Afghanistan Gentiloni: “Da questa débâcle può scaturire l’ora dell’Europa”

Gentiloni “Da questa débâcle può scaturire l’ora dell’Europa”

Dopo il “disastro” Afghanistan, Paolo Gentiloni è convinto che sia arrivata “l’ora dell’Europa” e di un grande rilancio comune, a partire dalla difesa. E il Commissario Ue agli Affari economici chiede di impostare delle politiche migratorie “con corridoi umanitari e quote” che scongiurino flussi incontrollati e il ritorno dei populismi. Accordi con i Paesi limitrofi sul “modello Turchia” lo convincono invece poco, rivela in quest’intervista a tutto campo con Repubblica. Ma se l’ex premier italiano è ottimista sulle prospettive economiche, spiega anche perché ha bloccato “più volte” i soldi dei Recovery di Polonia e Ungheria.

Quanto è grande il fallimento dell’Occidente in Afghanistan? Non è un danno d’immagine terribile per le democrazie?
«Sì lo è. Cerco sempre di distinguere tra l’epilogo e il senso di questa missione che continuo a difendere: pensiamo alla sconfitta di Al Qaeda. Ma non si possono chiudere gli occhi di fronte al fatto che la più importante missione militare della storia della Nato si è conclusa in modo disastroso. Abbiamo di fronte ancora giornate molto delicate e difficili. La situazione a Kabul attorno all’aeroporto non si è ancora normalizzata. Allungando lo sguardo: è chiaro che questa sconfitta avrà un impatto geopolitico notevole. L’immagine nelle relazioni di potenza è fondamentale. Perciò è abbastanza sorprendente che con l’enorme priorità che gli Usa hanno dato alla sfida del Pacifico, questo enorme problema si sia manifestato proprio in Asia. E se anche i cinesi non sono entusiasti di un emirato islamico ai propri confini, senza dubbio ne avranno un vantaggio economico – penso alle concessioni delle miniere che hanno in Afghanistan e finora non hanno toccato. E trarranno soprattutto vantaggi nelle relazioni di potenza».

Si può pensare a una coalizione dei volenterosi nella difesa europea, come propone qualcuno?
«È un terribile paradosso ma da questa debacle può scaturire l’ora dell’Europa. L’Ue non può permettersi un eccesso di debolezza geopolitica. E le condizioni sono favorite paradossalmente dalla Brexit. Il Paese più riluttante a un rafforzamento delle capacità autonoma di difesa europea è sempre stata la Francia. Ora è diventato il Paese più favorevole. E la Germania, in 15 anni è passata da grande riluttante a totale sostenitore. In futuro dovremo essere gli alleati autonomi degli Usa».

Cosa vuol dire nel concreto?
«La realtà attuale della difesa europea è quasi inutilizzabile.
Abbiamo forze di pronto intervento che sono soggette alla regola dell’unanimità nel Consiglio Ue. Abbiamo due battaglioni operativi da 1.500 uomini, non utilizzati. C’è un lavoro in corso per costituire una forza di rapido intervento ancora più consistente, da 5.000 uomini, chiesta da una lettera di 14 governi tra cui tutti i maggiori Paesi. Ma pronto intervento e unanimità fanno fatica a convivere. E allora si può cambiare il meccanismo decisionale per l’impiego di tutte le forze europee. Oppure si possono adottare forme di cooperazione rafforzata».

L’Ue è già spaccata sui profughi li accoglieranno i soliti noti?
«Alzare muri paradossalmente può avere un effetto ‘pull”, evocando grandi flussi migratori che certo ora non ci sono. In futuro potremmo usare anche la direttiva Ue di protezione temporanea dei profughi decisa ai tempi dell’intervento in Kossovo. Consente, con una decisione a maggioranza nel Consiglio Ue, di dargli una protezione temporanea di sei mesi. Il rischio di un secondo flusso di profughi c’è».

Stiamo parlando di che cifre: migliaia, milioni?
«Non è ragionevole fare stime. Ma i fenomeni migratori sono inevitabili. Si tratta di scegliere se gestirli in modo legale e organizzato oppure lasciarli alla clandestinità. La Commissione ha già attivato in questi giorni una consultazione sulla disponibilità di quote di accoglienza da parte degli Stati membri e credo che si possa arrivare a cifre significative».

Tipo?
«Prendiamo il Canada: ha dichiarato di voler accogliere una quota aggiuntiva di 20mila rifugiati afghani. Penso che l’Ue possa fare di più. Stiamo parlando di decine di migliaia, non di milioni. Il meccanismo inevitabile è quello delle quote e dei corridoi umanitari».

Riconoscendo anche soldi ai Paesi che lo fanno?
«La Commissione può sostenere questi Paesi così come sosterrà anche lo sforzo di Paesi vicini all’Afghanistan che saranno la prima tappa di un eventuale esodo. Così si trasforma quello che può essere un fattore di divisione dell’Ue in un fattore di forza. I migranti regolari sono necessari alle nostre economie. La clandestinità e l’irregolarità alimentano il populismo, il nazionalismo e il sovranismo».

Lei ha accennato ai Paesi limitrofi. L’Iran ha allestito campi profughi ma li rimanderà indietro, idem l’Uzbekistan. Il Pakistan erige dal 2017 un muro lungo il confine sudorientale. Come accordarsi con loro?
«Serve un ventaglio di opzioni. Ma pensare che aiuti a Paesi vicini possano essere risolutivi in modo simile a quanto fatto dalla Germania con la Turchia o dall’Italia con la Libia, è illusorio».

Quindi lei è scettico su un accordo “Turchia bis” con quei Paesi?
«Sono scettico sul fatto che abbia lo stesso impatto risolutivo. Si possono aiutare economicamente, sono certo che la Commissione lo farà. Ma dire che si possa gestire il problema nello stesso modo in cui è stato gestito l’esodo dalla Siria penso sia una pericolosa illusione».

Ed è ragionevole un nuovo accordo con la Turchia dopo i ricatti di Erdogan?
«Sicuramente il governo tedesco da settimane si era mosso per sondare eventuali disponibilità. Ma non possiamo ripetere schemi che a mio avviso hanno funzionato ma che hanno mille controindicazioni».

Parliamo di economia. Non c’è il rischio che la quarta ondata da Covid faccia da freno alla ripresa?
«La ripresa in corso è migliore del previsto. L’economia sembra aver trovato un modo di coabitare con questa pandemia ‘a bassa intensità’. Ed è molto importante che i soldi dei Recovery arrivino adesso, a ripresa avviata. Non verranno usati per la risposta di emergenza ma per investimenti e riforme e qualità della nostra economia futura. L’Italia nel ’22 tornerà ai livelli pre Covid. Ma non puntiamo solo al rimbalzo. Con il Next Generation EU vogliamo scongiurare la giapponesizzazione della Ue».

A proposito di Ngeu: darete le tranche a Polonia e Ungheria che continuano a calpestare lo Stato di diritto e i diritti umani?
«Non useremo quest’arma in modo strumentale. Ci sono alcune raccomandazioni fatte sia alla Polonia che all’Ungheria: il rispetto di queste raccomandazioni è essenziale per poter autorizzare i fondi del Recovery. Al momento non ci siamo ancora. Abbiamo rinviato più volte. Stiamo discutendo».

Tonia Mastrobuoni | La Repubblica | 26.8.2021

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