Amici e nemici della Costituzione Europea
Sarà pure malformata, Amato ha ragione. Sarà che non ha radici, si indigna il Papa. Sarà che non ha anima, si lamenta Galli della Loggia. Ma un merito indiscutibile, questa dannata Costituzione europea, ce l'ha. Dovrà essere ratificata dai parlamenti nazionali e, in più di un caso, direttamente dagli elettori europei. Ciò distinguerà finalmente i paesi che l'Unione la vogliono sul serio, e sono disposti alle rinunce di sovranità necessarie perrealizzarla, dando piena legittimità democratica a questa scelta; da quelli che preferiscono un legame molto meno impegnativo: uno spazio comune di integrazione dei mercati, non un soggetto politico provvisto di una sua specifica potenza.Tra questi ultimi, il caso più problematico, è, come ha spiegato Scalfari su queste colonne, quello inglese. Il referendum deciso da Blair ci farà finalmente sapere quale Europa vogliono veramente gli inglesi: e se, per loro, la Manica resta più larga dell'Atlantico. Questa scelta sarà certamente ardua e carica di conseguenze e di rischi, perl'Inghilterra e per l'Europa. M a il rischio più grande è quello di paralizzare la costruzione europea aspettando indefinitamente che l'Inghilterra si decida. Sono convinto che il solo modo per persuadere un'Inghilterra con lo sguardo tenacemente retroverso è, peri paesi europei che guardano avanti, di procedere nella strada dell'unità. Gli inglesi sono gente pratica. Di fronte a un'Europa che va diritta per la sua strada, finiranno per capire che stare con i piedi in due staffe è una posizione scomoda e, alla lunga, perdente. Già una volta, posti di fronte alla scelta se aderire alla Comunità europea, che si stava facendo comunque senza di loro, o restarne fuori, scelsero di entrare, abbandonando al suo malinconico destino quell'area di libero scambio che avevano tentato di contrapporre al progetto comunitario Ai paesi che ratificheranno la Costituzione si porrà dunque la scelta di “andare avanti” verso una Unione politica federalista che si distinguerà da uno spazio economico e confederale più ampio. Nes sun proti lema?Il vero problema è di chiarire non come stareinsieme, ma, finalmente, per che cosa. Il vero problema, per l'Unione europea non è l'anima, ma la direzione di marcia e la sua risolutezza. Altiero Spinelli, a chi lamentava un'Europa senz'anima, rispondeva con la sua abituale bruschezza di temere molto più un'Europa “senza palle”. La verità è che dietro certe severe denunce di aridità culturale e morale del progetto europeo, non c'è un altro proetto ideale, ma il richiamo 'realistico” a un'Europa priva di soggettività politica e fortemente integrata in un Occidente a guida americana.Diciamo la verità. Anche a noi questa Europa, così com'è, non piace. Ma quando denunciamo le lacune, le contraddizioni, le miopie e le vere e proprie viltà di un percorso tanto accidentato, dobbiamo evitare le prediche generiche e prospettare concretamente le tappe di un percorso futuro e diverso, che porti a compimento il grande disegno dei padri fondatori. A me pare che al nuovo Parlamento e alla nuova Commissione sipongano due occasioni di grande portata, una economica, e una politica.La prima è di costruire, a partire dall'Unione Monetaria – un'istituzione che sta pericolamente in mezzo a un guado – una Unione economica e un governo europeo dell'economia che restituisca all'Europa la capacità di riprendere la via della crescita, sbarrata oggi da una politica economica tutta centrata sui vincoli.La seconda è di assumere un ruolo attivo sui problemi più critici del disordine mondiale.L'avventura irachena, qualunque ne sia l'esito nel futuro prossimo ha rivelato, non la forza, ma la debolezza della posizione americana nel mondo.Ha messo a nudo la crisi di quell'ordine mondiale che era stato fondato dopo la guerra dagli Stati Uniti e che si basava largamente sul consenso e sulla solidarietà dei paesi alleati. Quell'ordine mondiale, sono gli stessi StatiUniti ad averlo incrinato, a cominciare da Nixon, con il famoso sganciamento del dollaro dall'oro. Lo sganciamento dall'Onu deciso dal secondo Bush e solo parziamente rientrato dopo lo scacco iracheno ha dimostrato l'avventurismo irresponsabile dell'attuale amministrazione americana. Ma anche l'impossibilità di fondare un nuovo ordine mondiale sull'Onu così com'è oggi: un'assemblea di quasi duecento Stati e un Consiglio di sicurezza non più rappresentativo dei nuovi rapporti di forza tra le grandi potenze mondiali. Si pone ormai concretamente il problema di un Governo mondiale che si fondi su un patto d'intesa tra le cinque o sei “superpotenze” demografiche, economiche, politiche del mondo. Tra queste c'è posto non peri singolipaesi europei, ma per una Europa-Potenza distinta anche se alleata con gli Stati Uniti d'America e capace di assolvere a una funzione preziosa di mediazione mondiale e di realizzare un suo specifico modello di sviluppo economico e sociale.Questa funzione potrebbe cominciare a svolgerla fin d'ora. Sia nella crisi irachena che nel conflitto israeliano-palestinese essa ha svolto un ruolo irrilevante. Potrebbe, dopo le elezioni, cercare al suo interno un'intesa, in una Conferenza Paneuropea che affronti problemi critici del nuovo ordine mondiale: l'assetto del Medio Oriente, la fluttuazione dei cambi, il conflitto araboisraeliano, la stabilizzazione del prezzo del petrolio, per giungere a una Proposta europea. L'Europa può nascere da scelte concrete, rispetto alle quali si misuri la statura dei suoi leader: non da prediche, per quanto ispirate. Le deprecazioni e i moral effluvia servono a poco.
La Repubblica p, 16
23/06/2004
di Giorgio Ruffolo