I leader europei, certamente, sanno come sia vitale l’inglese: proprio come gli amministratori delegati e gli ingegneri di software, ne hanno bisogno per parlare fra di loro. Politici come il Primo Ministro spagnolo Josè Maria Aznar ed il Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia Silvio Berlusconi, che hanno entrambi bisogno di interpreti, perdono le cene in cui si parla inglese e chiacchierate a quattr’occhi nelle Euro-riunioni. Una scuola italiana di lingue, l’International House, offre ai politici che vanno di fretta lezioni d’inglese a telefono.

La frattura dell’inglese è anche dovuta all’età. Secondo uno studio dell’Unione Europea, il 67% degli europei fra i 15 e i 24 anni sanno parlare inglese, comparati con solo il 18% di quelli sopra i 55. Quindi l’inarrestabile impulso dell’Europa verso l’inglese conferisce potere ai bambini nel continente, provocando confusione con le gerarchie nelle compagnie come nelle famiglie. Date uno sguardo alle famiglie di spagnoli e di italiani che visitano Parigi: i bambini che parlano inglese sembrano avere il controllo, ordinano da mangiare in inglese per i loro genitori e provvedono ai taxi per l’aereoporto di prima mattina.

Ma quel che è divertente nelle famiglie è mortalmente serio sul posto di lavoro. La trentanovenne Nadine Koulecheff, una diplomata di Parigi, ha visto negli ultimi ani ’90 che una macchina parlante poteva mettere fine alla sua carriera di receptionist. Ha passato tre mesi a fraquentare un corso d’inglese da 40 ore a settimana in associazione con l’Ufficio di Collocamento Nazionale della Francia. Alla fine, ha sostenuto con successo un colloquio in inglese per un posto da segretaria presso un laboratorio medico. “Il mio inglese mi ha fatto ottenere il posto,” dice. Ricorre all’inglese ogni giorno – in particolare per parlare con il suo capo italiano.

Questa è l’Europa che sta prendendo forma. Per le masse in costante crescita dei locutori d’inglese, la comunicazione basilare ora è uno scherzo. La Babele dell’antico interferisce duramente, e piuttosto aggiunge ricchezza e consistenza alla vita in Europa. Ma per quelli sull’altra sponda della Grandiosa Frattura, l’unificazione dell’Europa – le sue opportunità come pure i suoi tranelli – è ancora avvolta nel mistero. Le istruzioni d’uso per l’Europa, ora è chiaro, sono scritte in inglese.

Di Stephen Baker e Inka Resch a Parigi, con Kate Carlisle a Roma e Katharine A. Schmidt a Stuttgart.



CONTINUANDO


SILVIO BERLUSCONI

Presidente del Consiglio dei Ministri italiano

Ha preso a lungo lezioni d’inglese, ma gli assistenti lo scoraggiano dall’usarlo in pubblico, temendo una gaffe. Capisce più inglese di quanto ne parli.

JACQUES CHIRAC

Presidente francese

Ha imparato l’inglese facendo lavori occasionali negli Stati Uniti ed è stato fidanzato per poco tempo con una donna americana. Non è buono come il suo russo, ma Chirac si sente molto più a suo agio con l’inglese rispetto al suo Primo Ministro Lionel Jospin.

JOSE MARIA AZNAR

Primo Ministro spagnolo

Livello elementare, un imbarazzo per Aznar. I media spagnoli l’hanno ridicolizzato dopo un incontro con il Presidente Clinton in cui il Re spagnolo Juan Carlos ha fatto da interprete.

JORMA OLLILA
Presidente, Nokia
Eccellente. Ha imparato l’inglese a scuola in Inghilterra e dopo durante l’incarico come manager della Citibank a Londra. Ollila, come molti finlandesi, parla anche svedese, ma continua con l’inglese persino con gli svedesi.

JEAN-MARIE MESSIER
Amministratore delegato della Vivendi Universal
Come molti laureati delle “Grandes Ecoles” francesi, Messier parla un inglese fluente. Ed il suo accento francese dovrebbe prendere una svolta americana appena si stabilisce nel suo nuovo lussuoso appartamento di Manhattan.




Traduzione dall’inglese a cura di Francesca Cammarano.
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